da Il Borghese n. 7 Roma luglio 2019
di Giuseppe Brienza
Angelica Tiraboschi, giovane bergamasca morta nel 2015 a diciannove anni per un tumore, è stata una ragazza apparentemente simile a tante altre. Forte personalità, sorriso accattivante,voglia di vivere, pregava ogni giorno ma non era “pesante”. Condivideva la sua Fede con gli amici appartenenti al movimento del Rinnovamento nello Spirito Santo che, per fare solo un esempio del loro affetto, dopo la morte di Angelica hanno pensato di rispecchiarne la personalità promuovendo un torneo notturno di pallavolo in memoria e incidendo alcune canzoni a lei ispirate producendo un Cd.
Angelica Tiraboschi partecipava ogni giorno alla Santa Messa, recitava il Rosario quotidianamente e si confessava spesso, considerando questi tre punti fermi della sua vita, altrettanti strumenti per incontrare Dio nell’ordinario. A scuola, in particolare alle superiori (si è diplomata al liceo delle scienze umane), era considerata un esempio da seguire, coinvolgeva i suoi compagni in profonde riflessioni spirituali e riusciva a conquistare i cuori anche di chi era scettico.
La biografia di Angelica è al tempo stesso semplice ed esemplare. Dopo la maturità scopre la malattia mentre stava facendo l’animatrice in parrocchia. Un ragazzo vedendola le corre incontro e, per simpatia, decide di abbracciarla. Ma quell’abbraccio le causa una fitta di dolore al seno. Fa dei controlli ed emerge la presenza di un tumore che inizialmente sembra curabile ma che poi si rivelerà in tutta la sua aggressività, rimanifestandosi per ben tre volte in pochi mesi.
Il progetto di Angelica era quello di andare all’università ma, prima, pensò di prendersi del tempo e farsi curare al meglio. Voleva vivere, aveva progetti, sogni. Combatteper14 mesi con la malattia fino a quando il male non raggiunge il cervello. Pochi giorni di agonia e poi la morte avvenuta il 29 agosto 2015, che accetta con luminosa rassegnazione.
Alla famiglia accorsa all’ospedale dopo il suo repentino peggioramento, il corpo appare con le braccia spalancate e i palmi rivolti verso l’alto e un sorriso sul volto, come ad accogliere la volontà di Dio.Il progetto di un libro sulla sua vita è nato subito dopo la morte, perché molti amici e conoscenti, affascinati dalla sua vicenda, desideravano conoscerne la storia e, soprattutto, la personalità e le ragioni che le hanno consentito di vivere così allegra e morire senza paura. 7
Il volume ha una Prefazione di don Marco D’Agostino, Rettore del Seminario di Cremona, e una Postfazione di Salvatore Martinez, Presidente Nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, e raccoglie le testimonianze e i ricordi di chi ha conosciuto personalmente Angelica e ne ha potuto constatare lo splendido carattere e il suo abbandono incondizionato alla volontà di Dio.
Nata a Treviglio, in provincia di Bergamo, il 22 novembre 1995, morendo ad appena diciannove anni, dopo mesi di lotta contro un cancro devastante, Angelica ha saputo vivere la sua malattia con una fede cristiana salda e profonda, capace di irradiare serenità e pace intorno a sé, aiutando e confortando quanti l’avvicinano. Aveva molti progetti per il suo futuro ma, una volta suonata la sua ora, ha accolto il dolore e la malattia come un dono, diventando lei stessa immagine della bellezza di Dio.
Senza per questo perdere nemmeno per un momento la sua grande voglia di vivere, tanto che ripete spesso ai suoi coetanei:«è troppo breve il tempo che abbiamo e non vale la pena sprecarlo in cose tristi e inutili. Ogni vita è importante non per quanto dura, ma per l’intensità del suo passaggio». L’autore di Vivere a colori, Cristian Bonaldi, collabora al settimanale Il mio papa e, finora, ha scritto molti articoli e pubblicazioni di teologia e storia locale.
Ha conosciuto Angelica in quanto originario di Zorzone (Bergamo), il paese dove vivono i nonni della ragazza e in cui ha trascorso sempre le sue vacanze. Fin dall’introduzione risponde a chi volesse obiettare sul paradosso di una malattia, come quella patita da Angelica, vissuta come un “dono”: «Sembrerebbe un controsenso pazzesco, quasi una bestemmia, chiamare la malattia un dono. Eppure, quando avremo la visione chiara di tutte le peripezie che [Angelica] ha vissuto, forse riusciremo a cogliere la verità di questa affermazione».
È una lettura quindi da proporre innanzitutto ai giovani Millennials, facendogli vedere, toccare con mano ed ascoltare la storia vera e palpitante di una ragazza che ha capito come la vita sia veramente un dono e per questo vale la pena viverla fino in fondo. Tingendola come ha fatto lei di mille colori. Se è una giovane a dirlo ad altri giovani, forse si può riuscire a toccare i loro cuori spesso induriti…
Leggiamo solo due passaggi tra i tanti scritti sapienziali che ci ha lasciato: «Stiamo attenti, noi che stiamo vivendo, non buttiamo via il nostro tempo. Viviamo intensamente facendo il bene e dando felicità e amore agli altri»; «Ricordati padre che ogni persona piccola e grande che passa nella nostra vita è unica: lascia sempre un po’ di me, prende sempre un po’ di noi. A chi ha incrociato il mio cammino e a chi non l’ha potuto fare… grazie di cuore!».
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Cristian Bonaldi Vivere a Colori. Angelica Tiraboschi Edizioni Paoline Milano 2018, pp. 224 – €15