Coppie di fatto. I numeri del fenomeno / Un problema da ignorare?

coppie_di_fattoFamiglia Oggi n.2/2006

A giudicare dalla consistenza e dalla durata del dibattito nel mondo politico e culturale, si direbbe che il fenomeno delle convivenze abbia dimensioni imponenti. I dati rivelano però che riguarda solo il 3,9% del totale delle coppie italiane.

di Pietro Boffi

(Responsabile del Centro di documentazione del Cisf)

Qual è in Italia la reale consistenza del fenomeno “coppie di fatto”, o “convivenze more uxorio” che dar si voglia? (1) A giudicare dalla consistenza, dall’animosità, dalla durata del dibattito nel mondo politico e culturale, si direbbe che il fenomeno debba per forza avere dimensioni imponenti: sono ormai decenni che ogni legge, ogni provvedimento, ogni presa di posizione riguardante la famiglia porta con sé inevitabilmente scontri al calor bianco attorno al tema appunto delle convivente.

Anche recentemente vi è stata una ripresa di questo dibattito, e il punto di partenza è stato più o meno: «Possiamo ignorare questo problema, che coinvolge milioni di persone?».

Un osservatore esterno, facciamo il solito marziano piombato con il suo Ufo in Italia, sarebbe quindi indotto a pensare che il problema principale della famiglia italiana siano le convivenze, calpestate, neglette, represso ed emarginate, e nello stesso tempo numerosissime, tali ormai da oscurare il modello tradizionale di famiglia. Le cose stanno veramente cosi?

La risposta a questa domanda – o almeno alla parte relativa alla consistenza numerica del fenomeno – è apparentemente semplice, ma in realtà più complessa e articolata di quel che sembra, e di quel che viene propagandato.

Mi spiego. Se prendiamogli ultimi dati diffusi dall’Istat (2) relativa mente al fenomeno in generale, il discorso sarebbe presto chiarito: «Nel 2002-2003 le libere unioni sono 564.000 […] il 47,2% è formato da coppie di celibi e nubili» (3). Quindi, la situazione fotografata dall’Istat è la seguente: in Italia le convivenze sono poco più di mezzo milione (su oltre 22 milioni di nuclei); di queste, meno della metà sono coppie veramente libere, mentre nelle altre coppie almeno un componente deve fare i conti con una precedente esperienza matrimoniale conclusasi con una separazione o un divorzio.

Si tratta quindi di un fenomeno nient’affatto così rilevante, anzi tutto sommato ancora abbastanza esiguo: complessivamente solo il 3,9% del totale delle coppie italiane. Come mai allora l’impressione generale è che il fenomeno sia molto più diffuso, e anche la semplice esperienza personale spesso ci presenta una realtà in cui queste forme di unione appaiono in forte crescita?

In effetti, il discorso è molto più complesso, e va specificato in base soprattutto a due parametri: l’anno di matrimonio e l’area geografica di appartenenza. Se prendiamo le coppie italiane secondo l’anno di matrimonio, si nota nel corso degli ultimi decenni una crescita rilevante delle coppie che prima del matrimonio hanno fatto l’esperienza della convivenza: dal 2,5% delle coppie il cui matrimonio è precedente al 1968 al 12,8% delle coppie il cui matrimonio è successivo al 1987, con una stima per il 2003 del 20% (vedi tab. 1).

Quindi, se sul totale delle coppie italiane i conviventi sono ancora pochi, nondimeno bisogna segnalare come rilevante il numero delle coppie che – pur attualmente sposate – hanno in precedenza avuto una o più convivenze.

La ripartizione geografica accentua ancora di più questa tendenza, almeno in alcune aree: il dato relativo alle esperienze di convivenza nel Nord-est è di quasi 4 punti (circa il 30%) superiore alla media nazionale, mentre al Sud si nota una diffusione molto più bassa (vedi tab. 3).

Tabella 1

Le convivenze prematrimoniali in Italia
Anni di matrimonio
Coppie che hanno convissuto (%)
prima del 1968
2,5
1968-1987
4,1
Dopo il 1987
12,8
2003 (stima)
20
Fonte: Istat, rielaborazione la Repubblica
Tabella 2 Presenza di coppie già conviventi nei corsi di preparazione al matrimonio. 
Dalla convivenza al matrimonio
Marginale (inferiore al 10%)
74
43,0
Significativa (tra il 10 e il 30 %)
56
32,6
Elevata (tra il 30 e il 60%)
31
18,0
Non indicato
11
6,4
Totale
172
100,0

 

 

 

 

 

Fonte CIsf

Questi dati sono ulteriormente – e quasi paradossalmente – rafforzati da due ricerche svolte recentemente dal Cisf non in ambito demografico, bensì nel campo della pastorale familiare. Nel 2003, su incarico e in collaborazione con l’Ufficio nazionale per la pastorale familiare della Conferenza episcopale italiana, il Cisf ha inviato un lungo questionario a tutti gli Uffici famiglia diocesani d’Italia.

La risposta è stata notevolissima: hanno risposto 172 diocesi su 225, rappresentanti complessivamente circa l’88% della popolazione italiana (4). In quell’ambito, era stata inserita la seguente domanda: «Tra le coppie che vengono a chiedere la preparazione al matrimonio cristiano, quale ritenete sia la percentuale approssimativa dei già conviventi?».

Come si può dedurre dalla tabella 2, le risposte – tenuto conto dell’ambito in cui si svolgeva la ricerca, e cioè tra coloro che chiedono la celebrazione del sacramento del matrimonio – sono state molto significative: almeno la metà delle diocesi segnalavano, già nel 2003, una presenza non marginale di coppie conviventi, distribuita tra il 10 e il 60%.

Tabella 3 Le convivenze prematrimoniali per area geografica.
Anni di matrimonio
Italia Nord-occidentale
Italia Nord-orientale
Italia centrale
Italia meridionale
Italia insulare
Prima del 1968
2,1
2,4
2,0
2,3
5,0
1968-1987
3,8
5,2
4,0
2,5
6,2
Dopo il 1987
16
16,5
16,4
4,5
12,1

Fonte: Istat, rielaborazione la Repubblica
A conferma dei dati sulla ripartizione geografica delle convivenze presentati sopra, anche in questo caso le regioni che riportavano i dati più elevati sono il Triveneto, l’Emilia e la Toscana (dove circa il 50% delle diocesi risponde: «Oltre il 60% di coppie sono conviventi»).

Anche Sardegna e Lombardia sono da segnalare in questa tipologia (rispettivamente 25% e 33%). Sul versante opposto, tra le diocesi delle regioni del Centro, nel Lazio si trovano 5 diocesi che indicano: «Nessuna coppia convivente». Mentre nel Sud e Isole (con la ricordata eccezione della Sardegna) nessuna diocesi indica: «Più del 60%».

Ad ulteriore conferma, possiamo segnalare che una ricerca condotta nel corso dell’anno pastorale 2003-2004 in un ambito più ristretto (era limitata alla sola regione Lombardia) ma esclusivamente dedicata al censimento e alla descrizione di tutti i corsi di preparazione al matrimonio tenutisi nella regione, riportava come dato complessivo la presenza di un 25% di coppie già conviventi (5). Se si considera che i corsi censiti sono stati 1.041, con un numero di coppie partecipanti pari a 15.703 (e – ribadisco – si tratta di coppie in procinto di sposarsi con il rito religioso), si può comprendere come si tratti di un fenomeno ben attestato.

Da questi dati si possono ricavare quindi due prime conclusioni: a) in Italia le convivenze, diversamente ad esempio dai Paesi del Nord Europa, sono per la stragrande maggioranza un passaggio verso il matrimonio, e un’alternativa allo stesso solo per un’esiguità di casi; b) la presenza e quindi la visibilità di questo tipo di convivenze è comunque notevole, soprattutto nelle fasce di età più giovani e nell’Italia del Centro-nord, e giustifica quindi l’impressione generalizzata che le convivenze siano in forte crescita.

Se passiamo a operare un confronto diacronico sul numero totale delle convivenze presenti in Italia, pur nell’esiguità dei numeri possiamo notare come – dopo una stasi alquanto prolungata, con una presenza veramente poco significativa (6) – nello scorso decennio siano più che raddoppiate (vedi tab. 4), passando dall’1,6% del totale delle coppie al 3,9%.

Tabella 4 Numero totale delle coppie conviventi in Italia, 1993-2003.
1993
2003
Valore assoluto
Per 100 coppie
Valore assoluto
Per 100 coppie
Libere unioni di celibi e nubili
67.000
0,5%
264.000
1,8%
Coppie conviventi con precedenti esperienze matrimoniali
160.000
1,1%
300.000
2,1%
Totale
227.000
1,6%
564.000
3,9%

Fonte: Istat, rielaborazione Cisf
All’interno di questo dato, va sottolineato il peso percentualmente più significativo assunto dalle libere unioni di celibi e nubili (anche se restano ancora minoritarie), così come il consolidarsi della tendenza alla stabilità: se prima del 1968 si conviveva per meno di 6 mesi nel 27% dei casi, ora tale percentuale è scesa al 6%, mentre è salita al 35 la percentuale delle convivenze che durano da 4 anni o più (7).

Questi dati sono confermati anche dal trend delle nascite fuori dal matrimonio (vedi tab. 5): anche se siamo ben lontani dai Paesi del Centro-nord Europa (che viaggiano stabilmente sopra il 30% e in non pochi casi superano il 50% di nascite fuori dal matrimonio), dopo vari decenni di crescita decisamente scarsa gli ultimi anni hanno visto invece un aumento consistente di queste nascite, che oltre un certo tasso fisiologico (da sempre presente tra la popolazione) sono un significativo indicatore della presenza o meno di convivenze stabili, prolungate nel tempo.

Tabella 5
I figli naturali
Valore assoluto
% sui nati vivi
1961
21.858
2,4
1981
27.589
4,4
1991
37.826
6,7
2001
58.961
11,1
2003
81.770
14,9

 

 

 

 

 

 

Fonte: Istat

In conclusione, per riprendere la domanda iniziale, le convivenze sono tante o poche? È vero che la questione della loro tutela è motivata e resa urgente dalla loro ormai vasta diffusione, che coinvolge “milioni di persone”? Penso che il lettore abbia acquisito sufficienti elementi per dare da sé una risposta equilibrata e rispettosa della realtà a tali domande.

Per quanto riguarda la mia risposta, preferisco lasciare la parola al più noto e quotato demografo attualmente vivente in Italia, il professor Massimo Livi Bacci, intervenuto sulla questione con un lungo e interessante articolo su la Repubblica del 23 settembre 2005.

Premesso che la sua posizione è chiaramente e decisamente a favore dell’introduzione dei Patti civili di solidarietà (l’incipit dell’articolo non lascia dubbi: «È sperabile che i Pacs -patto civile di solidarietà dei conviventi – entrino davvero nel programma dell’Unione»), alla domanda su quale potrà essere la diffusione del nuovo istituto così risponde: «I candidati a contrarre un Pacs sono, soprattutto, le coppie di fatto -coppie stabilmente conviventi, con figli o senza — che per ragioni oggettive o decisioni personali non possono o non vogliono contrarre matrimonio, il cui scioglimento è complesso e costoso.

Il numero di queste coppie, in Francia, si aggira sui 2,5 milioni, circa il quadruplo dell’Italia, dove un’indagine Istat nel 2002-03 ne ha stimate 564.000. E’ vero che la tendenza è alla crescita – all’inizio degli anni ’90 queste erano appena 200.000 – soprattutto nel centro-nord e nelle grandi città, ma le dimensioni del fenomeno sono ancora modeste. Se si estendesse l’esperienza francese all’Italia, non più di 10-15.000 coppie farebbero ricorso ai nuovo istituto nei primi anni(8)».

Note

1) La terminologia è in effetti molto varia: da compia o unione o famiglia “di fatto”, più connotati ideologicamente, a “convivenza more uxorio“, usata in campo giuridico; dal desueto “concubinato” alla più vaga “coabitazione”. Nell’uso comune si sta imponendo semplicemente “convivenza”, che per brevità verrà usato anche nel corso dell’articolo, mentre l’Istat usa il termine “libere unioni”.

2) Istat, “Le strutture familiari. Media 2002-2003”, paper della serie Statistiche in breve, pubblicato il 27 ottobre 2004.

3) Ibid, p. 2.

4) I dati e i commenti dell’intera ricerca sono pubblicati in: Pietro Boffi (a cura di), La pastorale familiare in Italia. Una ricerca nazionale a dieci anni dal Direttorio di pastorale familiare, Ed. San Paolo, Cinisello B. (Mi), 2005.

5) I dati di questa ricerca – costituita da una parte quantitativa, curata da B. Vedovati e da una parte qualitativa, curata dal Cisf – sono stati presentati nel corso di un convegno tenutosi presso l’Università Cattolica di Milano il 24 settembre 2005, e sono in corso di pubblicazione presso le Edizioni San Paolo.

6) L’Indagine multiscopo sulle famiglie dell’Istat relativa agli anni 1993-94, a p. 28 afferma: «II fenomeno sembra mantenersi stabile negli anni nelle diverse zone del Paese» (Istat, Famiglia, abitazioni, servizi di pubblica utilità, serie “Argomenti”, n. 6/1996). In effetti, la stessa pubblicazione riporta il dato di 192.000 coppie conviventi nel 1988, pari all’1,3% delle coppie, e per il 1990 stima addirittura una flessione: 183.000 coppie, con percentuale invariata.

7) Questi dati, di provenienza Istat, sono stati riportati su la Repubblica dell’1 marzo 2004, p. 15.

8) La sottolineatura è mia.