Vanno molto di moda i legami “autentici”, ma è il matrimonio che ci fa misurare con la realtà
Lucetta Scaraffia
Oggi, il matrimonio non è neppure più la cornice – se non indispensabile, almeno desiderabile – per la procreazione di un figlio: sempre più numerosi sono i bambini concepiti al di fuori di esso, e stanno aumentando anche quelli che nascono al di fuori della coppia donna-uomo. Alla separazione fra sessualità e procreazione è seguita subito, come conseguenza, quella fra matrimonio e procreazione, e quindi fra matrimonio e sessualità: il matrimonio, cioè, è stato privato della ragione profonda del suo esistere.
Oggi, liberato di tutti quei condizionamenti che abbiamo percepito come vincoli all’espressione della nostra libertà individuale, è ridotto alla sua sostanza, o meglio a quella che a noi, figli del romanticismo, sembra la sua sostanza: l’“autenticità” dei sentimenti che lo ispirano, l’innamoramento e l’attrazione sessuale che, come ben sappiamo, hanno una breve durata. E non sappiamo più vivere il matrimonio senza queste componenti che la cultura romantica ci ha insegnato essere le sole degne di giustificare un’unione.
Ridotto alla sostanza dell’autenticità del legame, il matrimonio può anche prescindere dalla differenza sessuale, da quella che tutte le società della storia hanno sempre considerato la preziosa fecondità su cui si basava ogni società naturale e storica. E viene privato ancora una volta di una delle sue ragioni di essere essenziali: il confronto con il diverso.
L’illusoria corsa verso la felicità
Ma proprio in questo panorama di crisi e difficoltà, proprio mentre il matrimonio sembra destinato a scomparire a favore di una successione di legami “autentici” liberamente scelti ogni momento, anche a prescindere dalla diversità di genere, che ci viene presentata come una corsa verso la felicità molto allettante – se pure destinata a fallire, la speranza si rinnova sempre – ne possiamo vedere tutto il potenziale positivo.
Il matrimonio è l’unica scelta “per la vita” che ci offre la nostra società: oggi che tutto è labile, che sembra dipendere solo dai nostri desideri, il matrimonio è l’unica esperienza che ci sfida a prendere una decisione profonda e duratura, a intervenire in modo stabile a definire la nostra identità. E’ l’unica occasione che ci si offre per superare una fase adolescenziale – cioè quella in cui non è definito niente, tutti i giochi sono ancora aperti – che oggi si è dilatata bel al di là degli anni della giovinezza, fino a invadere anni un tempo considerati come appartenenti all’età “matura”.
Il matrimonio, definendoci come marito o moglie di quella persona, chiude una porta alle infinite possibilità nuove di definirci, di immaginarci, e ci costringe a misurarci con la realtà. E, proprio per questo, è l’unica scelta che ci permette di fare dei passi in avanti nella conoscenza e nella costruzione di noi stessi, come tutti i confronti veri con la realtà. In sostanza, ci fa uscire da quel ciclo di ripetizioni continue a cui ci riduce la moltiplicazione infinita delle avventure amorose – in fondo sempre uguali a se stesse, o meglio in cui noi siamo uguali a noi stessi – e ci apre finalmente le porte al nuovo, alla scoperta di nuove capacità, nuove debolezze, nuovi pezzi di noi stessi che non conoscevamo. In fondo, il matrimonio è l’unica esperienza, oggi, che ci offre la possibilità di vivere veramente qualcosa di nuovo
(*) Titolo redazionale dell’articolo, dedicato all’argomento matrimonio, apparso insieme ad altri di diverso autore, nell’inserto 1 “CHI (E COME) CI VA A NOZZE. Matrimoni, coppie di fatto, unioni fai-da-te” de Il Foglio quotidiano del 23 maggio 2006.