La Croce quotidiano 5 febbraio 2015
La pratica dell’espropriazione graduale di terreni altrui è stata spesso definita “la nuova frontiera del colonialismo”, soprattutto nell’ultimo decennio. Siamo abituati a pensare a occidentali ricchi e “cristiani” che sfruttano asiatici e africani poveri e non cristiani. Non che un sopruso sia migliore dell’altro, o che in qualche caso sia giustificabile, ma sappiamo che avviene anche l’inverso, e che il soldo opprima le minoranze cristiane
di Giuseppe Brienza
Il land grabbing, letteralmente «accaparramento di terre», nato come strumento di “neocolonialismo” capitalista, sta portando in Pakistan ed altrove ad espropriazioni sistematiche di appezzamenti di terreno, specie agricolo, abitazioni, ed altre proprietà appartenenti a non-islamici. La denuncia arriva da un attivista pakistano per i diritti umani, l’avvocato Sardar Mushtaq Gill, responsabile dell’Ong LEAD (Legal Evangelical Association Development).
Secondo quanto riportato all’Agenzia Fides, Il fenomeno «è spesso mascherato da casi di blasfemia: tramite false accuse, i cristiani vengono messi in fuga o “eliminati” in contese private che spesso nascondono casi di “land grabbing”».
Ai tentativi di dominazione, come a tutti quelli di matrice totalitaria che hanno punteggiato Il Novecento, laddove non ha subito come in Occidente l’assalto frontale che conosciamo, solo la famiglia fondata sul matrimonio, e quella cristiana in particolare, sta cercando di resistere. Mushtaq Gill ha citato alcune testimonianze in proposito. Per esempio quella di un operaio cristiano pakistano, che viveva nell’area di Pattoki, che aveva lasciato la sua casa per andare a lavorare in una distante fornace di mattoni. Un musulmano ne ha occupato la casa e, solo la sua famiglia, venuta a sapere dell’occupazione illegale, si è battuta per chiederne la restituzione, ricevendone in cambio minacce e percosse.
Non si è comunque arresa, trovando protezione e la possibilità di promuovere un’azione legale. «Ho visto numerosi casi in cui influenti musulmani si appropriano di terreni agricoli appartenenti a famiglie cristiane in Punjab – ha aggiunto l’avvocato Gill –, con la complicità della polizia. Così proprietari terrieri e potenti imprenditori musulmani in Pakistan violano i diritti di famiglie povere e indifese, delle minoranze religiose».
La pratica del land grabbing è venuta alla ribalta nel primo decennio del XXI secolo, ad identificare l’acquisizione su larga scala di terreni agricoli in paesi in via di sviluppo, mediante affitto o acquisto di grandi estensioni agrarie da parte di compagnie transnazionali, governi stranieri e singoli soggetti privati. Sebbene Il ricorso a simili pratiche sia stato largamente diffuso nel corso della storia umana, il fenomeno ha assunto una particolare connotazione a partire dagli anni 2007-2008, quando l’accaparramento di terre è stato stimolato e guidato dalle conseguenza della crisi dei prezzi agricoli di quegli anni.
Ora con Il ricorso anche da parte islamista, l’accaparramento delle terre non è più appannaggio di aziende o governi stranieri che acquisiscono appezzamenti considerati “inutilizzati”, senza il consenso delle comunità che ci abitano o che la utilizzano per produrre Il loro cibo. Dal 2008, cioè dallo scoppio della crisi finanziaria, Il fenomeno del land grabbing sarebbe «cresciuto del 1000%», secondo Oxfam Italia, una Ong specializzata in programmi di sviluppo e cooperazione. Invece di continuare a prendersela solo contro gli investitori che cercano di «fare profitto», sarebbe quindi Il caso di difendere le famiglie anche contro i tentativi di egemonizzazione volti ad imporre la sharī‘a.
E lo diciamo anche al mondo cattolico che, tributario di un anti-capitalismo ideologico, sembra attardarsi ancora su letture dell’attuale crisi che finiscono nell’anti-occidentalismo tout court. Volgere lo sguardo alle “periferie del mondo”, necessiterebbe però anche parlare di quei tanti «proprietari terrieri e potenti imprenditori musulmani che violano i diritti di famiglie povere e indifese», è stato giustamente denunciato sull’Osservatore Romano Il 31 dicembre 2014. Le operazioni di land grabbing hanno successo soprattutto perché si avvalgono della mancata informazione dei grandi media e della disattenzione degli operatori internazionali e dell’Occidente. È così che se ne garantisce l’impunità