Mons Ranjith, Liturgia: Concilio si, ma salviamo il passato

santa messaIntervista concessa a Roma (il 22 giugno 2006) ad Antoine-Marie Izoard, dell´agenzia francese Apic I. Media, dal Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti S. Ecc.za Mons. Albert Malcom Ranjith Patabendige Don. 

Interrogato da I. Media, Mons. Malcom Ranjith si è espresso innanzi tutto sulla attuale liturgia della Chiesa : La vita liturgica della Chiesa è il momento particolare nel quale il fedele ha la possibilità di entrare in un rapporto più intimo con il Signore. Nella vita liturgica, il Vangelo e la fede diventano una scelta. La fede non è solo intellettuale, ma diventa qualcosa che attiene al cuore del fedele e conduce ad un impegno. È nell’esperienza liturgica che questo rapporto con il Signore, la fede, si rafforza e si trasforma in vita. Per questo la liturgia è così importante.

Il Concilio Vaticano II ha fortemente auspicato quel rinnovamento, quel aggiornamento, con il quale i fedeli comprendano o cerchino di comprendere ciò che credono, per essere poi convinti di ciò che credono e cerchino di vivere tale fede nel quotidiano. È per questo che la liturgia dovrebbe essere il veicolo di questo rinnovamento. Ma, sfortunatamente, dopo il Concilio sono stati realizzati certi cambiamenti poco ponderati, con rapidità, con entusiasmo e col rigetto di certe esagerazioni del passato. Questo ha condotto ad una situazione opposta a quella che ci si augurava.

Può farci qualche esempio ?

Si può constatare che la liturgia ha preso delle direzioni sbagliate, come l´abbandono del sacro e della mistica, la confusione tra il sacerdozio comune [dei fedeli] e quello consacrato con una vocazione specifica, in altri termini la confusione tra il ruolo dei laici e quello dei preti. Vi è poi quel modo di concepire l´Eucaristia come un comune banchetto piuttosto che porre l´accento sulla memoria del Sacrificio di Cristo sul Calvario insieme con la sua efficacia sacramentale per la salvezza; certi cambiamenti, poi, hanno condotto a svuotare le chiese protestantizzandole …

Questi cambiamenti di mentalità hanno indebolito il ruolo della liturgia, invece di rafforzarlo. Non era questa l´intenzione della Sacrosanctum Concilium [la costituzione conciliare sulla liturgia]. Essa voleva che la liturgia fosse partecipativa, approfondita, può vicina alla Parola di Dio e al significato della catechesi.

Tutto questo ha causato altri risultati negativi per la vita della Chiesa. Per fronteggiare il progresso del secolarismo nel mondo, non dobbiamo diventare dei secolaristi anche noi, dobbiamo invece approfondire ancor più [la nostra fede], poiché il mondo ha sempre più bisogno dello Spirito, dell’interiorità.

Abbandonando certi aspetti [della liturgia] abbiamo perduta un´occasione. Presso i giovani di oggi, compresi i giovani preti, si nota chiaramente una nostalgia del passato, una nostalgia per certi aspetti perduti. In Europa vi è un risveglio molto positivo.

Cosa può fare la Congregazione per il Culto Divino in questo senso ?

Vogliamo ricordare a tutti, soprattutto ai responsabili come i vescovi, le commissioni liturgiche o i ricercatori, che non bisogna dimenticare questi aspetti. Non diciamo che occorra abbandonare completamente le acquisizioni del Concilio, come l´uso del volgare, l´uso sostanziale delle Sacre Scritture … Ma, rafforzando ciò che abbiamo guadagnato a partire dal Concilio, occorre rafforzare anche le acquisizioni del passato.

Questo significa che il Messale preconciliare di San Pio V dev’essere nuovamente riconosciuto ?

Questa domanda è sempre più pressante. Il che dimostra anche che certuni vorrebbero ottenere tale riconoscimento. La Chiesa a questo punto deve essere sensibile a queste urgenze sentite dalla gente e deve riguadagnare certi aspetti della liturgia del passato. Io non so se questo debba assumere la forma dell’approvazione del Messale di San Pio V o quella del rinnovamento del Messale attuale. Il Papa conosce tutto questo, conosce queste questioni, egli ha piena coscienza della situazione, sta riflettendoci, e noi aspettiamo le sue indicazioni.

Il Messale di San Pio V è stato realmente invalidato dopo il Concilio Vaticano II ?

Non è mai stato abolito o bandito. Ma a causa di ciò che è accaduto con i fedeli di Mons. Lefebvre, la Messa di San Pio V ha assunto una certa identità che non è quella giusta.

Questo significa che la Chiesa, in qualche maniera, dovrebbe recuperare il Messale di San Pio V ?

Quello che stiamo aspettando è che il Papa decida in proposito. Anche se si recupera la Messa di San Pio V, la Messa postconciliare di Paolo VI deve essere studiata bene e perfezionata laddove è possibile. È quello che certuni chiamano la riforma della riforma. Se si approva nuovamente la Messa di San Pio V, questo non significa che quella di Paolo VI rimarrà inalterata. Occorre approfondirla ancora, per farla diventare ancora più bella, più trascendente.

Vi è l´urgenza di assumere tali decisioni ?

Quando si pressa per prendere delle decisioni si cade nell’errore. Occorre riflettere molto, e soprattutto occorre pregare per il Santo Padre e la Chiesa, ed ascoltare ciò che il Signore vuole da noi. Senza emozioni, ma con assoluta obiettività: guardando al passato, a ciò che abbiamo guadagnato, agli errori commessi, cercando il modo per ritrovare quegli aspetti perduti. Noi ci auguriamo che la cosa accada il prima possibile, ma senza premura. I vescovi sono chiamati a diventare dei pastori, che amano il loro popolo.

Questo amore dei pastori deve tradursi nel gran desiderio di essere gli agenti di salvezza per i propri fedeli, non solamente una salvezza politica o relativa agli aspetti umani della vita, ma una salvezza anche interiore e profonda. Questo amore deve esprimersi necessariamente nella gioia di consacrarsi ad una vita liturgica gioiosa, mistica e sacra.

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da “Il Giornale“, 1 luglio 2006

L’ARCIVESCOVO RANJITH

“La messa del Concilio va corretta”

Il ministro della liturgia: serve un passo indietro

Il rito preconciliare “non è fuorilegge” e molti giovani preti oggi lo celebrano. La riforma liturgica voluta dal Concilio necessita di “una correzione”: “non è mai decollata” e le sue due principali novità, l’altare girato verso il popolo e l’abolizione del latino, “non si trovano nei testi del Vaticano II”. Sono parole che pesano quelle pronunciate dall’arcivescovo Albert Ranjith Patabenge (sic, ndr) Don, segretario della Congregazione del culto divino.

Un prelato cingalese amico di Ratzinger, che il Papa ha voluto nominare nel dicastero che si occupa di liturgia.Ranjith ha rilasciato nei giorni scorsi un’intervista al quotidiano francese La Croix e ha spiegato come le discussioni e le divisioni sulla liturgia siano un fenomeno occidentale: “In Asia – ad esempio nello Sri Lanka, il mio Paese – ogni persona, qualsiasi sia la religione che professa, è convinta che l’uomo ha bisogno di essere elevato verso l’aldilà. Questo non lo si può fare abbassando il senso del divino al livello dell’uomo, ma al contrario, cercando di innalzare l’uomo al livello soprannaturale”.

Dunque la liturgia non va banalizzata, ma deve invece introdurre l’uomo nel mistero. “Non si tratta – ha spiegato l’arcivescovo – di essere anticonciliari o postconciliari né conservatori o progressisti. Io credo che la riforma liturgica non sia mai decollata”.

I cambiamenti, ha precisato Ranjith, vanno introdotti “in maniera organica, tenendo conto della tradizione, e non in modo precipitoso”, lasciando ben intendere, in questo modo, il giudizio negativo sulla fase applicativa della riforma, che ha cambiato radicalmente la messa cattolica in pochissimi anni.

Oggi le grandi discussioni in materia liturgica vertono attorno alla lingua da usare (le lingue nazionali o il latino) e la posizione del sacerdote, rivolto verso il popolo o rivolto insieme al popolo verso Dio, ha spiegato Ranjith. “Ebbene – ha continuato – in nessuna parte della costituzione conciliare sulla liturgia si dice che il prete debba essere rivolto verso il popolo né che gli sia proibito l’uso del latino. Su questi punti noi attendiamo che il Papa ci dia delle indicazioni”.

Ranjith è oggi certamente il più stimato collaboratore di Benedetto XVI in questa materia e le sue affermazioni significano che Ratzinger è in procinto di emanare qualche disposizione in proposito, liberalizzando l’antico rito. [AnTor]

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