di Anna Bono
Si è conclusa a Nairobi, Kenya, la settima edizione del World Social Forum, l’evento nato nel 2001 a Porto Alegre, Brasile, su iniziativa delle varie anime del movimento no global (terzomondismo, ecocatastrofismo, femminismo antagonista) come alternativa al Forum che ogni anno raccoglie a Davos i protagonisti mondiali dell’economia e della finanza.
L’elenco dei valori da tutelare e dei traguardi da raggiungere comprende tutti gli obiettivi per i quali finora si è battuto con successo l’Occidente. Tuttavia l’idea guida del vertice è che, per consentire a tutto il mondo di condividere le condizioni di vita dell’Occidente, sia indispensabile abbandonare il suo modello economico liberista e di mercato, nell’incrollabile convinzione che fulcro di quel sistema siano la rapina e lo sfruttamento del resto del pianeta: dei suoi uomini e delle sue risorse naturali.
Quest’inganno globale, per funzionare, conta sull’ingenuità e sull’ignoranza dei poveri: fa appello ai diritti umani, senza rivelare che si deve all’Occidente la loro formulazione, e promette prosperità e benessere non appena Stati Uniti, Israele e i Paesi alleati saranno privati della forza grazie alla quale riescono a soddisfare la loro sconfinata avidità. Centinaia di gruppi di lavoro hanno elaborato nel dettaglio queste originali teorie. A proposito dell’Aids, per esempio, la sindacalista kenyana Wahu Kaara si è incaricata di una folgorante sintesi: «Un’Africa senza Aids è possibile, non ci dicano che è solo una malattia. Sappiamo che è anche uno strumento di controllo economico. Il troppo è troppo e ora vogliamo dirlo al mondo».
Secondo l’agenzia di stampa Misna, che ha seguito direttamente il vertice, un pubblico di migliaia di persone ha accolto l’annuncio esultante, cantando e ballando. Di fronte a questa e a innumerevoli altre esternazioni, fare dell’ironia viene spontaneo. Ma i problemi di cui si parla sono reali.
L’ironia lascia quindi il posto all’amarezza e all’indignazione quando si leggono testimonanze come, ad esempio, quella delle donne che vivono negli slum di Nairobi privi d’acqua: «Nel mio quartiere l’acqua non è ancora un diritto e per questo oggi chiediamo che sia gratuita anche in tutte le baraccopoli». Chi mai può averla illusa che da qualche parte nel mondo esistano case dotate di rubinetti da cui fluisce acqua potabile senza che ciò abbia un costo?
Spiace constatare che, tra i convenuti al vertice, quest’anno gli italiani fossero tra i più numerosi. Inoltre lo stesso governo italiano vi ha presenziato nella persona di Patrizia Sentinelli, vice-ministro degli Esteri con delega alla cooperazione e all’Africa subsahariana, fiera di partecipare questa volta in nome del popolo italiano, dopo essere andata alle precedenti edizioni a titolo privato. Alla Sentinelli si deve – a quanto pare – il fatto che il governo italiano abbia contribuito all’evento con un finanziamento (Misna, 20-1-2007).
Inoltre il vice-ministro ha colto l’occasione per firmare il documento di cancellazione del debito bilaterare contratto dal Kenya con l’Italia, per un importo pari a 44 milioni di euro, riconvertiti in fondi di investimento per lo sviluppo.
La decisione italiana è stata particolarmente gradita dalle autorità kenyane, che nel 2005 avevano protestato per non essere state incluse tra i 27 Paesi ai quali il G8 aveva concesso la cancellazione del debito estero. Evidentemente il governo italiano ha ritenuto di poco conto il fatto che negli anni trascorsi il Kenya non abbia fatto passi avanti nella lotta alla corruzione e che anzi si siano volatilizzati persino i milioni di euro messi a disposizione dalla comunità internazionale per istituire una commissione anti-corruzione.