Nonostante le manifestazioni e gli appelli promossi dalle oligarchie politico-finanziarie, la Gran Bretagna si prepara all’uscita dalla gabbia eurocratica persino con l’emissione di una moneta ad hoc
di Giuseppe Brienza
Il 23 giugno 2016 si è tenuto in Gran Bretagna il “Referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea“, in pratica la consultazione popolare sulla “Brexit” (BRitain – EXIT). Allora l’affluenza al voto dei britannici, insofferenti alla tecnocrazia ed all’eurosocialismo della Commissione di Bruxelles, è stata molto alta (72,2%), con una percentuale per il NO alla permanenza della Gran Bretagna nell’Ue del 51,9%.
Ora li si vorrebbe convincere che abbiamo scherzato e, 1400 avvocati britannici stanno pressando la premier Tory di Downing Street Theresa May a rimuovere il suo sacrosanto veto, rispettoso del voto popolare, riguardo all’opportunità di un secondo referendum che rimetta in discussione l’uscita dall’Ue, la cui formalizzazione sarebbe attesa per fine marzo prossimo.
Il popolo inglese sarà strumentalizzabile com’è stato fatto finora con quello Italiano? Non crediamo. E non crediamo proprio si riesca a rimandare i britannici a rivotare nel senso gradito agli eurocrati e globalisti, tanto più che circa un milione e trecentomila cittadini in più si sono espressi per il “Leave”, cioè per l’abbandono dell’Ue, al referendum del 2016. La campagna referendaria per la Brexit, oltretutto, ha avuto tutti i grandi media e interessi economici contro, consentendo comunque a Nigel Farage, all’Ukip e a tutti i sovranisti all’interno del partito dei Tory di vincere sorprendentemente e senza margini di dubbio (17.410.742 voti per il “Leave“).
L’ultima novità sarebbe il piano “segreto” attribuito alla May per un “pre-accordo” sulla Brexit con la Commissione di Bruxelles, destinato a prevedere secondo indiscrezioni una permanenza temporanea dell’intera Gran Bretagna nell’unione doganale. “Uno schifo assoluto”, l’ha definito l’ex ministro degli Esteri Boris Johnson, brexiteer molto più determinato della premier che, dalle colonne di oggi del Sun, ha rilanciato l’appello a una ribellione, se necessario, anche all’interno dello stesso Consiglio dei ministri per conseguire l’obiettivo senza ulteriori danni al Paese accelerando anche i tempi.
Intanto nonostante tutte le previsioni apocalittiche del post-Brexit i fondamentali dell’economia del Regno Unito restano solidi. La May ha recentemente corretto al rialzo, da +1,3% a +1,6%, le stime sulla crescita del Paese per l’anno prossimo. Presentando il 29 ottobre l’ultima legge finanziaria pre-Brexit, la premier ha parlato addirittura di “miracolo dell’occupazione record”, preannunciando altri “800.000 nuovi posti di lavoro entro il 2023”. Quindi altro che crisi, dopo la decisione per la Brexit del popolo, la Gran Bretagna sembra arrivata finalmente a quel passaggio di svolta che la porterà a breve verso il recupero della sua piena sovranità.