Avvenire 27 ottobre 2005
Lucetta Scaraffia
Viene presentato come un eroe dei nostri tempi Ole Schou – il danese che ha fondato la più grande banca di sperma del mondo – sul magazine femminile di «Repubblica». Non c’è da stupirsene molto, dato che già durante la battaglia per il referendum sulla legge 40 tutti i periodi femminili si sono schierati contro la legge senza aprire mai un contraddittorio con chi pensava diversamente, ma è interessante vedere oggi come questa battaglia di opinione viene continuata.
Certo per uno studente di business amministrativo quale lui era, può essere considerata una idea brillante – e soprattutto redditizia – quella di fondare una banca si sperma congelato, ma Schou non vuole apparire un uomo d’affari, forte della sua squadra di 228 donatori – sa che la compravendita di prodotti del corpo umano è proibita quasi ovunque, e comunque non è considerata propriamente una attività umanitaria – ma piuttosto un benefattore.
Parla più volentieri dei bambini nati con il suo aiuto che di quanto guadagna con il suo business, anche se non può nascondere la leggerezza con cui affronta i problemi complessi che nascono dalla pratica della fecondazione eterologa: basta che il donatore sia scelto in modo che «i tratti fisici coincidano il più possibile con quelli del futuro padre» e tutto è risolto.
I donatori vengono pagati «a seconda del volume prodotto» di liquido seminale, una cifra che va dai 50 ai 100 euro, che deve consentire al geniale imprenditore un bel po’ di guadagno, come provano i suoi progetti. A marzo, infatti, dice Shou, «saremo pronti a offrire esperienza e stock di spermatozoi in franchising a imprenditori di tutto il mondo» e poi una nave, la Fertility Schip, si muoverà nel Mediterraneo per offrire i suoi servigi, appena fuori dalle acque territoriali, a quei paesi, come l’Italia, che non consentono la fecondazione eterologa.
Il nostro paese sarà il primo della lista, e i contatti con i clienti saranno facilitati dalla presenza di molti medici italiani. Questo personaggio ed il suo progetto sono la prova evidente che ci sono ottimi motivi per proibire l’eterologa in quanto questa pratica tende a degenerare, fatalmente, in un commercio, trasformando la procreazione di esseri umani in un mercato di pezzi e di materiali spogliati di dignità.
E ci fa ricordare che la prima volta che, nella storia della società occidentale, si è affrontato il problema della fecondazione eterologa è stato in relazione alla possibilità che il diavolo potesse generare figli unendosi ad esseri umani. I teologi del XIII secolo esclusero che i demoni potessero emettere liquido seminale, e sostenendo invece la possibilità che riversassero nelle donne sedotte lo sperma che avevano accolto – prendendo sembianze femminili- dagli uomini con cui avevano avuto rapporti sessuali. Ecco una bella materia di riflessione per l’astuto manager danese e per suoi clienti.