Un contributo alla storia del conflitto fra Chiesa cattolica e nazionalsocialismo
di Ermanno Pavesi
Rosenberg accusa la Chiesa cattolica di aver diffamato per anni Der Mythus davanti al popolo tedesco e in tutto il mondo. «Nel 1934 è intervenuto il capo stesso della Chiesa romana e ha messo il mio scritto all’indice, mettendomi insieme a una compagnia ricercata e squisita. […] questa proibizione è stata ripetuta migliaia di volte in tutti i convegni ecclesiastici, fino a quando nel 1934 la conferenza episcopale a Fulda ha lanciato su di me la maledizione di tutti i fedeli romani» (86).
Effettivamente la Chiesa cattolica tedesca guarda con preoccupazione all’attività di Rosenberg e ai suoi successi, in quanto proprio le sue tesi contraddicono le dichiarazioni ufficiali di rispetto delle Chiese cristiane e i richiami a un cristianesimo positivo da parte del governo del Reich.
Già nell’ottobre del 1933 una nota dei vescovi tedeschi sul Concordato e sulla situazione della Chiesa in Germania denuncia il ruolo dell’opera Mein Kampf, «La mia battaglia»,di Hitler e di Der Mythus nella formazione degl’insegnanti e le devastazioni provocate da quest’ultimo nei cuori dei giovani insegnanti (87).
Il governo tedesco sostiene a lungo che Der Mythus esprime solamente il pensiero personale di Rosenberg, ma la sua nomina a tutore della purezza ideologica del partito e di tutte le associazioni collegate e, quindi, a ideologo del regime conferisce anche alla sua opera un’importanza particolare. La Santa Sede reagisce tempestivamente: il 24 gennaio 1934 Rosenberg ottiene il nuovo incarico e già il 7 febbraio Der Mythus viene messo all’Indice.
In marzo viene costituito, presso la diocesi di Colonia, un Ufficio di Difesa contro la Propaganda Anticristiana Nazionalsocialista e alcuni studiosi cattolici contribuiscono alla stesura di uno scritto per confutare scientificamente le tesi di fondo di Der Mythus.
In ottobre vengono pubblicati, sul bollettino ufficiale della diocesi di Münster e successivamente anche nelle altre diocesi, gli Studi sul Mito del secolo XX (88). Nel marzo del 1935 Rosenberg prende posizione contro le critiche con un nuovo scritto intitolato Agli oscurantisti del nostro tempo. Una risposta agli attacchi contro «Il mito del secolo XX».
Rosenberg respinge alcune critiche contenute negli Studi sul Mito del secolo XX, ma fa una precisazione di principio sorprendente: «Prima di tutto, a proposito di tutte le critiche, si deve fare una dichiarazione e cioè che quanto io sostengo nel mio “Mito del secolo XX” e quanto considero assolutamente necessario per la nostra epoca continuerebbe ad avere tutto il suo valore anche se tutte le prove storiche venissero confutate in tutti i loro punti. Si può senz’altro enunciare una dottrina giusta per un’epoca e un impeccabile piano per l’elevazione spirituale del presente e del futuro e nello stesso tempo sbagliare un certo numero di paralleli storici o di affermazioni di carattere storico» (89).
Si tratta di una tesi molto singolare. In Der Mythus Rosenberg accusa ripetutamente la Chiesa di aver represso la scienza e la ricerca, e pretende di fondare le sue tesi su prove storiche, ma la confutazione delle sue prove non dovrebbe inficiare minimamente la validità delle sue tesi.
Rosenberg lamenta che la confutazione di Der Mythus non venga discussa solamente in ambienti specialistici, ma venga diffusa sistematicamente e capillarmente con campagne su larga scala: «Questi “Studi” sono dunque l’arsenale principale di tutti gli scrittori, predicatori cattolico-romani e di giornali e riviste vicine al Zentrum, e gli argomenti, che partono sistematicamente da una centrale, risuonano migliaia di volte fino nella più piccola parrocchia e vengono ripetuti fedelmente dalla stampa mondiale di tutti gli Stati» (90).
Rosenberg critica con decisione il fatto che la Chiesa cattolica abbia respinto la sua richiesta di prendere le distanze dal Vecchio Testamento e dalle radici ebraiche del cristianesimo: «Ma essa difende con tutte le forze tutto l’ebraismo. […] Questi passi a difesa dell’ebraismo sono ancora più patetici delle altre omissioni. Si afferma che alla “Sacra Scrittura” appartengono tanto il Nuovo quanto il Vecchio Testamento. E se in un antigiudaismo falsamente inteso si dovesse pretendere un cristianesimo senza Vecchio Testamento, si troverebbe nella Chiesa cattolica un’“avversaria inconciliabile”. La Chiesa non può non dichiarare di non poter rinunciare al Vecchio Testamento senza rinunciare a sé stessa» (91).
La reazione della Chiesa non si limita a dispute teologiche; il dissenso si manifesta anche pubblicamente nelle poche forme ancora possibili, garantite dal Concordato del 1933. Per esempio, assumono un significato particolare pellegrinaggi e festività religiose, in particolare la festa di San Giorgio il 23 aprile, la Giornata della Gioventù la domenica della Santissima Trinità, la festa di San Michele il 29 settembre e la festa di Cristo Re in ottobre (92), fatto deprecato da Rosenberg: «Proprio negli ultimi due anni la propaganda per “Cristo Re” è stata fatta con un’energia come non era mai successo, e oggi che la parola Führer in Germania è usata ovunque, anche i prelati del Zentrum parlano del loro “massimo Führer Gesù Cristo” e applicano tutti i concetti dello Stato nazionalsocialista e del nuovo pensiero ideologico a Gesù Cristo» (93).
Con il pretesto che l’attività della Chiesa cattolica minaccia la pace religiosa lo scritto Agli oscurantisti del nostro tempo. Una risposta agli attacchi contro «Il mito del secolo XX» si chiude con la richiesta di una limitazione dello spazio vitale per i fedeli cattolici: «Qui sarà necessario che lo spazio vitale della minoranza cattolico-romana venga garantito e contemporaneamente limitato con adeguata sicurezza e coerenza, per evitare le continue provocazioni contro la Germania e per garantire finalmente la pace religiosa disturbata da questi discorsi e scritti provocatori» (94).
11. «Protestanti in pellegrinaggio a Roma»
Pochi mesi dopo la pubblicazione di Agli oscurantisti del nostro tempo. Una risposta agli attacchi contro «Il mito del secolo XX» Rosenberg ultima un nuovo scritto, dedicato ai critici protestanti di Der Mythus. Come viene spiegato nella prefazione del 1937, Rosenberg ne ha rimandato per anni la pubblicazione per non deteriorare ulteriormente le relazioni con avversari protestanti, nella speranza di una resistenza più morbida o addirittura di una svolta in senso nazionalsocialista.
Gli sviluppi degli anni successivi lo hanno però spinto alla pubblicazione del testo, aggiornato alla situazione del momento. Non si può non ricordare che anche in quest’opera, dedicata alle resistenze in campo protestante, Rosenberg non risparmia nuovi pesanti attacchi alla Chiesa cattolica, per cui questo scritto sembra in alcuni capitoli un aggiornamento di Agli oscurantisti del nostro tempo. Una risposta agli attacchi contro «Il mito del secolo XX», e la critica fondamentale rivolta verso i suoi avversari protestanti è proprio quella di recarsi in pellegrinaggio a Roma, di accodarsi alla Chiesa cattolica.
Rosenberg accusa i suoi avversari protestanti di tradire l’eredità di Martin Lutero (1483-1546), di vedere l’essenza della Riforma unicamente nella fedeltà al Vecchio Testamento e non nella rivolta del sangue nordico contro la concezione romano-orientale del cristianesimo. Per Rosenberg la fedeltà a Lutero richiederebbe piuttosto il rifiuto del Vecchio Testamento, della teoria di un Dio creatore, del peccato originale, della necessità di redenzione dell’uomo. L’uomo germanico sarebbe per natura nobile e non contaminato da un peccato originale; peccaminoso sarebbe piuttosto il tentativo d’ispirargli complessi d’inferiorità e un atteggiamento di soggezione attraverso la dottrina del peccato originale.
Per quella che ho chiamato “germanizzazione del cristianesimo” gli attuali “Dottori e Vescovi” non hanno maggior comprensione dei Papi a Roma, poiché per la loro brama clericale di potere lavorano di nuovo alla ebraizzazione del cristianesimo e vedono in questo la santità della loro casta» (95).
Rosenberg critica in modo ancora più duro l’atteggiamento di quei protestanti che respingono un’alleanza con i cristiano-tedeschi e la loro concezione völkisch; simpatizzano piuttosto con la Chiesa cattolica e condannano gl’interventi nazionalsocialisti contro il «cattolicesimo politico» considerandoli come una persecuzione religiosa. Rosenberg cita ampiamente una presa di posizione della Chiesa Confessante protestante dopo il decreto del ministro dell’Interno prussiano, Hermann Göring (1893-1946), del luglio del 1935, contro le presunte attività del «cattolicesimo politico».
«Crediamo che non solo quel decreto contro il “cattolicesimo politico” ma anche contro la Chiesa cattolica nella situazione attuale ci riguardi molto da vicino, poiché — a parte il fatto che un decreto simile potrebbe colpire ogni giorno la Chiesa Confessante e che lo stesso decreto potrebbe essere applicato contro la Chiesa Confessante — la lotta della Chiesa cattolica è attualmente la stessa di quella della Chiesa Confessante. Talvolta, nel passato, la Chiesa evangelica ha preso posizione contro la Chiesa cattolica; nel frattempo i fronti si sono spostati, si sono capovolti,… così, al momento, le differenze fra le Chiese evangelica e cattolica si sono sopite al cospetto di un fronte comune. Ai tentativi di accattivarsi la simpatia avvenuti occasionalmente e in modo confidenziale e agli ammiccamenti significativi da parte tedesco-cristiana e tedesco-pagana, che dovevano all’incirca significare che ci dobbiamo unire e, unendo le forze, possiamo schiacciare Roma in Germania, possiamo solo rispondere: Con voi e con i vostri metodi e con le vostre intenzioni e prospettive assolutamente no! Noi abbiamo un rispetto troppo elevato della saldezza e della fedeltà dei fedeli cristiani cattolici, così come del vescovo di Münster, per poter aderire attualmente anche solo da lontano a una simile richiesta.
«[…] Siamo profondamente convinti che nella battaglia condotta oggi in Germania dalla Chiesa cattolica non si tratta di una questione politica ma di una questione autenticamente religiosa, e che la Chiesa cattolica, di fatto, annuncia Cristo. Per amore di verità non esitiamo a dichiarare che la Chiesa cattolica in Germania è una Chiesa Confessante. Né da una parte né dall’altra (forse solo i cristiani tedeschi con la loro Chiesa Nazionale) si è mai pensato che il protestantesimo e il cattolicesimo un giorno potrebbero costituire una sola Chiesa; però incomincia a delinearsi una solidarietà fra le due Chiese di fronte a un tentativo che diventa sempre più manifesto di estirpare la fede cristiana in Germania o, in altri termini, di lasciar morire la Chiesa cristiana in Germania di una morte lenta» (96).
Rosenberg cita anche un appello del vescovo luterano Hans Meiser (1881-1956), pubblicato nel bollettino della Chiesa evangelico-luterana in Baviera alla destra del Reno: «Noi crediamo in una Chiesa santa cattolica e apostolica, che Dio il Signore chiama da tutti popoli e da tutte le razze, e attendiamo il suo giorno, in cui tutti quelli che credono in Gesù saranno un solo gregge sotto di lui, il Pastore. Fino ad allora noi ci atteniamo alla professione di fede della nostra Chiesa luterana, poiché è tratta dalla parola di Dio e in quella è fondata bene e saldamente. Però non osiamo santificarci in una Chiesa Nazionale Tedesca antiromana!» (97).
Rosenberg ha ancor meno comprensione per quei protestanti che si sentono attratti dall’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti del nazionalsocialismo, come nel caso di Karl Thieme (1902-1963), autore di Cristiani evangelici tedeschi in cammino verso la Chiesa cattolica: «L’autore [Karl Thieme] descrive il “crollo della Chiesa dei teologi” in Germania, l’avvento dei “cristiano-tedeschi”, il presunto “cedimento” del Protestantesimo di fronte a un’“élite combattiva” che aspira a un pensiero conforme alla razza, che “ha conquistato nel popolo tedesco il potere politico”. Chiesa sarebbe ora solo “la personalità popolare nordico-tedesca” non il “corpo totale sovrapersonale”. E l’autore vede in questo crollo — che è anche suo — il montare della “verità cattolica”. Assieme ai suoi compagni si sente “il vero erede del cristianesimo riformatore” e spera nel “rientro nella madre Chiesa, che sola ha conservato la fede genuina” anche per i futuri zelanti della conversione. Thieme definisce questa evoluzione “La fine di un’eresia”» (98).
12. Conclusioni
Nel discorso già ricordato, La lotta per la Weltanschauung, Rosenberg sottolinea: «Siamo orgogliosi perché l’opera della Rivoluzione nazionalsocialista non è si è conclusa, e perché vi sono ancora grandi compiti per la nostra ma anche per molte generazioni future.
«Nel campo più ristretto della Weltanschauung, della filosofia e della vita religiosa sono in atto lotte profonde e sconvolgimenti» (99). Queste «lotte profonde» nell’ambito della vita religiosa non vengono sempre prese nella debita considerazione. Per esempio, Mommsen parla di una «politica delle punzecchiature» del nazionalsocialismo nei confronti delle Chiese (100).
Segnalo solamente qualche esempio della politica nazionalsocialista nei confronti della Chiesa cattolica, già nei primi anni del regime. Il Concordato fra il governo nazionalsocialista del Reich del 1933 ha protetto per un certo periodo le organizzazioni cattoliche, ma le attività delle organizzazioni giovanili, che nel 1933 contava 1 milione e 400 mila membri in 28 organizzazioni diverse, vengono progressivamente limitate.
L’ordinanza di polizia del 23 luglio 1935 vieta ogni attività che non sia di natura strettamente religiosa. «In particolare venne proibito: indossare uniformi, vestiti che assomiglino a uniformi e capi di abbigliamento che appartengono a un’uniforme; portare distintivi, marciare e camminare in formazioni compatte, fare campeggi; portare in pubblico stendardi e bandiere, se non quando si partecipi a processioni e a celebrazioni religiose di lunga tradizione; svolgere ogni attività sportiva e di addestramento a essa» (101).
La Gioventù Cattolica viene sciolta dalla Gestapo, la Geheime Staats-Polizei, la «Polizia Segreta di Stato», nel 1937 a Paderborn, a Münster, a Treviri e a Limburg, nel 1938 a Colonia e ad Aquisgrana, e nel 1939 in tutto il Reich (102). Anche la stampa cattolica viene repressa progressivamente: «Dei 435 periodici cattolici [nel 1933] ne rimangono nel luglio 1943 solo 7» (103).
Già nell’enciclica Mit brennender Sorge, del marzo del 1937, Papa Pio XI denuncia «dolori e persecuzioni» (104) che devono patire i cattolici per la loro fedeltà alla Chiesa, alcuni dei quali vengono «incarcerati e mandati ai campi di concentramento» (105). Questi provvedimenti non possono essere messi sullo stesso piano dei crimini nazionalsocialisti contro la vita: definirli però come espressioni di una «politica delle punzecchiature» sembra una minimizzazione decisamente infondata.
Si possono certamente citare dichiarazioni di Rosenberg che vantano il merito del nazionalsocialismo come salvatore delle comunità religiose dall’ateismo marxista e come garante della libertà religiosa. In tali dichiarazioni viene però nettamente limitato l’ambito d’azione della Chiesa: «Noi crediamo che le Chiese […] avrebbero ogni motivo […] per dimostrare la loro profonda gratitudine, poiché è loro possibile predicare indisturbatamente nelle loro chiese» (106).
Ma lo stesso diritto di predicare «nelle» chiese non è incondizionato: «Il NSDAP ha sempre dichiarato di avere la volontà di riconoscere e di proteggere ogni professione autenticamente religiosa, che non sia contraria ai valori germanici» (107). Se una fede è autentica, se non è contraria ai valori germanici e può essere riconosciuta dallo Stato, viene deciso dai funzionari del partito.
L’approfondimento di Der Mythus è indispensabile per la comprensione dell’ideologia nazionalsocialista. Rosenberg presenta la sua teoria della razza, che non è solamente biologica, ma comprende anche la dimensione spirituale. Il problema della razza viene esteso quindi alla questione dell’avvelenamento dell’anima nordica da parte d’influenze estranee, rappresentate soprattutto dal cristianesimo e, in particolare, dalla Chiesa cattolica.
E proprio la Chiesa cattolica denuncia tempestivamente i pericoli dell’ideologia nazionalsocialista e gli equivoci della nuova religiosità: «Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’universo, materializzando Dio nel mondo e deificando il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti.
«Né è tale chi, seguendo una sedicente concezione precristiana dell’antico germanesimo, pone in luogo del Dio personale il fato tetro e impersonale, rinnegando la sapienza divina e la sua provvidenza» (108).
Viene denunciata pure la negazione del diritto naturale e la proclamazione del principio secondo cui «Diritto è ciò che è utile alla nazione» (109), dal momento che questo «[…] significherebbe, per quanto riguarda la vita internazionale, un eterno stato di guerra tra le nazioni» (110). E gli esponenti del nazionalsocialismo vengono indicati come «i rinnegatori e i distruttori dell’Occidente cristiano» (111).
Note
Studio ampiamente anticipato con il titolo Alfred Rosenbergs «Mythus des 20. Jahrhunderts» und seine Gegner. Ein Beitrag zur Geschichte des Konfliktes zwischen Katholischer Kirche und Nationalsozialismus, I, in Vobiscum. Publikationsorgan des Erzbistums Vaduz (Liechtenstein), anno 6°, n. 2, 2004, pp. 32-43; e II, ibid., anno 6°, n. 3, 2004, pp. 24-35.
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(1) Cfr. Alfred Rosenberg, Der Mythus des 20. Jahrhunderts. Eine Wertung der seelisch-geistigen Gestaltenkämpfe unserer Zeit, Hoheneichen, Monaco di Baviera 1930; l’opera — mi servo della 177a-182a ristampa del 1941 — si apre con l’indice (pp. I-XXI) e con l’introduzione (pp. 1-18), si articola in tre libri — Das Ringen der Werte, «La lotta per i valori» (pp. 19-274), Das Wesen der germanischen Kunst, «La natura dell’arte germanica» (pp. 275-450), e Das Kommende Reich, «Il “Reich” venturo» (pp. 451-702) — e si chiude con un indice delle cose e dei nomi (pp. 703-712); mi servo pure — talora con qualche modifica — della trad. it. della prima delle tre parti, Il mito del XX secolo. La lotta per i valori, con nota introduttiva di Carlo Romano, Edizioni del Basilisco, Genova 1981.
(2) Cfr. Houston Stewart Chamberlain, Die Grundlagen des Neunzehnten Jahrhunderts, F. Bruckmann K.-G., Monaco di Baviera 1899.
(79) Ibidem.
(97) Cit. ibid., p. 16.
(98) Ibid., p. 22.
(99) Idem, Der Kampf um die Weltanschauung, cit., pp. 39-40.