(…) Leo Moulin, ripete ai credenti una sua convinzione, maturata in una vita di studio e di esperienza: «Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillargli l’imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia (…)
Vittorio MESSORI
Eppure, si è distaccato sì dalle logge massoniche, dove ha militato («Spesso – mi dice – affiliarsi è condizione indispensabile per fare carriera nelle università, nei giornali, nelle case editrici: il mutuo soccorso tra i “fratelli muratori” non è un mito, è una realtà ancora attuale»), ma è restato un laico, un razionalista, di un agnosticismo che confina con l’ateismo.
Mi raccomanda, Moulin, di ripetere ai credenti una sua convinzione, maturata in una vita di studio e di esperienza: «Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillargli l’imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di insistere, dalla Riforma sino ad oggi, ce l’hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzati nell’autocritica masochistica, per neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto».
Femministe, omosessuali, terzomondiali e terzomondisti, pacifisti, esponenti di tutte le minoranze, contestatori e scontenti di ogni risma, scienziati, umanisti, filosofi, ecologisti, animalisti, moralisti laici: «Da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato, senza quasi discutere. Non c’è problema o errore o sofferenza della storia che non vi siano stati addebitati. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci, magari per dar loro manforte. Invece io (agnostico, ma storico che cerca di essere oggettivo) vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se talvolta del vero c’è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perché non chiedere a vostra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da quali pulpiti ascoltate, contriti, certe prediche?». Mi parla di quel Medioevo che da sempre frequenta come studioso: «Quella vergognosa menzogna dei “secoli bui”, perché ispirati dalla fede del Vangelo! Perché, allora, tutto ciò che ci resta di quei tempi è di così fascinosa bellezza e sapienza? Anche nella storia vale la legge di causa ed effetto…».
Penso allo storico di Bruxelles in auto, una mattina qualunque, attraversando l’hinterland milanese. Qui, come in ogni altra periferia urbana, un Dante contemporaneo potrebbe ambientare qualche girone del suo inferno: rumori assordanti, odori mefitici, cumuli di rottami e di rifiuti, acque velenose, marciapiedi ingombri di auto parcheggiate, scarafaggi e ratti, cemento impazzito, brandelli di prato tossico. Ovunque, senti l’ira e l’odio di tutti contro tutti: automobilisti contro camionisti, pedoni contro motorizzati, acquirenti contro venditori, settentrionali contro meridionali, italiani contro stranieri, operai contro padroni, figli contro genitori. Il degrado è nei cuori, prima ancora che nell’ambiente.
Finalmente la mèta, il grande monastero, l’antica casa religiosa. Liberato con sollievo dall’auto, varco il portone. Di colpo, il mondo mi cambia intorno. Un grande, secolare cortile, chiuso su tutti i lati da un porticato che placa l’animo con l’armonia delle arcate. Silenzio, bellezza di affreschi, ritmo di architetture, frescura di ombre. Al di là del cortile, un vasto giardino, ultima spiaggia sui cui alberi si è rifugiato quanto sopravvive e vola nella terra desolata tutto attorno. Nell’accoglienza, poi, dei religiosi senti che è gente che – malgrado tutto – cerca di voler bene, che crede che amare sia ancora possibile.
Con un misto di ironia e di angoscia, penso alle vendette della storia negli ultimi due secoli, popolati da gente diversa ma unita dalla furia di sopprimere i segni cristiani, a cominciare dalle congregazioni religiose; dal bisogno di distruggere, con esse, i loro luoghi di pace e di bellezza, visti come angoli immondi di oscurantismo, ostacoli anacronistici sulla strada per edificare il sognato “mondo nuovo”.
Adesso, eccoli i frutti del promesso domani radioso, al di là del muro che ripara il giardino. In nome dell’umanità, mai mondo fu reso più disumano. Le attese si sono rovesciate: la realtà e la speranza di un mondo più vivibile resistono – ma per quanto? – in questi brandelli religiosi, sopravvissuti (per miracolo, per caso, per ostinazione dei cristiani che ritornano dopo ogni soppressione) alla furia degli “illuminati”. I cui figli e nipoti si rifugiano anch’essi qui, ora, a rimpiangere quanto è stato perduto. E a rallegrarsi che qualcosa si sia salvato dalla rabbia dei distruttori.
Se è dal frutto che si riconosce l’albero, c’è forse qualche conseguenza da trarne, anche per seguire l’ammonimento ai credenti di Moulin, il vecchio storico agnostico: «causa ed effetto…». I nostri scheletri nell’armadio li abbiamo pure noi; e guai a far finta di niente. La realtà cristiana mescola pur sempre il divino e l’umano; casta et meretrix è la Chiesa, secondo il detto dei Padri. E tali, sempre, furono e sono i suoi figli. Ma guardiamoci anche attorno, non più così vergognosi e intimoriti. Non c’è carità possibile senza verità; su di noi e sugli altri.
Vittorio Messori Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana Sugarco 2006 (nuova edizione) p.688