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Il 5 novembre del 2024 è la data dell’inattesa rielezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti. Siamo quindi al primo anniversario della designazione, da parte del popolo americano, del 47° Capo della Casa Bianca della storia. Vincendo tale sfida il Tycoon ha guadagnato, come noto, il suo secondo mandato dopo aver vinto nel 2016 contro la candidata dell’establishment liberal, la Democratica Hillary Clinton. A differenza di dieci anni fa, in quest’ultima sfida elettorale Trump ha avuto partita facile con Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti dal 2021 al 2025, ampiamente screditata a causa dell’inconsistenza dimostrata durante la presidenza Biden.
Che nella Grande Mela vinca la Sinistra non è certo una sorpresa, ma ora la Destra potrebbe sfruttare il successo del candidato socialista a proprio vantaggio
di Marco Respinti
Alla vigilia del voto che il 4 novembre ha eletto il Democratico Zohran Mamdani sindaco della città di New York, il presidente Donald Trump ha chiesto ai suoi di votare Andrew Cuomo, che ha corso sì da indipendente, ma che è pur sempre un pezzo vivente dell’establishment Democratico, se non altro oggi sul piano culturale, invece che il Repubblicano Curtis Sliwa. Per battere la Sinistra di Zohran il presidente di destra ha cioè appoggiato l’altra Sinistra di Cuomo: questo perché la vittoria di un Repubblicano a New York è impensabile. La vittoria Democratica a New York è cioè una non-notizia.
La notizia vera è invece lo sdoganamento del «socialismo». Termine e concetto sono infatti una rarità nel linguaggio politico statunitense. Sono stati storicamente usati pochissimo, e semmai come capo di accusa, come stigma di estremismo. Mamdani ha dunque alzato coscientemente il tiro, conquistando un traguardo importante per il Partito Democratico, ma al contempo inguaiandolo. Ora infatti il partito dovrà decidere se conformarsi all’estremismo newyorkese di Mamdani o tornare al bene rifugio del centrismo che, sempre il 4 novembre, ne ha caratterizzato le vittorie in Virginia nel voto per il governatore, il vicegovernatore e il ministro della Giustizia.
Lo sfondamento del socialismo a New York è la storia del successo conquistato passo dopo passo dalle ali movimentiste e antiborghesi della Sinistra statunitense, un miscuglio (a volte contraddittorio, ma nel segreto delle urne funzionano anche le contraddizioni) di multiculturalismo, «cancel culture» e vittimismo woke capace di sfruttare la carta dell’irredentismo razziale (Mamdani è musulmano ma il suo “socialismo americano” ne fa una rivendicazione più etnica che religiosa) riconfezionato negli slogan classici della Sinistra sociale. A New York il cocktail ha funzionato, ma che lo faccia altrove negli States è tutto da dimostrare. Un classico dei resoconti di stampa del giorno dopo farebbe peraltro intendere che il voto di martedì abbia inaugurato la resa dei conti con Trump. Può darsi, ma i numeri non lo attestano.
Come spessissimo nelle tornate elettorali americane, il 4 novembre a New York non ci è verificato lo spostamento di masse decisive di voto da un partito all’altro. Entrambi i partiti poggiano su basi elettorali difficili da smuovere. La differenza la fanno invece i nuovi elettori, numeri cioè che non si spostano, ma che si aggiungono. Come ha notato il New York Post, «martedì hanno votato più newyorkesi che in tutto il 2021 e hanno espresso più voti in questa corsa ad alto rischio rispetto a qualsiasi altra competizione locale degli ultimi 30 anni». Del resto anche le altre vittorie Democratiche del 4 novembre (in New Jersey e nelle elezioni supplettive per la Camera in Texas) sono avvenute in roccaforti Democratiche che già erano Democratiche.
Per vincere in futuro, insomma, i Repubblicani hanno bisogno di fare breccia ancora una volta fra i nuovi elettori e nelle fasce del non-voto. Qualcuno si domanda se sia quindi iniziata la lunghissima campagna elettorale che si concluderà nel voto per il rinnovo del Congresso federale il 3 novembre 2026, un passaggio politico non facile per i Repubblicani, che verrà vissuto da tutti come una sorta di referendum sull’operato di Trump. Fra quanti quella campagna elettorale l’hanno già iniziata c’è proprio Trump, che ha tutta l’intenzione di virare la vittoria di Mamdani a proprio vantaggio. Trump cercherà infatti di schiacciare l’intero Partito Democratico sull’estremismo socialista del neo-eletto sindaco di New York, e se i Democratici cadranno nella sua trappola, i Repubblicani potrebbero farne ampio bottino
Pubblichiamo parte dell’intervento che lo storico Gampaolo Romanato terrà oggi nell’ambito del convegno internazionale “A un secolo dall’Esposizione Missionaria Vaticana, spartiacque di un mondo glocale (1925-2025)”, organizzato in concomitanza del centenario della mostra missionaria da cui ebbe origine l’odierno Museo etnologico Anima Mundi, parte dei Musei vaticani. Per il giubileo del 1925 papa Pio XI volle organizzare nella Santa Sede una grande iniziativa per illustrare la diffusione delle missioni cattoliche nel mondo e far conoscere le tradizioni culturali, artistiche e spirituali di tutti i popoli evangelizzati. Il convegno è promosso dalla Pontificia Università Urbaniana e dai Musei vaticani
Il 16 ottobre 1793 avvenne quello che fu forse il più disgustoso crimine della Rivoluzione francese: l’esecuzione della Regina di Francia Maria Antonietta, dopo un processo farsa davanti al Tribunale rivoluzionario. Di Maria Antonietta ha scritto Plinio Correa de Oliveira: «Ci sono certe anime che sono grandi solo quando le folate della sfortuna soffiano su di loro. Maria Antonietta, che fu futile come principessa e imperdonabilmente frivola nella sua vita di regina, di fronte al vortice di sangue e miseria che inondò la Francia, si trasformò in un modo sorprendente; e lo storico verifica, preso dal rispetto, che dalla regina nacque una martire e dalla bambola un’eroina».
La giornalista Kate Mulvey è l’ultima femminista a fare mea culpa: “Ho pagato un prezzo altissimo per la mia cosiddetta liberazione“. Intanto tra le giovani dilaga l’anti-femminismo.
Nel mese di ottobre del 1492, l’ammiraglio genovese al commando di tre navi spagnole mise piede in America per la prima volta. La recente “cancel culture” tanto diffusa nel mondo anglo-sassone (e non solo) ha tentato di screditare la sua epopea come un sopruso all’umanità. Le sue statue commemorative sono state abbattute e alcune sono finite in mari e fiumi. Eppure, la croce piantata da Colombo a Hispaniola ha fatto miracoli documentati.
“Sappiamo dove vivi, ti scuoieremo”. Scampato all’Isis, gli hanno tagliato la gola sotto casa per la sua fede cristiana. La storia incredibile che non indigna né illumina la nostra notte dello spirito
In questo volume il santo spesso presentato come uomo di estasi e di gioia, fa guerra all’eresia protestante con argute dimostrazioni degli errori dottrinali degli pseudo-riformatori, alla luce della Sacra Scrittura e delle opere dei teologi cattolici.
Il libro è la raccolta dei discorsi che Francesco scriveva su fogli volanti e stampava in gran numero per distribuirli a mano, affiggere sui muri o infilare sotto le porte delle case dei protestanti, molti dei quali tornano alla vera Chiesa.
Sono quei “volantini”, che costituiscono le “Controversie” che oggi diffondiamo perché noi, uomini del XXI secolo, ci troviamo ancora a dover contrastare l’avanzare delle idee rivoluzionarie iniziate a circolare con Lutero e che hanno portato agli errori del nostro tempo, e l’eresia protestante sembra essere penetrata anche nella Chiesa cattolica.
Di seguito la prefazione del prof. Massimo Viglione con una disamina storica sull’invasione giacobina dell’Italia e le conseguenti insorgenze antinapoleoniche [nota di Rassegna Stampa]
«Non è abbassando il senso del divino al livello umano ma cercando di alzarsi ai livelli soprannaturali che noi riusciremo ad attingere in qualche modo ai misteri divini».
Malcolm Ranjith, segretario della Congregazione del culto divino