di Riccardo Cascioli
Un’altra spallata alla famiglia è stata data nei giorni scorsi dal Parlamento europeo con l’approvazione della «Risoluzione sulla protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione» (Rapporto Moraes). Il documento – approvato con 360 voti a favore, 272 contrari e 20 astenuti – nell’includere gli omosessuali tra le categorie particolarmente oggetto di discriminazione, si spinge fino a chiedere la ridefinizione del concetto di famiglia nei singoli Paesi membri e a limitare la libertà religiosa.
Gli articoli discussi sono quelli dal 22 al 24, dove viene anzitutto descritta una improbabile situazione drammatica che vede in Europa un clima fortemente violento nei confronti degli omosessuali, incluso «il rilascio di dichiarazioni piene di odio da parte di esponenti religiosi e politici» oltre che sistematiche «intimidazioni a scuola e sul luogo di lavoro».
La risoluzione dell’Europarlamento chiede quindi che la libertà religiosa non diventi un modo per giustificare «le discriminazioni, ad esempio, nel campo dell’istruzione» (art. 22) e di assicurare «la libera circolazione nell’Unione Europea delle coppie omosessuali sposate o legalmente riconosciute» (art. 24).
Con quest’ultimo articolo non solo vengono riconosciuti per la prima volta a livello comunitario matrimoni e unioni tra persone dello stesso sesso, ma si chiede anche che tali matrimoni siano riconosciuti nei loro effetti giuridici e sociali in tutta la Ue, inclusi i Paesi ospitanti che non riconoscono queste unioni nel loro ordinamento.
Per capire la conseguenza di questa novità, basta notare che l’eurodeputato italiano Vittorio Agnoletto (Sinistra unitaria) ha immediatamente chiesto che l’Italia si adegui, citando il caso dei due cittadini italiani residenti a Latina che si sono vista respinta la richiesta di trascrivere in Italia il matrimonio contratto in Olanda. In questo modo si intende anche forzare il diritto comunitario che considera la famiglia – quindi anche la sua definizione giuridica – come argomento proprio di ogni singolo Paese membro. Importante anche l’approvazione dell’emendamento all’articolo 22, riguardante i limiti alla libertà religiosa nel campo dell’educazione.
In questo modo la risoluzione intende colpire anzitutto la libertà – in primis della Chiesa cattolica – di affermare il proprio magistero riguardo all’omosessualità, ma c’è anche il tentativo di sopprimere il diritto dei genitori a scegliere il tipo di educazione che vogliono per i loro figli nonché il diritto di scegliere di lavorare con persone che condividono la stessa fede. Il Rapporto Moraes è stato approvato – oltre che dalle sinistre in generale, come previsto – anche dai deputati italiani della Margherita presenti (Lapo Pistelli, Luigi Cocilovo, Enrico Letta, Vittorio Prodi, Paolo Costa), che hanno detto «sì» anche all’emendamento specifico sull’articolo 22.
Voto favorevole al Rapporto anche dall’europopolare Paolo Cirino Pomicino. Un fatto da tener presente è che l’introduzione di questi temi nella Risoluzione sulla protezione delle minoranze fa parte di una strategia di lungo termine, in cui rientra anche la discussa iniziativa all’Onu del rappresentante olandese Dick Jan Van Den Berg. Questi, nell’ultima Assemblea generale, ha ritirato l’adesione della Ue alla Dichiarazione di Doha che, nell’anno internazionale della Famiglia, ribadiva i princìpi già espressi della Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948. Motivo: la mancata inclusione del riconoscimento delle unioni omosessuali.
Tale questione sarà di nuovo discussa nell’Europarlamento nelle prossime settimane. In ogni caso il vero protagonista di questa strategia nell’Europarlamento è l’Intergruppo per i diritti di Gay e Lesbiche, formato da parlamentari di diversi schieramenti e strettamente legato all’Ilga (International Lesbian and Gay Association). Questa ha definito la sua strategia in un rapporto del 2003 titolato «Famiglie, partner, bambini e l’Unione Europea»