Santo Padre, Sono passati già tredici anni da quando, nel ricevere la Pontificia Accademia delle Scienze, in questa stessa Sala Regia, per il 10 Centenario di Albert Einstein, Lei riportava l’attenzione del mondo della cultura e della scienza su un altro scienziato, Galileo Galilei (1).
Questa Commissione era costituita da quattro gruppi di lavoro, di cui erano responsabili: Sua Eminenza il Cardinale Carlo Maria Martini, per la sezione esegetica; io stesso per la sezione culturale; il Professor Carlos Chagas e il R.P. George Coyne per la sezione scientifica ed epistemologica; Monsignor Michele Maccarrone per le questioni storiche e giuridiche; il R.P. Enrico di Rovasenda, segretario.
Scopo di questi gruppi di lavoro doveva essere quello di rispondere alle aspettative del mondo della scienza e della cultura riguardo alla questione di Galileo, di ripensare interamente tale questione in piena fedeltà ai fatti stabiliti storicamente e in conformità alle dottrine e alla cultura del tempo e di riconoscere lealmente nello spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II, i torti e le ragioni, da qualsiasi parte essi provenissero.
Non si trattava di rivedere un processo, ma di intraprendere una riflessione serena e obiettiva, tenendo conto della congiuntura storico-culturale. L’inchiesta è stata ampia, esaustiva, e condotta in ognuno dei campi interessati. E l’insieme degli studi, delle memorie e delle pubblicazioni della Commissione hanno suscitato inoltre numerosi lavori in ambiti diversi.
2. La Commissione si è posta tre questioni: Che cosa è successo? Come è successo? Perchi i fatti si sono svolti in tale modo? A queste tre questioni le risposte basate sull’esame critico dei testi mettono in luce vari punti importanti. L’edizione critica dei documenti e in particolare di quelli provenienti dall’Archivio Segreto Vaticano permette di consultare facilmente e con tutte le garanzie auspicabili il dossier completo dei due processi e in particolare i resoconti dettagliati degli interrogatori ai quali Galileo fu sottoposto (3).
La pubblicazione della dichiarazione del Cardinale Bellarmino a Galileo, insieme a quella di altri documenti, illumina l’orizzonte intellettuale di questo personaggio-chiave di tutta la questione (4). La redazione e la pubblicazione di una serie di studi hanno messo in luce il contesto culturale, filosofico e teologico del XVII secolo (5), e una migliore comprensione delle prese di posizione di Galileo rispetto ai decreti del Concilio di Trento (6), e agli orientamenti esegetici del suo tempo (7), rendendo possibile una valutazione equilibrata dell’immensa letteratura dedicata a Galileo, dal secolo dei lumi ai giorni nostri (8).
In una lettera del 12 aprile 1615 indirizzata a Paolo Antonio Foscarini, il Cardinal Roberto Bellarmino aveva già esposto le due vere questioni sollevate dal sistema di Copernico: l’astronomia copernicana è vera nel senso che si fonda su prove reali e verificabili o invece si basa soltanto su congetture e apparenze? Le tesi copernicane sono compatibili con gli enunciati della Sacra Scrittura? Secondo Roberto Bellarmino, finché non ci fossero state prove della rotazione della Terra intorno al Sole, bisognava interpretare con molta circospezione i passi della Bibbia che dichiaravano la Terra immobile.
Se mai la rotazione terrestre fosse stata dimostrata come certa, allora i teologi avrebbero dovuto, secondo lui, rivedere le loro interpretazioni dei passi della Bibbia apparentemente in contrasto con le nuove teorie copernicane, in modo da non considerare false le opinioni la cui veridicità fosse stata provata: “… Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel 30 cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che non l’intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra; (9).
3. Infatti Galileo non era riuscito a provare in maniera inconfutabile il doppio moto della Terra, la sua orbita annuale intorno al sole e la sua rotazione giornaliera intorno all’asse dei poli, mentre aveva la convinzione di averne trovata la prova nelle maree oceaniche, delle quali soltanto Newton doveva dimostrare la vera origine. Galileo propose un altro abbozzo di prova nell’esistenza dei venti alisei, ma nessuno aveva in quell’epoca le conoscenze indispensabili per ricavarne i chiarimenti necessari.
Ci vollero più di 150 anni ancora per trovare le prove ottiche e meccaniche del moto della Terra. Da parte loro, gli avversari di Galileo non hanno, né prima né dopo di lui, scoperto nulla che potesse costituire una confutazione convincente dell’ astronomia copernicana. I fatti si imposero e fecero presto apparire il carattere relativo della sentenza pronunciata nel 1633. Questa non aveva un carattere irriformabile. Nel 1741, di fronte alla prova ottica della rotazione della Terra intorno al Sole, Benedetto XIV fece concedere dal SantUffizio l'”imprimatur; alla prima edizione delle Opere complete di Galileo.
4. Questa implicita riforma della sentenza del 1633 si esprime nel decreto della Sacra Congregazione dell’Indice che ritirava dall’edizione del 1757 del Catalogo dei Libri Proibiti le opere in favore della teoria eliocentrica. Di fatto, nonostante tale decreto, numerosi furono coloro che continuarono ad essere restii ad ammettere la nuova interpretazione.
Nel 1820, il canonico Settele, professore all’Università di Roma “La Sapienza;, si apprestava a pubblicare i suoi Elementi di ottica e di astronomia. Egli si scontrò col rifiuto di Padre Anfossi, Maestro del Sacro Palazzo, di concedergli l'”Imprimatur;. Questo incidente diede l’impressione che la sentenza del 1633 fosse rimasta irriformata perché irriformabile. l’autore ingiustamente censurato si appellò a Papa Pio VII, dal quale ricevette nel 1822 una sentenza favorevole.
Fatto decisivo, Padre Olivieri già Maestro Generale dei Frati Predicatori e Commissario del Sant’Uffizio redasse una relazione favorevole alla concessione dell'”imprimatur; alle opere che esponevano l’astronomia copernicana come una tesi, e non più soltanto come un’ipotesi (10). La decisione pontificia doveva trovare la sua attuazione pratica nel 1846 all’epoca della pubblicazione di un nuovo Indice aggiornato dei libri proibiti (11).
5. In conclusione, la rilettura dei documenti d’archivio lo dimostra ancora una volta: tutti gli attori di un processo, senza eccezioni, hanno diritto al beneficio della buona fede, in assenza di documenti extraprocessuali contrari. Le qualifiche filosofiche e teologiche abusivamente attribuite alle teorie nuove per allora sulla centralità del sole e la mobilità della terra furono conseguenza di una situazione di transizione nell’ambito delle conoscenze astronomiche, e di una confusione esegetica riguardo alla cosmologia.
Eredi della concezione unitaria del mondo, che si impose universalmente fino all’alba del XVII secolo, alcuni teologi contemporanei di Galileo non hanno saputo interpretare il significato profondo, non letterale, delle Scritture, quando queste descrivono la struttura fisica dell’universo creato, fatto che li condusse a trasporre indebitamente una questione di osservazione fattuale nel campo della fede.
È in questa congiuntura storico-culturale, ben lontana dal nostro tempo, che i giudici di Galileo, incapaci di dissociare la fede da una cosmologia millenaria credettero a torto che l’adozione della rivoluzione copernicana, peraltro non ancora definitivamente provata, fosse tale da far vacillare la tradizione cattolica e che era loro dovere il proibirne l’insegnamento.
Questo errore soggettivo di giudizio, cosi chiaro per noi oggi, li condusse ad adottare un provvedimento disciplinare di cui Galileo “ebbe molto a soffrire;. Bisogna riconoscere questi torti con lealtà, come ha chiesto Vostra Santità. Questi sono i frutti dell’inchiesta interdisciplinare che ella ha chiesto alla Commissione di intraprendere. Tutti i suoi membri, attraverso di me, la ringraziano dell’onore e della fiducia che ha dimostrato nel lasciar loro ogni possibilità di esplorare, ricercare e pubblicare, nella totale libertà che gli studi scientifici richiedono. Voglia Vostra Santità gradirne il fervente e filiale omaggio.
Note
1). Discorso di Papa Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia delle Scienze, 10 novembre 1979, in AAS, t. LXXI 1979, pagg. 1464-1465
2). Cfr. Edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei, dir. Antonio Favaro, Firenze, Giunti Barbera, 1890-1909; ristampa, 1929-1939. 20 vol. Cfr. Mons. Pio Paschini, Vita e Opere di Galileo Galilei, 2 vol., Lev, 1964, citato in Gaudium et spes, I Parte, Cap. 3, n. 36, Giusta autonomia delte realtà temporali, nota 7.
3). I Documenti del Processo di Galileo Galilei, a cura di P. Sergio M. Pagano, Pontificiae Academiae Scientiarum Scripta Varia 53, Città del Vaticano 1984. Cfr. M. D’Addio, Considerazioni sui processi a Galileo, Quaderni della Rivista di Storia della Chiesa in Italia n. 8 Roma, Herder Editrice et Libreria, 1985
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