di Piero Gheddo
direttore ufficio storico Pime
Nel volume Europa, I suoi fondamenti oggi e domani, che raccoglie suoi scritti e discorsi (San Paolo 2004, pp. 105), l’allora card. Joseph Ratzinger sostiene che nel tempo della globalizzazione e del confronto con altri popoli e continenti l’Europa deve tornare ad amarsi, mentre nella cultura corrente vediamo quasi solo gli aspetti negativi della storia e dell’attualità europea, non anche quelli positivi che hanno cambiato in meglio l’umanità.
Tramontato il Sessantotto, molti sono andati avanti su questa linea che non porta da nessuna parte. L’Italia è attraversata da una continua esasperazione della vita politica e sociale che ostacola anche la nostra crescita economica. Un esempio fra tanti: il 18 dicembre 2004 il ministro Antonio Marzano dichiara che i rifiuti italiani sono mandati in Inghilterra, in Germania, in Francia. Ogni giorno (capite? «ogni giorno»!) partono dalI’Italia dai dieci ai quindici treni merci per portare i nostri rifiuti all’estero, con un notevole danno economico per la nazione. Perché?
Semplicemente perché nessuna regione, nessun comune italiano vuole gli impianti di smaltimento dei rifiuti, specialmente se sono nucleari o comunque tossici: appena il governo comunica un piano per la costruzione di nuovi impianti, subito si scatena la protesta degli abitanti di quella regione o comune, appoggiati da sindacati e partiti (anche quelli al governo!) e magari benedetti da parroci, per paura di perdere voti e consensi. Tutti dicono: «Qui no!». E dove allora? «In qualunque altro posto, ma non qui». Questa è la cultura dominante oggi in Italia.
Non penso che inglesi o francesi o tedeschi siano più bravi di noi nel riciclare i rifiuti. Hanno solo un maggior senso del bene pubblico e dello Stato.
Prendiamo un altro esempio: siamo tutti spettatori impotenti del «terrorismo di matrice islamica», chiaramente anti-occidentale. Le pagine di giornali e telegionali sono piene di dibattiti, proposte, proteste, ipotesi su come fronteggiare questa minaccia. Non si va mai alla radice. Non si ricorda né si valuta il fatto che nei Paesi islamici c’è una martellante educazione religiosa, scolastica e massmediatica, anti-occidentale. Nel popolo musulmano (un miliardo e 200 milioni!), cresce la rabbia e il desiderio di vendetta contro «il nemico dell’islam» (cioè di Dio): l’Occidente.
Per fermare questa predicazione ed educazione, che incomincia nelle scuole elementari ed esalta i kamikaze come martiri dell’islam, non servono né la guerra né la demonizzazione di tutti i fedeli dell’islam, né gli aiuti economici alle popolazioni povere (bisogna darli, ma non fermano il terrorismo). La Chiesa ripete da sempre, e i missionari sul campo ne sono esempi concreti, che occorre mettersi in dialogo religioso e culturale con l’islam. Però si dialoga solo a partire da una nostra forte e precisa identità.
Ma oggi noi europei, noi italiani, chi siamo? Nella Costituzione europea abbiamo evitato di ricordare le «radici cristiane» della nostra civiltà e stiamo distruggendo una delle caratteristiche fondamentali dell’Occidente cristiano, il matrimonio monogamico fra uomo e donna! Ci presentiamo agli altri continenti come popoli ricchi, tecnicizzati, militarmente potenti, ma viviamo in una civiltà senz’anima, mettiamo al mondo pochi bambini, siamo sempre in sciopero e in protesta, non abbiamo più la gioia di vivere.
L’Occidente cristiano deve ritornare al Vangelo e a Gesù Cristo, perché questa è la nostra identità, questo il tesoro di idee e di valori morali che hanno fatto grande l’Europa. Senza Gesù Cristo e senza la Chiesa, l’Europa intera scompare, l’arte, la musica, la morale, la letteratura, i diritti dell’uomo e della donna, la storia dell’Europa non si capiscono più. Ma nel linguaggio «politicamente corretto» questo è un tema tabù. Perché meravigliarci se i popoli islamici si sentono investiti della missione storica di ridare un’anima, una fede alla nostra civiltà opulenta e decadente?