Fu nella sua lettera ai Romani che S. Paolo pose le basi dell’atteggiamento della Chiesa medievale nei confronti degli ebrei. In essa scriveva: Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio.
di Thomas F. Madden
Prima di esaminare il rapporto della Chiesa Cattolica con gli ebrei nel Medioevo, sarà utile specificare un fatto ovvio eppure spesso trascurato. Ebbene, il Medioevo era medievale. E’ un errore (quello che gli storici chiamano presentismo) giudicare il passato secondo gli standard del presente. In un mondo moderno, post-illuministico, la credenza religiosa è semplicemente una preferenza personale, come il colore preferito. Ma nella maggior parte delle civiltà premoderne la religione è l’aspetto centrale, se non predominante, di un’identità personale e collettiva. Cercare di corrompere o denigrare la religione di una cultura sarà quindi equivalente al tradimento dell’età moderna. In entrambi i casi si penserà che i crimini siano sufficientemente gravi da giustificare la pena di morte.
Tutto questo solo per dire che prima del XIX secolo la tolleranza religiosa non era una virtù. Nessuno dubitava che eretici, bestemmiatori, pagani e infedeli dovessero essere affrontati prontamente per impedire loro di corrompere la fede, sviando altri e attirando la collera divina. Questo era l’atteggiamento degli ebrei nei periodi biblici e anche di cristiani e musulmani nel Medioevo, sebbene le intenzioni e i metodi fossero differenti per ogni religione. Non è troppo sorprendente, allora, che i principali rivali del cristianesimo siano scomparsi dopo essere stato questo nel quarto secolo dichiarato religione ufficiale dell’Impero romano. Ciò che è sorprendente è che uno di quei rivali, l’ebraismo, sia stato oggetto della tolleranza e della protezione da parte della Chiesa. Di conseguenza gli antichi culti di Iside, Mitra e Diana scomparvero senza lasciare traccia, mentre l’ebraismo sopravvive ancora.
Per comprendere l’atteggiamento della Chiesa medievale nei confronti degli ebrei bisogna iniziare con S. Paolo. In quanto apostolo verso i gentili Paolo sosteneva che l’osservanza della Legge mosaica, che comportava cose come le regolazioni alimentari e la circoncisione, non fosse più necessaria. Un nuovo patto aveva soppiantato il vecchio. Infatti S. Paolo ammoniva i cristiani della Galazia per la loro osservanza della Legge, poiché l’osservanza stessa indicava che essi consideravano insufficiente per la salvezza la fede in Cristo (Galati 3, 1-29).
Tuttavia fu nella sua lettera ai Romani che S. Paolo pose le basi dell’atteggiamento della Chiesa medievale nei confronti degli ebrei. In essa scriveva:
Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio.
Se non furono ripudiati allora: … inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta ai pagani, per suscitare la loro gelosia. Se pertanto la loro caduta è stata ricchezza del mondo e il loro fallimento ricchezza dei pagani, che cosa non sarà la loro partecipazione totale!
In altre parole, a causa del loro rifiuto di accettare Cristo gli ebrei hanno reso possibile che i gentili fossero salvati. Paolo è certo però che un giorno gli ebrei vedranno la verità (Romani 11,16-24). Conclude: Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Queste parole divennero il principio informatore dell’atteggiamento dei cristiani nei confronti degli ebrei per molti secoli, ma difficilmente si potevano udire nei primi tre secoli del cristianesimo. Gli ebrei consideravano il cristianesimo come una bestemmia contro Dio e una perversione della loro fede. Nei testi rabbinici del terzo secolo Gesù veniva descritto come un mago in combutta con Satana, Maria come una prostituta e gli apostoli come criminali che meritavano la morte.
Le preghiere quotidiane ebraiche includevano spesso una supplica affinché Dio distruggesse i “settari”, il termine utilizzato per descrivere i cristiani. Le persecuzioni dei romani contro gli ebrei terminarono nel terzo secolo, proprio quando le persecuzioni verso i cristiani cominciavano ad accendersi. Sebbene gli ebrei non fossero responsabili delle persecuzioni dei romani non era insolito che alcuni ebrei vi prendessero parte. Come scrive S. Girolamo, gli ebrei “nelle loro sinagoghe maledicono il popolo cristiano, e mentre ci uccidono essi decretano la loro stessa distruzione nel fuoco eterno”.
La reazione di S. Girolamo non era insolita. La maggior parte dei cristiani era profondamente consapevole dell’antipatia degli ebrei nei propri confronti, tuttavia si attenne saldamente alle parole di S. Paolo. I primi Padri della Chiesa, come Giustino Martire, Tertulliano, Origene, Eusebio, e altri, scrissero trattati contro l’ebraismo, ma nessuno di loro invocò la persecuzione. Invece ammonirono i fratelli cristiani che persistevano nelle pratiche ebraiche (come i Galati di S. Paolo) e dimostrarono che il cristianesimo non era una nuova religione ma il culmine dell’ebraismo. L’ultima affermazione era importante, poiché i potenziali convertiti romani misuravano il valore di una religione in rapporto alla sua antichità.
Le persecuzioni romane del cristianesimo cessarono bruscamente con la conversione dell’imperatore Costantino (312-337). In un lampo il cristianesimo passò da religione clandestina in lotta per emergere a fede dell’aristocrazia. Costantino, che si considerava non solo come imperatore romano ma come il difensore della Chiesa, emise parecchie leggi riguardanti gli ebrei. Proibì la pratica ebraica di lapidare i convertiti al cristianesimo e ordinò agli ebrei di smettere di circoncidere i loro schiavi cristiani. Mise fuori legge anche la conversione dei cristiani all’ebraismo.
Suo figlio, Costante (337-350), mise fuori legge i matrimoni tra ebrei e cristiani. In ogni altro modo, comunque, gli imperatori lasciarono in pace gli ebrei. Mantennero pieni diritti in quanto cittadini, incluso il diritto di professare liberamente.
Nel resto del quarto secolo, le cose rimasero abbastanza stabili tra ebrei e cristiani. Questo non per dire, tuttavia, che non ci fossero tensioni. Le comunità ebraiche erano naturalmente allarmate dall’estensione con cui stavano crescendo in forza e numeri questi “settari”. Entro la fine del quarto secolo l’impero romano era prevalentemente cristiano. Nel 392 l’imperatore Teodosio I (379-395) chiuse l’ultimo dei templi pagani, facendo del cristianesimo la religione ufficiale dell’impero, un voltafaccia notevole, dato che lo stesso impero meno di un secolo prima perseguitava vigorosamente i cristiani. Ciò nonostante Teodosio proseguì la politica di tolleranza verso gli ebrei. Nel 393 dichiarò come gli attacchi alle sinagoghe fossero un grave reato.
Tuttavia la vittoria del cristianesimo continuò ad essere un punto dolente tra gli ebrei. Nelle città con delle considerevoli popolazioni ebraiche vi era molta rabbia diretta verso i nuovi dominatori cristiani. Talvolta ciò conduceva a spargimenti di sangue. Nel 414 ad Alessandria, per esempio, decenni di tensione esplosero quando una folla di ebrei lanciò un attacco ben pianificato contro i fedeli cristiani, uccidendone un gran numero. Le autorità locali risposero espellendo gli ebrei, sradicando una comunità che risaliva alla fondazione della città.
Circa nello stesso periodo in Siria, presso una città chiamata Inmester, una celebrazione ebraica del Purim si trasformò in un minaccioso raduno anticristiano. C’era la pratica di bruciare o appendere a Purim un’effigie di Haman, un nemico degli ebrei. Tuttavia gli ebrei di Inmester rapirono invece un ragazzo cristiano, lo legarono a una croce e lo flagellarono a morte. Il mondo romano fu sconvolto dal crimine. L’imperatore Teodosio II (402-450) rispose escludendo gli ebrei da certe posizioni di governo e proibendo la costruzione di nuove sinagoghe.
Nel Codice di Teodosio furono poste rigide regolamentazioni alla celebrazione del Purim. Ai cristiani veniva anche ordinato di non di non intrattenere rapporti intimi o personali con gli ebrei che potessero condurre a matrimoni misti. Questa legge rispecchiava le restrizioni simili da parte ebraica nei confronti della fraternizzazione con non ebrei. Ciò nondimeno il Codice mantenne certamente i diritti e la cittadinanza degli ebrei e protesse le sinagoghe esistenti.
Fu S. Agostino ad elaborare la seconda base dell’atteggiamento della Chiesa medievale verso gli ebrei. Scrivendo tra la fine del quarto e l’inizio del quinto secolo, Agostino rigettò le affermazioni di alcuni cristiani secondo i quali gli ebrei erano i servi del diavolo. Al centro della filosofia di Agostino sugli ebrei stavano le parole del Salmo 59: “Non ucciderli, perché il mio popolo non dimentichi, disperdili con la tua potenza e abbattili, Signore, nostro scudo”. Gli ebrei, scriveva Agostino, erano chiaramente nel torto. Il corso della storia aveva mostrato che la loro fede e i loro rituali erano stati soppiantati.
Tuttavia essi fungevano da costante ricordo dell’antichità della fede cristiana e del glorioso dono della salvezza che Cristo aveva profuso ai gentili. Aderendo strettamente alle loro scritture gli ebrei erano una testimonianza della veracità del Vecchio Testamento e delle sue profezie sulla venuta di Cristo. Agostino sosteneva che gli ebrei dovessero essere trattati con rispetto poiché essi appartenevano a Dio, che un giorno li avrebbe portati alla pienezza della salvezza.
La caduta dell’impero romano verso la fine del quinto secolo lasciò il caos alla sua veglia funebre allorché le tribù barbariche si accapigliarono sul cadavere smembrato dell’antichità. La caduta dello Stato romano costrinse la Chiesa cattolica a fare un salto nel vuoto, nutrendo il povero, prendendosi cura del malato, organizzando le difese e tentando di costruire qualche tipo di ordine all’interno di tanta confusione. I papi di Roma assunsero presto il diretto controllo della città e della regione, divenendo signori secolari come pure guide spirituali. Lo stesso si verificò con gli altri vescovi dell’Europa occidentale. Così iniziò il Medioevo.
Papa Gregorio I (590-604) scrisse la politica della Chiesa verso gli ebrei nel suo decreto Sicut Iudaeis Non. Come ci si poteva attendere, fu una sintesi del diritto Romano e della filosofia di S. Paolo e di S. Agostino. Gregorio scriveva: “Proprio come nelle loro sinagoghe gli ebrei non dovrebbero essere liberi di fare nulla che non sia permesso dalla legge, così anche in quelle cose loro garantite non dovrebbero subire alcuna violazione dei loro diritti”.
Durante il suo pontificato mise in pratica queste parole intervenendo per proteggere gli ebrei dalla violenza e insistendo perché i riti ebraici venissero rispettati. Tuttavia non aveva alcun potere per costringere i lontani signori barbarici, molti dei quali non erano cattolici, a dar retta ai suoi comandi. Nei suoi domini, tuttavia, Gregorio difese rigorosamente gli ebrei. Infatti, per tutti i mille anni del Medioevo, Roma e gli stati pontifici furono l’unico luogo nell’Europa occidentale dove gli ebrei furono sempre esenti da assalti o da espulsioni.
L’instancabile difesa degli ebrei da parte del papato medievale non veniva sprecata dagli stessi ebrei, che si recavano frequentemente presso il trono di S. Pietro per chiedere giustizia e aiuto contro i loro nemici.
Nonostante i pronunciamenti pontifici in senso contrario, i sovrani secolari e le comunità locali erano talvolta assai ben disposti a perseguitare gli ebrei. I mercanti ebrei che vivevano in città lungo il Mediterraneo si erano affermati efficacemente nel commercio, particolarmente nel commercio degli schiavi. Questo fece in modo di attizzare la legittima indignazione dei barbari, specialmente di quelli recentemente convertiti al cattolicesimo. Nel 612 Sisebut, il sovrano visigoto della Spagna, ordinò agli ebrei del suo regno di rilasciare i loro schiavi e di accettare il battesimo o venire espulsi. In maniera simile nel 629 re Dagoberto dei Franchi ordinò l’espulsione degli ebrei dalle sue terre.
Era naturalmente possibile che i leader della Chiesa accettassero le direttive pontificie riguardanti gli ebrei pur mantenendosi critici nei confronti delle pratiche ebraiche. Nel nono secolo S. Agobardo, vescovo di Lione, scriveva: “Poiché dimorano tra di noi, non dobbiamo essere malevoli verso di loro, né dovremmo minacciare le loro vite, la loro sicurezza o la loro proprietà. Osserviamo la consuetudine stabilita dalla Chiesa, che definisce esplicitamente come noi dobbiamo essere a un tempo cauti ma umani nei nostri rapporti con essi”.
Ciò nonostante S. Agobardo disapprovava fortemente le politiche dell’imperatore Luigi il Pio nei confronti degli ebrei. Era particolarmente contrariato dal fatto che l’imperatore avesse proibito che gli schiavi posseduti dagli ebrei fossero battezzati. Poiché il battesimo obbligava all’emancipazione degli schiavi, questo aveva l’effetto di privare gli ebrei della loro proprietà. S Agobardo sosteneva che il decreto di Luigi negasse la salvezza delle anime, quando l’ovvia risposta era semplicemente quella di pagare gli ebrei per le loro perdite.
S. Agobardo apparentemente aveva stretti contatti con alcuni ebrei, poiché conosceva tutto riguardo il Toledot Yeshu, una raccolta di storie riguardanti Gesù e i suoi discepoli popolare nelle comunità ebraiche medievali. In esso venivano ripetuti molti dei vecchi insulti ma ve n’erano inclusi molti altri nuovi: per esempio che Pietro fosse chiamato “Roccia” a causa della sua ottusità e durezza di comprendonio e che il corpo di Cristo fosse stato semplicemente trascinato via quando era tracimato l’acquedotto di Gerusalemme.
Ma S. Agobardo disapprovava particolarmente il fatto che gli ebrei stessero trasformando l’ebraismo. Sulla base di certi scritti rabbinici stavano adottando nuove credenze e nuove pratiche che egli considerava superstiziose. Fu uno dei primi cristiani ad accorgersi del Talmud, qualcosa che avrà potenti ramificazioni negli ultimi secoli. Ciò nondimeno Agobardo, nonostante le sue numerose critiche, come i papi non sostenne mai la persecuzione degli ebrei.
I secoli successivi furono secoli rovinosi per la Chiesa. L’Europa fu colpita duramente da una nuova serie di invasioni che devastarono quel poco di ordine che era stato ripristinato dalla caduta dell’impero romano. Fu solo nell’undicesimo secolo che la Chiesa poté sollevare la testa sopra le macerie e cominciare la ricostruzione. Il movimento di riforma di quel secolo riprese velocemente vigore, ripristinando il controllo del Papa sulla Chiesa e estirpando gli abusi clericali. I papi si preoccuparono particolarmente della fine della violenza, non solo contro gli ebrei ma contro tutti i non combattenti. Iniziative come la Pace di Dio e la Tregua di Dio furono escogitate dalla Chiesa per arrestare le uccisioni, ma tale sforzo riscontrò un successo limitato.
La rinascita della Chiesa nell’undicesimo secolo permise anche ai cristiani dell’Europa occidentale di fare il punto della posizione del cristianesimo nel mondo intero. Non era un quadro felice. Paesi profondamente cristiani come l’Egitto, la Siria e l’Asia minore erano caduti di fronte agli invasori musulmani. Anche il luogo di nascita del cristianesimo era stato conquistato. Le crociate iniziarono nel 1095, quando Papa Urbano II chiese ai cavalieri della cristianità occidentale di venire in aiuto dei fratelli orientali e di restituire loro le terre conquistate dai musulmani.
Le crociate sono spesso citate come una prima manifestazione dell’antisemitismo europeo. Ciò è semplicemente sbagliato. L’antisemitismo era vivo e vegeto ben prima delle crociate e sarebbe rimasto a lungo dopo che l’ultimo crociato avesse appeso la sua spada. Proprio a partire dalle crociate la Chiesa operò una netta distinzione tra musulmani ed ebrei. In una lettera ai vescovi di Spagna Papa Alessandro II proibiva specificamente a chiunque di equiparare le guerre sante contro i musulmani alla violenza contro gli ebrei. Scriveva: “La questione degli ebrei è affatto differente da quella dei musulmani: gli ultimi si impegnano attivamente nella guerra contro i cristiani; i primi ovunque sono disposti a rimanere in pace”.
Ciò nondimeno, molti ebrei furono uccisi durante le crociate. Nel corso della prima, della seconda e della terza crociata ci furono attacchi forviati, disinformati o cinici verso gli ebrei. La Chiesa si oppose attivamente a questi attacchi e il clero locale intervenne spesso in difesa degli ebrei nelle loro comunità. S. Bernardo di Clairvaux, nel predicare la seconda crociata disse ai soldati di Cristo: “Gli ebrei non devono essere perseguitati, uccisi o anche solo messi in fuga”. Quando un confratello monaco cistercense iniziò ad esortare i tedeschi a distruggere gli ebrei prima di muovere guerra ai musulmani, S. Bernardo si recò personalmente per porvi fine. Come scriveva il rabbino Efraim di Bonn:
Bernardo disse loro [ai crociati]: É bene che voi andiate contro gli ismaeliti [i musulmani]. Ma chiunque colpisca un ebreo per prendere la sua vita, è come uno che danneggia Cristo stesso… “. Quando i nostri nemici udirono le sue parole, molti di loro cessarono di congiurare per ucciderci… Non fosse stato per la misericordia del nostro creatore nel mandarci il summenzionato abate [Bernardo] e le sue ultime lettere, di Israele non sarebbe rimasto alcun alcun resto o vestigia. Benedetto sia il redentore e salvatore, benedetto sia il suo nome.
Le crociate furono una rovina per gli ebrei d’Europa poiché l’entusiasmo religioso che generavano comportava spesso attacchi popolari agli “infedeli” in casa. Ma lo scopo delle crociate non fu mai quello di uccidere gli ebrei.
Il Concilio Laterano IV svoltosi nel 1215 è spesso ricordato per i suoi decreti anti-ebraici. É vero che il concilio escluse gli ebrei da diverse cariche pubbliche, tuttavia questa non fu che una semplice riaffermazione del diritto Romano esistente. Più difficoltosa dal punto di vista moderno fu la richiesta che tutti gli ebrei indossassero dei segni identificativi. Ciò evoca naturalmente le immagini degli ebrei tedeschi costretti dai nazisti ad indossare distintivi di stoffa.
Ma i sacerdoti del XIII secolo non avevano familiarità con le atrocità del XX. I distintivi medievali erano parte di un più ampio tentativo di evitare i comportamenti peccaminosi nella società cristiana. Lo stesso concilio richiese anche ai sacerdoti di indossare un abito identificativo, in modo che anch’essi potessero essere immediatamente identificati. Questo, speravano, avrebbe prevenuto il comportamento indecente o peccaminoso nei confronti (o da parte) dei preti. Per lo stesso motivo, le insegne degli ebrei erano pensate per avvertire i cristiani che inconsapevolmente potessero in qualche modo diventare intimamente familiari con un ebreo, cosa anch’essa proibita dalla diritto Romano.
La crescita delle università nel XIII secolo portò a una crescente familiarità con gli ebrei tra gli intellettuali europei. Questo portò naturalmente gli studiosi cristiani ad esaminare le sacre scritture degli ebrei. Ciò che vi trovarono li preoccupò. Come S. Agobardo diversi secoli prima, scoprirono che la Torah (i primi cinque libri del Vecchio Testamento, in cui fu stabilita l’alleanza tra Dio e il Suo popolo) pareva di taglia esigua rispetto al Talmud. Quest’ultimo consisteva in un altro corpo di leggi, considerato dagli ebrei di eguale antichità rispetto alla Torah, sebbene non messo per iscritto fino ai primi secoli d.C. Il Talmud, quindi, era il mezzo con cui l’ebraismo rabbinico era cresciuto, si era adattato e trasformato.
Tuttavia l’esistenza del Talmud pose un vero problema alla Chiesa. Una delle ragioni della tolleranza nei confronti degli ebrei era la loro testimonianza, e la preservazione, delle sacre scritture del Vecchio Testamento. La presenza del Talmud indicava che non facevano né uno né l’altro. Inoltre se, come credevano i cristiani, l’unica accettabile continuazione dell’ebraismo risiedeva nel Vangelo e nella redenzione di Cristo, di conseguenza questi ultimi scritti dovevano essere falsi. Improvvisamente l’ebraismo apparve molto meno come una testimonianza del passato e molto più un’eresia del presente.
Il Talmud venne portato all’attenzione del papato nel 1239 in modo estremamente vigoroso, quando un ex ebreo, Nicholas Donin, informò Papa Gregorio IX di come esso fosse colmo di errori, bestemmie e eresie. Gregorio spedì una lettera ordinando ai sovrani secolari di confiscare la letteratura ebraica e consegnarla alle autorità ecclesiastiche affinché fosse studiata. L’anno successivo S. Luigi IX di Francia convocò presso la sua corte un concilio di rabbini per difendere il Talmud.
Essi non riuscirono a convincere gli studiosi della Chiesa, i quali conclusero che il Talmud aveva soppiantato la Torah, conducendo il popolo ebraico ad abbandonare la Legge mosaica. Luigi ordinò la confisca delle copie del Talmud a Parigi. Alcuni anni dopo Papa Innocenzo IV, agendo in risposta ai reclami degli ebrei, ordinò una nuova indagine del Talmud. Ma la nuova commissione giunse alla medesima conclusione. Il Talmud era pieno di bestemmie contro Dio e contro la fede cristiana.
A causa di queste conclusioni Innocenzo IV conservò nella legislazione canonica il diritto dei papi di agire per preservare l’ebraismo dall’eresia. All’apparenza ciò può sembrare assurdo, ma era del tutto coerente con la difesa di lunga durata degli ebrei da parte della Chiesa. S. Paolo e S. Agostino concordavano che gli ebrei dovessero essere rispettati, non per qualche anacronistico apprezzamento della diversità religiosa, ma perché erano una testimonianza verso la verità dell’Antico testamento e il popolo eletto che un giorno sarebbe giunto alla salvezza attraverso Cristo.
Il Talmud colpiva il cuore di queste due giustificazioni. D’ora in avanti per i papi difendere gli ebrei non significò solo difendere i diritti degli ebrei e le persone, ma anche la purezza della fede degli ebrei. In pratica, comunque, le confische del Talmud sostenute dalla Chiesa furono rare.
Il XIII secolo portò anche l’espansione dell’inquisizione. L’inquisizione medievale è un grande tema, ma molto poco di esso è in relazione con gli ebrei. Gli inquisitori domenicani generalmente erano attenti a non calpestare i diritti degli ebrei. Quando lo facevano, gli ebrei portavano velocemente le loro lagnanze a Roma e i papi erano altrettanto veloci nell’ammonire gli inquisitori.
L’unico punto in cui l’inquisizione medievale e gli ebrei si incrociarono fu in materia d’apostasia. Secondo il diritto Romano, e quindi il diritto Canonico, era proibito che un cristiano si convertisse all’ebraismo. Il problema era che per tutto il Medioevo le autorità secolari o le popolazioni locali minacciavano frequentemente di attaccare o espellere gli ebrei a meno che non accettassero il battesimo. La maggior parte degli ebrei si spostava, se poteva. Ma molti altri si sarebbero recati al fonte battesimale piuttosto che perdere le loro vite o le loro proprietà.
Quando la persecuzione era cessata, questi ebrei battezzati sarebbero ritornati all’ebraismo o, temendo l’inquisizione, vissuti in un mondo sotterraneo a cavallo delle due fedi. La Chiesa certamente non riconosceva come valida una conversione forzata, purché la persona ripudiasse il battesimo entro un periodo di tempo ragionevole. Tuttavia se qualcuno riceveva il battesimo senza obiezioni, anche se in risposta ad un’implicita o dichiarata minaccia, questo era considerato valido. In altre parole, sebbene i papi si opponessero alla violenza anti-ebraica, se questa conduceva ad un’accettazione silenziosa del battesimo forzato, erano costretti a riconoscere la validità del sacramento. Era quindi il lavoro degli inquisitori accertarsi che questi nuovi cristiani rimanessero cristiani.
Di tutte le istituzioni medievali, la Chiesa rimase la sola in Europa a condannare le persecuzioni degli ebrei. Tuttavia queste si verificarono comunque. L’Inghilterra espulse tutti gli ebrei nel 1290; la Francia nel 1306; la Spagna nel 1492. Gli europei avversavano gli ebrei a causa della loro ricchezza e della natura chiusa della loro società, che sembrava disprezzare i cristiani.
Si credeva comunemente che gli ebrei utilizzassero il sangue dei cristiani nei loro riti, profanassero l’ostia e si dedicassero all’omicidio rituale. I re considerarono in misura crescente gli ebrei come non-soggetti e quindi nocivi per i loro regni. Quando nel XIV secolo giunse in europa la Morte nera, gli ebrei furono accusati di inquinare i pozzi o di attirare lo sfavore divino per mezzo dei loro riti. Nel 1348 Papa Clemente VI pubblicò delle bolle che ripudiavano queste credenze ampiamente condivise, sostenendo che le vite e le proprietà degli ebrei dovessero essere rispettate. Ma queste parole, e quelle dei suoi successori nel XIV secolo, furono ignorate. All’inizio del XV secolo l’unico posto sicuro in Europa per essere un ebreo era nelle terre del Papa.
Potremmo certo desiderare che il rapporto tra la Chiesa cattolica medievale e gli ebrei fosse stato migliore, più amichevole, più moderno. Ma non era moderno, né dovremmo attenderci che lo fosse. E’ stato comunque un rapporto segnato dal rispetto reciproco e da un considerevole grado di tolleranza in un’epoca che conosceva poco di entrambi.
Thomas F. Madden è professore associato e presiede il Dipartimento di storia presso la Saint Louis University.