di Joseph D’Agostino
Nel prossimo mese di ottobre il Census Bureau americano annuncerà che la popolazione degli Stati Uniti avrà raggiunto i 300 milioni di unità. Gli Stati Uniti sono il terzo Paese più popoloso al mondo a molta distanza da Cina (1.3 miliardi) e India (1.1 miliardi).
L’evento dei 300 milioni sarà accompagnato da numerosi lamenti sulla presunta sovrappopolazione e superaffollamento dell’America. Eppure gli Stati Uniti, nella classifica della densità sono solo 143esimi su 193 Paesi ed è uno dei Paesi più ricchi al mondo quanto a risorse naturali. Malgrado la crescita caotica delle periferie e il rapido aumento di popolazione in alcune regioni metropolitane, gli Stati Uniti nel loro complesso sono ben lontani dall’essere sovrappopolati.
La densità mondiale complessiva è di 43 persone per kmq. Ciò include anche vaste aree di territorio praticamente deserte, come il deserto del Sahara, l’interno dell’Australia e la Groenlandia. Ebbene, la densità degli Stati Uniti è di 30 abitanti per kmq.
Uno dei principali argomenti riguardo la popolazione americana è quello ambientale: la crescita della popolazione sta rendendo il nostro ambiente insostenibile. Il che trascura alcuni dati: ad esempio molte nazioni con performance ambientali uguali o migliori rispetto a quelle americane – almeno agli occhi degli ambientalisti – hanno una densità di popolazione per kmq molto più alta: Austria 97, Francia 110, Danimarca 126, Svizzera 181, Italia 192, Germania 230, Gran Bretagna 243, Belgio 339, Olanda 395. Questi Paesi, con le loro potenti lobby verdi, hanno leggi ambientali molto più rigide di quelle americane. Al contrario, la Russia con una modesta densità di 8 abitanti per kmq, ha una situazione ambientale molto critica.
Alcuni Paesi prosperi, con popolazioni sane, hanno densità che fanno apparire l’Olanda spopolata, anche se bisogna ammettere che questi Paesi importano la maggior parte delle risorse naturali, cosa che non accade per gli USA. Singapore ha una densità di 6400 ab/kmq, Hong Kong è intorno alla stessa cifra, Taiwan appena 636, la Corea del Sud 491, mentre il principato di Monaco è a 16.620.
Eppure in un tipico articolo in cui risuona spesso la parola “allarme”, il Boston Globe ha scritto il 31 agosto: «Gli Stati Uniti, ormai prossimi ai 300 milioni di abitanti, sono il solo Paese industrializzato che ha sperimentato una forte crescita della popolazione nell’ultimo decennio, creando preoccupazione per il fatto che questo boom, unito al vorace appetito degli americani per cibo, acqua e terra eroderà rapidamente le risorse naturali della nazione nei prossimi anni, secondo un rapporto pubblicato ieri… mentre alcuni ricercatori si concentrano sugli allarmanti tassi di fertilità nei Paesi poveri, che sono cresciuti del 16,3% dal 1995 al 2005, la popolazione statunitense è cresciuta nello stesso periodo del 10,6%, pari a 29 milioni di persone. Nello stesso periodo l’Europa è cresciuta di 504mila persone, meno dell’1%. Il boom della popolazione negli Stati Uniti è attribuito ad alti tassi di fertilità, immigrazione e aumentata longevità».
Quello che il Globe non dice è che le altre nazioni industrializzate si stanno suicidando. Con tassi di fertilità intorno a 1.5 figli per donna – ben al di sotto dei 2,1 considerati il livello di sostituzione – le nazioni dell’Europa occidentale sono sulla via per uscire di scena. Malgrado gli alti tassi di immigrazione e un tasso di fertilità relativamente alto (2 figli per donna), gli Stati Uniti rischiano la bancarotta dei programmi di Sicurezza Sociale e Medicare per il fatto che i figli del “baby boom” non hanno in proporzione abbastanza figli. I Paesi europei, sia orientali sia occidentali, e il Giappone hanno lo stesso problema, ma di dimensioni molto più gravi.
«Cosa dite allora della grande crescita che ho visto nella mia zona?», potreste pensare. Il continuo sviluppo di edificazione e l’aumentata congestione del traffico nella maggior parte delle aree metropolitane da Washington D.C. ad Atlanta fino a Los Angeles sembrerebbe essere la prova che la crescita della popolazione negli USA sia fuori controllo. In realtà la gente dimentica che le piccole città e le aree rurali in tutta l’America continuano a morire perché sempre più persone migrano verso le città maggiori e le loro periferie.
Il dato eclatante è che ormai l’80% degli americani vive nelle aree metropolitane. Per tutta la storia fino al XX secolo, la grande maggioranza della popolazione ha vissuto in città medie e piccole e nelle aree rurali. Oggi la maggior parte degli americani vive in aree comprese entro i 75 chilometri dalla costa. Quello che vediamo è dunque un fallimento nel gestire e distribuire in modo adeguato lo sviluppo dei terreni edificabili.
Inoltre va considerato che buona parte dell’ingrossamento delle cinte sub-urbane non è dovuto affatto all’aumento della popolazione. Infatti la dimensione media della casa degli americani non è mai stata così alta. Sempre più americani sono in grado di acquistare una seconda casa. E la rivoluzione del divorzio ha provocato milioni di doppie residenze laddove 35 anni fa ce ne sarebbe stata una, visto che gli sposi si dividono e vivono separatamente. Infine c’è una proporzione via via crescente di americani che vivono da soli, ognuno con il suo appartamento o casa.
La popolazione americana cresce di circa lo 0,9% l’anno. Senza un numero sufficiente di giovani per lavorare, sarà l’invecchiamento della popolazione – tendenza destinata a peggiorare nei prossimi decenni – a rendere gli USA economicamente insostenibili.
In conclusione, qualsiasi siano i problemi riguardo agli alti livelli di immigrazione e agli errati modelli di sviluppo, la crescita della popolazione in America non è una preoccupazione, ma un vantaggio