Recenti studi di storici ebrei americani smentiscono la «leggenda nera» antisemita divulgata dai connazionali Cornwell e Goldhagen e «riabilitano» la figura di Papa Pacelli. Il giurista Rychlak parla di mezzo milione di salvati, mentre il rabbino Dalin propone il Pontefice come «Giusto tra le Nazioni»
Antonio Gaspari
Stanno succedendo cose interessantissime nel campo degli studi storici su Pio XII e la sua relazione con il mondo ebraico. Dopo anni in cui autori diversi l’hanno criticato, accusandolo di silenzi e ambiguità nei confronti della Shoah e addirittura complicità con il regime nazista, è in atto un riconoscimento dei meriti di Papa Pacelli da parte di autori ebrei e studiosi del mondo anglosassone.
A questo proposito negli Stati Uniti sono stati pubblicati due libri importanti. Il primo, scritto dal rabbino e professore di scienze storiche e politiche David Dalin, ha per titolo The Myth of Hitler’s Pope («Il mito del Papa di Hitler», Regnery Publishing) e dimostra come falsi i presunti legami di Pio XII col regime nazista,raccontando come al contrario Pacelli abbia salvato gli ebrei dal nazismo. Per le sue opere in favore degli ebrei, Dalin propone di fare Pio XII un «Giusto tra le nazioni». Del suo libro, l’edizione online del Jerusalem Post ha scritto una recensione molto positiva.
L’altro libro che sta facendo scalpore è stato scritto da Ronald J. Rychlak, giurista, già consigliere della delegazione vaticana alle Nazioni Unite. Il suo lavoro s’intitola Righteous Gentiles. How Pius XII and the Catholic Church saved half million Jews from the Nazis («Il Giusto delle nazioni. Come Pio XII e la Chiesa salvarono mezzo milione di ebrei dai nazisti», Spence Publishing). Anche questo libro, con una prefazione di Michael Novak, è una puntuale e argomentata risposta a tutte le obiezioni sollevate dai critici sul comportamento di Pio XII nei riguardi degli ebrei.
Così – a fronte di autori contemporanei come John Cornwell e Daniel Jonah Goldhagen, che hanno cercato di demonizzare la figura di Papa Pacelli – Dalin riporta gli studi autorevoli di autori ebrei come Pinchas Lapide (Roma e gli ebrei) e Pio XII e gli ebrei, scritto nel 1963 dal membro dell’Anti-Defamation League Joseph Lichten, e poi Jenö Levai, lo storico ungherese che davanti alle accuse di silenzio rivolte al Papa scrisse Hungarian Jewry and the papacy. Pope Pius XII did not remain silent («Gli ebrei ungheresi e il papato. Pio XII non è stato in silenzio»), pubblicato nel 1968 con una puntuale introduzione di Robert M. W. Kempner, sostituto procuratore capo statunitense a Norimberga.
Tra le opere uscite di recente il rabbino statunitense Dalin sottolinea in particolare i lavori di sir Martin Gilbert, tra i più autorevoli storici ebrei viventi, biografo ufficiale di Winston Churchill e autore di oltre 70 libri sulla Seconda Guerra mondiale e sulla Shoah. Gilbert ha raccontato quanto la Chiesa cattolica ha fatto in difesa degli ebrei opponendosi al razzismo e al nazismo, e in particolare ha affermato che «Pio XII dovrebbe essere elogiato e non biasimato».
Molto interessante anche il capitolo in cui Dalin analizza il comportamento dei vari Pontefici rispetto al rapporto con gli ebrei. La tradizione dei Papi che ebbero grande considerazione e stima degli ebrei inizia, a giudizio del rabbino americano, con Gregorio I (meglio conosciuto come Gregorio Magno, 590-604) che emise lo storico decreto Sicut Judaeis in difesa degli ebrei.
In seguito papa Callisto II garantì la sua protezione ai giudei e Gregorio X (1271-1276) ribadì il Sicut Judaeis. Nel XIV secolo poi, quando gli ebrei furono biasimati per l’epidemia di peste detta «la morte nera», papa Clemente VI (1342-1352) venne in loro soccorso, e fu l’unico leader europeo a farlo. Bonifacio IX (1389-1403) allargò la protezione papale agli ebrei, riconoscendone la cittadinanza romana nel 1402, e fu il primo Papa ad impiegare ebrei in Vaticano.
I papi Martino V (1417-1431) e Eugenio IV (1431-1437) ebbero come medico personale l’ebreo Elijah ben Shabbetai Be’er, il quale grazie all’aiuto dei pontefici divenne il primo ebreo a insegnare in una facoltà universitaria europea, quella di Pavia. Alessandro Borgia, Pontefice con il nome di Sisto IV (1471-1484), fu il primo ad impiegare copisti ebraici nella Biblioteca Vaticana e creò la prima cattedra di Ebraico all’università di Roma; durante il suo pontificato la popolazione ebraica raddoppiò in numero.
Dalin racconta anche di Nicola V, Giulio II, Leone X, Clemente VII, Paolo III, Benedetto XIV, Clemente XIII, Clemente XIV, Leone XIII e Pio IX, tutti intervenuti in difesa degli ebrei.
Del XX secolo, infine, il rabbino ricorda Benedetto XV – che pubblicò una condanna dell’antisemitismo preparata dal giovane Pacelli. Pio XI, il cui insegnante di ebraico era un rabbino, è noto anche per aver affermato che «spiritualmente noi siamo tutti semiti».
Pio XII viene citato per l’opera gigantesca in difesa degli ebrei perseguitati, mentre Giovanni XXIII e Paolo VI furono stretti collaboratori di Pacelli nell’opera di salvataggio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
Per concludere con Giovanni Paolo II, che per primo visitò la Sinagoga di Roma e che pregò di fronte al Muro del pianto a Gerusalemme, e con Benedetto XVI e la sua storica visita nella sinagoga di Colonia.
L’ultima parte del libro di Dalin è dedicata in particolare alla storia e alle vicende del gran Muftì di Gerusalemme Hajj Amin al Husseini, che durante la seconda guerra mondiale incontrò Adolf Hitler in numerose occasioni; amico di Adolf Heichmann, visitò i lager di Auschwitz, intervenne alla radio tedesca dichiarandosi d’accordo sull’eliminazione degli ebrei europei al fine di evitare la nascita di uno Stato ebraico.
E oggi, di fronte al rinascente antisemitismo, Dalin propone di ristabilire la verità storica, studiare le condanne del razzismo della Chiesa cattolica e fare di Pio XII un «Giusto tra le Nazioni».