[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Eroe della carità tra i detenuti della Siberia
di Vladimir Zelinsky
Al suo tempo Haas era conosciuto in Russia forse non meno di quanto lo sia Madre Teresa oggi. In effetti può essere considerato come un suo predecessore, uno di quei “giusti” su cui, secondo il proverbio, si tiene tutta la terra russa. Originario del Reno, cattolico, studente di filosofia a Jena ed a Göttingen, laureato in medicina nell’Università di Vienna, Haas divenne in Russia, nella prima metà del XIX secolo, il folle della misericordia, l’amatissimo “santo dottore”, come lo chiamavano tutti, o “filantropo esagerato”, secondo le malevole parole dei suoi nemici della burocrazia penitenziaria.
Nel 1806, a 26 anni, Joseph Friedrich Haas, dopo un incontro con un nobile russo guarito da lui, arriva a Mosca. Questo giovane dottore ha un successo immediato: dispone dell’arte di saper parlare con ciascuno da amico. La gente arriva in massa da lui: per tutti le cure sono gratuite. Nel 1828 è designato come una sorta di “primario” di tutti gli ospedali di Mosca e il governatore propone la sua candidatura come membro permanente del Comitato di patronato dei detenuti.
Il “dottor buono” diventa così il primo difensore del popolo della galera. Per 25 anni frequenta la strada percorsa dalle colonne dei detenuti cacciati in Siberia. Portando le sue cure, cibo e vestiti. E ottiene anche una vittoria: dopo anni di richieste spesso cadute nel vuoto il duro trattamento di queste persone viene mitigato.
Nel 1831 vende tutta la sua proprietà per costruire ospedali per i detenuti. Organizza biblioteche per i prigionieri, una scuola per i loro bambini, stampa e distribuisce il Vangelo. Anche il metropolita ortodosso di Mosca Filaret è del patronato per i detenuti e spesso discute con Haas, che da parte sua stupisce Filaret con la sua saggezza. Ai suoi funerali, nel 1853, sono 20mila i presenti. Dopo la sua morte i detenuti in Siberia ordinarono un’icona di Feodor Tiron il santo protettore del dottor Haas, per pregare per il “santo Fedor”.