Conte Joseph De Maistre (1753-1821)
L’azione degli esseri liberi sotto la mano divina è quanto di più ammirevole esista nell’ordine universale delle cose. Liberamente schiavi, essi operano secondo volontà e necessità insieme; fanno realmente quel che vogliono, ma senza poter disturbare i piani generali. Ognuno di questi esseri occupa il centro di una sfera di attività, il cui diametro varia a piacere del geometra eterno, che sa estendere, restringere, arrestare o dirigere la volontà, senza alterare la sua natura.
Nelle opere dell’uomo, tutto è misero come l’autore: le vedute sono ristrette, i mezzi rigidi, le molle inflessibili, i movimenti penosi, e monotoni i risultati. Nelle opere della divinità, le ricchezze dell’infinito si mostrano allo scoperto fin nel minimo dettaglio: la sua potenza agisce come per gioco; nelle sue mani tutto è docile, nulla le resiste; per essa tutto è mezzo, perfino l’ostacolo; e le irregolarità prodotte dall’operare dei liberi agenti trovano il loro posto nell’ordine generale.
Se si immagina un orologio di cui tutte le molle variassero continuamente di forza, di peso, di dimensione, di forma e di posizione, e che indicasse tuttavia l’ora invariabilmente, ci si farà un’idea dell’azione degli esseri liberi in relazione ai piani del Creatore. Nel mondo politico e morale, come nel mondo fisico, esiste un ordine comune, ed esistono eccezioni a questo ordine. Comunemente vediamo una serie di effetti prodotti dalle stesse cause; ma in alcune epoche vediamo azioni sospese, cause paralizzate ed effetti nuovi.
Il miracolo è un effetto prodotto da una causa divina o sovrumana, che sospende o contraddice una causa ordinaria. Che nel cuore dell’inverno, un uomo comandi a un albero, davanti a mille testimoni; di coprirsi subitamente di foglie e di frutti, e che l’albero obbedisca, tutti grideranno al miracolo, e si inchineranno dinanzi al taumaturgo. Ma la rivoluzione francese, e tutto quel che accade in Europa in questo momento, è cosi meravigliosa, nel suo genere, come la fruttificazione istantanea di un albero nel mese di gennaio: eppure gli uomini, invece di ammirare, rivolgono altrove gli sguardi o tengono discorsi insensati.
Nell’ordine fisico, dove non interviene mai come causa, l’uomo si compiace di ammirare quel che non comprende; ma nella sfera della propria attività, dove sente di essere libera causa, il suo orgoglio lo porta facilmente a vedere il disordine ovunque la sua azione è sospesa o disturbata.
Determinate misure, che sono in potere dell’uomo, producono regolarmente determinati effetti nel corso ordinario delle cose; se fallisce l’obiettivo, egli sa perché, o crede di saperlo; conosce gli ostacoli, li apprezza, e nulla lo stupisce.
Ma nei tempi di rivoluzione, la catena che tiene l’uomo legato si accorcia bruscamente, la sua libertà di azione diminuisce, e i suoi mezzi lo deludono. Allora, trascinato da una forza sconosciuta, l’uomo si indispettisce, e invece di baciare la mano che lo stringe, la disconosce o l’insulta.
Non ci capisco niente, è la frase del giorno. Tali parole sono sensatissime se ci riconducono alla causa prima che da in questo momento agli uomini uno spettacolo cosi grande; sono una sciocchezza, se esprimono soltanto un dispetto o uno sterile abbattimento. ” Ma come, dunque? — si grida da ogni parte. — Gli uomini più colpevoli del mondo trionfano sul mondo! Un regicidio orrendo ottiene tutto il successo che potevano sperare coloro che l’hanno commesso!
La monarchia è intorpidita in tutta l’Europa! I suoi nemici trovano alleati perfino sui troni! Tutto riesce ai malvagi! I progetti più giganteschi vengono da loro realizzati senza difficoltà, mentre il partito dei buoni è sventurato e ridicolo in tutto quel che intraprende. L’opinione pubblica perseguita la fedeltà nell’Europa intera! I più eminenti uomini di Stato si ingannano invariabilmente! I più grandi generali vengono umiliati! ecc. “
È cosi senza dubbio, giacché la prima condizione di una rivoluzione ineluttabile è che non esista tutto ciò che poteva prevenirla, e che niente riesca a coloro che la vogliono impedire.
Eppure mai l’ordine è più visibile, mai la Provvidenza è più tangibile di quando l’azione superiore si sostituisce a quella dell’uomo e agisce da sola: è ciò che vediamo in questo momento. Quel che più colpisce nella rivoluzione francese è questa forza travolgente che piega tutti gli ostacoli. Il suo turbine trasporta come fuscelli tutto ciò che la forza umana ha saputo opporle. Nessuno ha contrariato impunemente il suo cammino. La purezza delle ragioni ha tutt’al più dato lustro all’ostacolo, ma nient’altro; e questa forza gelosa, marciando direttamente verso la sua meta, spazza via allo stesso modo Charette, Dumouriez e Drouet. (1)
È stato notato, del tutto a ragione, che la rivoluzione francese guida gli uomini più di quanto gli uomini non la guidino. Questa osservazione è della massima esattezza; e sebbene la si possa applicare più o meno a tutte le grandi rivoluzioni, pure essa non è mai stata più evidente che in questa epoca.
Perfino gli scellerati che sembrano dirigere la rivoluzione non ne sono che meri strumenti; e non appena pretendono di dominarla, cadono ignobilmente. Coloro che hanno istituito la repubblica, l’hanno fatto senza volerlo e senza sapere quel che facevano; vi sono stati condotti dagli avvenimenti: un piano prestabilito non avrebbe avuto successo.
Robespierre, Collot o Barère (2) non pensarono mai di instaurare il governo rivoluzionario e il regime del terrore. Vi furono insensibilmente guidati dalle circostanze, e mai più si rivedrà niente di simile. Questi uomini, sommamente mediocri, esercitarono su una nazione colpevole il più orribile dispotismo di cui la storia faccia menzione, e certamente erano loro, fra tutti i sudditi del regno, i più sorpresi della propria potenza.
Ma nel momento stesso in cui questi odiosi tiranni ebbero colmato la misura dei delitti necessari a quella fase della rivoluzione, un soffio li rovesciò. Quel potere gigantesco, che faceva tremare la Francia e l’Europa, non resistette al primo attacco; e poiché non doveva esserci niente di grande, niente di augusto in una rivoluzione tutta criminale, la Provvidenza volle che il primo colpo fosse vibrato da alcuni settembristi (3), perché anche la giustizia fosse infame (4).
Ci si è spesso meravigliati che uomini più che mediocri abbiano giudicato la rivoluzione francese meglio che uomini di grande ingegno; che essi vi abbiano fortemente creduto, mentre politici consumati non ci credono ancora. Il fatto è che questa persuasione era uno dei congegni della rivoluzione, la quale non poteva riuscire che per l’estensione e l’energia dello spirito rivoluzionario, ovvero, se cosi si può dire, per la fede nella rivoluzione.
In questo modo, uomini senza genio e senza conoscenze hanno guidato assai bene quel che essi chiamavano il carro rivoluzionario; hanno tutto osato senza temere la controrivoluzione; hanno sempre marciato diritto, senza voltarsi indietro; e tutto gli è riuscito, poiché erano solo gli strumenti di una forza che ne sapeva più di loro. Non hanno commesso errori nella loro carriera rivoluzionaria, per la stessa ragione che il flautista di Vaucanson (5) non emise mai una nota falsa.
Il torrente rivoluzionario ha preso di volta in volta diverse direzioni; e i rivoluzionari più influenti, soltanto seguendo il corso delle cose hanno acquisito quel tipo di potere e di celebrità che era loro proprio: appena hanno voluto andare contro corrente o semplicemente scostarsene isolandosi, troppo lavorando per se stessi, sono spariti dalla scena.
Guardate quel Mirabeau, che tanto ha contato nella rivoluzione: in fondo, non era che il re della piazza. Con i crimini che ha compiuto da sé, e con i suoi libri, che ha fatto fare ad altri, ha assecondato il movimento popolare: si metteva al seguito di una massa già messa in moto e la spingeva nella direzione che essa già aveva; mai il suo potere andò al di là di questo; con un altro eroe della rivoluzione condivideva la facoltà di agitare la moltitudine senza avere quella di dominarla, vero sigillo della mediocrità nei disordini politici.
Alcuni faziosi meno brillanti, e in realtà più abili e potenti di lui, si servivano della sua influenza a loro vantaggio. Lui tuonava dalla tribuna, ma era il loro fantoccio. Diceva, morendo, che se avesse vissuto, avrebbe riunito le membra sparse della monarchia; e quando aveva voluto, nel momento della sua massima influenza, mirare semplicemente al posto di ministro, i suoi subalterni l’avevano respinto come un ragazzino.
Insomma, più si esaminano i personaggi della rivoluzione in apparenza più attivi, e più si trova in essi qualcosa di passivo e di meccanico. Non si potrebbe ripeterlo abbastanza: non sono gli uomini che guidano la rivoluzione, è la rivoluzione che usa gli uomini. Si dice benissimo quando si dice che essa cammina da sola. Questa frase significa che mai la Divinità si era mostrata in modo cosi chiaro in alcun avvenimento umano. Se ricorre agli strumenti più vili, è perché punisce per rigenerare.
Note
1 I nomi di Charette, Dumouriez e Drouet rappresentano tre diversi atteggiamenti nei confronti della rivoluzione: il cattolicesimo coerente, il moderatismo, la coerenza rivoluzionaria.