Come e perché la Resistenza perse i connotati storici e assunse quelli liturgici di un fenomeno che doveva diventare il mito fondatore del nuovo Stato. Il ruolo politico del Partito Comunista e quello moralizzatore di Giustizia e Libertà/div>
di Giuseppe Parlato
NOTE
2) G. Pisanò, Storia della guerra civile in Italia, 3 voll., FPE ed., Milano 1965-1967
3) Si veda a tale proposito le indicazioni storiche e metodologiche offerte da Guido Quazza nella introduzione al volume che raccoglie gli atti del Convegno di Belluno del 1988, durante il quale Pavone espose la tesi delle tre guerre, prima che uscisse il volume sulla guerra civile; in conclusione, Quazza affermò di preferire al termine “guerra civile”, quello di “guerra di religione” (cfr. G. Quazza, Introduzione a Guerra, guerra di liberazione, guerra civile, a cura di M. Legnani e F. Vendramini, Franco Angeli, Milano 1990, pp. 13-22).
4) Sul passaggio di molti giovani dai Guf alla Resistenza si vedano accenni in S. Cotta, La Resistenza. Come e perché, Bonacci, Roma 1994, pp. 69-70; sull’apporto della sinistra fascista alle strutture del Pci del dopoguerra manca ancora un’analisi complessiva: oltre al lavoro memorialistico di R. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Feltrinelli, Milano 1962, si veda M. Serri, Il breve viaggio. Giaime Pintor nella Germania nazista, Marsilio, Venezia 2002 e, per un’analisi più generale, P. Neglie, Fratelli in camicia nera. Comunisti e fascisti dal corporativismo alla Cgil (1928-1948), Il Mulino, Bologna 1996 e G. Parlato, La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, Il Mulino, Bologna 2000.
5) P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano. La fine del fascismo. Dalla riscossa operaia alla lotta armata, Einaudi, Torino 1973, pp. 168 ss.
6) Sull’interpretazione prevalentemente economica degli scioperi si veda R. De Felice, Mussolini l’alleato. L’Italia in guerra, 2, Crisi e agonia del regime, Einaudi, Torino 1990, pp. 923 ss.; R. Gobbi, Una revisione della Resistenza, Bompiani, Milano 1999, pp. 11 ss.; G. Parlato, Il sindacalismo fascista, II, Dalla “grande crisi” alla caduta del regime, Bonacci, Roma 1989, pp. 160 ss.
7) D. Grandi, Pagine di diario del 1943, a cura di R. De Felice, in “Storia contemporanea”, dicembre 1983, pp. 1069-1070.
8) R. De Felice, Rosso e Nero, a cura di P. Chessa, Baldini e Castoldi, Milano 1995, pp. 55 ss.
9) Si veda soprattutto R. De Felice, Mussolini l’alleato. La guerra civile 1943-1945, Einaudi, Torino 1997, pp. 105 ss.; G.E. Rusconi, Per una revisione storica della Resistenza, in “Micromega”, 1991, n. 5, p. 33.
10) I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Einaudi, Torino 1964, rispettivamente alle pp. 146 e 16. Come ammette anche Giovanni De Luna nella bella introduzione al carteggio fra Giorgio Agosti e Livio Bianco, “le ‘scelte attive’ allora operate da Giorgio e Livio non possono assumersi come ‘rappresentative’ per la maggioranza degli italiani. Nel biennio 1943-45 molti non scelsero affatto; altri scelsero per paura; altri per calcolo” (G. De Luna, Introduzione a G. Agosti, L. Bianco, Un’amicizia partigiana. Lettere 1943-1945, Albert Meynier, Torino 1990, pp. 43-44). Ovviamente ciò non vuol dire, come ricorda ancora De Luna, “cancellare, rimuovere, dimenticare quei pochi che scelsero facendo proprio il motto vichiano del ‘Paion traversie e sono opportunità’?” (p. 43). Naturalmente, da una parte e dall’altra.
11) Cfr. P. Nello, Guareschi, gli Internati Militari Italiani e il Diario clandestino, in Un “Candido” nell’Italia provvisoria. Giovannino Guareschi e l’Italia del “Mondo piccolo”, a cura di G. Parlato, Fondazione Ugo Spirito, Roma 2002, pp. 39 – 58.
12) G. De Luna, Op. Cit., p. 37.
13) Si veda a tale proposito la discussione tra Gian Enrico Rusconi e Renzo De Felice, sulle colonne de “La Stampa”, tra il 14 luglio 1993 e l’8 settembre successivo sul problema del rapporto tra antifascismo e Resistenza e soprattutto sulla interpretazione del fenomeno partigiano.
14) Cfr. le osservazioni sulla fragilità e sulla ambiguità del mito della Resistenza in E. Galli della Loggia, Intervista sulla destra, a cura di L. Caracciolo, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 115-116.
15) E. Erra, Napoli 1943. Le quattro giornate che non ci furono, Longanesi, Milano 1993, pp. 122 ss.
16) E. Erra, Op. cit., pp. 67 ss.
17) R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Einaudi, Torino 1974, pp. 122 ss.
18) Sull’amplificazione retorica delle giornate partenopee e sulla indeterminatezza della loro evoluzione, si vedano le osservazioni di G. Bocca, Storia dell’Italia partigiana, Mondatori, Milano 1995, pp. 71-72.
19) R. Battaglia, Op. cit., pp. 265-267; G. Bocca, Op. cit., pp. 282 ss.
20) Se ne veda un breve accenno in G. Ranzato, Il linciaggio di Carretta. Roma 1944. Violenza politica e ordinaria violenza, Il Saggiatore, Milano 1997, pp. 104-105.
21) Molti di questi interrogativi sono stati discussi in un volume-inchiesta, di sapore prettamente giornalistico, le cui osservazioni e le cui domande non hanno finora trovato risposta: P. Maurizio, Via Rasella, cinquant’anni di menzogne, Maurizio Edizioni, 1996. L’autore, ambiguamente oscillante tra le posizioni di Bandiera Rossa e certe tematiche del neofascismo (Pisanò), pone comunque alcune questioni che finora non sono state neppure affrontate dalla storiografia ufficiale. Sull’argomento si veda anche l’interessante saggio di M. Caprara, Rasella. Una strage cercata, in S. Bertelli, F. Bigazzi, PCI. La storia dimenticata, Mondadori, Milano 2001, pp. 283 ss.
22) P. Paoletti, Sant’Anna di Stazzema. 1944: la strage impunita, Mursia, Milano 1998.
23) Ivi, pp. 104 ss.
24) Ivi, pp. 106-107.
25) Si veda la ricostruzione dell’eccidio alle pp. 157 ss.: “Una compagnia scalcinata e male armata, sotto gli occhi di troppi collaborazionisti e trasportatori risparmiati, conduce un’azione piena di contraddizioni in un’area ristretta e la racconta in un bollettino ingannatore”: si tratta dei titoli dei vari paragrafi in cui si articola il capitolo nel quale l’Autore ricostruisce la strage che, letti di seguito, costituiscono il filo conduttore interpretativo dell’evento.
26) Ivi, p. 123.
27) Ivi, pp. 265 ss.
28) Ivi, pp. 232 ss.
29) Ivi, p. 126. Chi scrive si vide rifiutare, nel 1998, la recensione al volume in questione dalla edizione toscana di un noto quotidiano milanese, perché politicamente inopportuna.
30) G. Agosti, L. Bianco, Un’amicizia partigiana, a cura di G. De Luna, cit., pp.235-236.
31) G. De Luna, Op. Cit., p. 40.
32) D.L. Bianco, Guerra partigiana, raccolta di scritti a cura di G. Agosti e F. Venturi, Einaudi, Torino 1954, pp.148-149.
33) “Personalmente – affermava Bobbio – non sono mai stato comunista per ragioni ideali, ma non sono mai stato comunista per ragioni politiche, perché ci opponevamo, noi azionisti, all’egemonia della Democrazia Cristiana. Essendo laici e di sinistra, non potevamo essere d’accordo con un partito cattolico e conservatore. Dove altrimenti potevamo collocarci?”. Precedentemente, De Felice aveva sottolineato come il non anticomunismo azionista aveva di fatto avallato le posizioni del Pci in termini di egemonia culturale: “Ma siete stati voi, azionisti, che nell’Italia del dopoguerra al vino comunista avete dato il marchio di garanzia, il riconoscimento doc” (cfr. Bobbio – De Felice. La memoria divisa che ci fa essere anormali, a cura di G. Borsetti e P. Chessa, in “Reset”, n. 17, maggio 1995, pp. 19-20).
34) Illuminante a tale proposito la posizione di Livio Bianco e di Aldo Agosti, quale emerge dal carteggio: cfr. G. De Luna, Op. cit., pp. 55-56.
35) S. Cotta, Op. cit., pp. 39-40. Nelle citazioni si usa l’ultima edizione (1994), identica alla prima (Rusconi, Milano 1977) salvo in un capitolo introduttivo. La citazione di Garosci è relativa al saggio Recenti orientamenti della storiografia della Resistenza, in AA. VV., Dal 25 luglio alla Repubblica 1943-1946, a cura di G. Rossini, Torino 1966, p. 468.
36) S. Cotta, Op. cit., pp. 74 ss.
37) G.E. Rusconi, Resistenza e postfascismo, Il Mulino, Bologna 1995, pp. 137-138.
38) Che forse si cominci ad assistere ad una timida inversione di tendenza, lo dimostrano i volumi su episodi locali apparsi recentemente. A mo’ di esempio, se ne ricordano tre: G. e P. Pisanò, Il triangolo della morte. La politica della strage in Emilia durante e dopo la guerra civile, Mursia, Milano 1992; M. Lucioli, D. Sabatini, Roovetta 1945. Storia di una strage partigiana, Settimo Sigillo, Roma 2001; S. Morgan, Rappresaglie dopo la Resistenza. L’eccidio di Schio tra guerra civile e guerra fredda, Bruno Mondadori, Milano 2002.