Libaria

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

Libaria

Libaria in una incisione del 1600

di Rino Cammilleri

Questa martire della Gallia, al tempo dell’imperatore Giuliano l’Apostata, era di Grandesina (Grand). Libaria era figlia di un patrizio romano e di una nobie locale. Aveva due fratelli, Elofi’ Eucario, nonché due sorelle, Susanna e Menna, tutti e quattro poi venerati come santi. Libaria venne mandata a studiare a Catalauni (oggi Chàlons-sur Marne), da dove tornò per ricevere il velo consacrato dalle mani del fratello Eucario, divenuto nel frattempo vescovo di Grandesina. Poiché a quel tempo non esistevano ancora i monasteri, Libaria rimase in famiglia.

La sua consacrazione religiosa consistette nella rinuncia al matrimonio e nella continua preghiera. Filava la lana, pascolava le greggi; nel contempo istruiva i catecumeni della chiesa locale. Nel 362, in ottemperanza alle disposizioni imperiali, un funzionario cercò di farla aderire quel paganesimo cui era tornato l’imperatore Giuliano (non a caso detto l’Apostata).

Non ci fu nulla da fare. Lo stesso Giuliano, di passaggio a Grandesina, finì col provarci di persona, ma ne ottenne solo, in cambio, infauste profezie sulla sua sorte (infatti, di lì a poco morì in battaglia). Libaria, però, fu gettata in prigione e, dopo qualche tempo, decapitata.

Narra la tradizione che la santa, rizzatasi in piedi dopo l’esecuzione, raccolse la sua testa mozzata e andò a lavarla alla fontana prima di stramazzare per sempre. Libaria viene invocata contro le morie di animali domestici, contro la grandine e i flagelli del raccolto. Ma anche ottenere la pioggia. Questa protomartire lorenese protegge anche naufraghi, i luoghi fortificati e i militari

il Giornale