Accusiamo Mastella. O meglio è lo stesso Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ad accusare sé stesso, attraverso il Disegno di Legge, da lui presentato il 25 gennaio, difficilmente compatibile con le dichiarazioni sui Pacs fatte dallo stesso uomo di Ceppaloni.
Mastella è un meridionale sanguigno, che tiene a presentarsi come uomo di interessi, ma anche di princìpi. A “Porta a Porta”, il 30 gennaio, si è rivolto a viso aperto agli italiani, per ribadire il primato della famiglia naturale, composta da un uomo e una donna, sulla famiglia omosessuale, infeconda di prole e di valori. Ma il ministro della Giustizia, che rifiuta il “matrimonio” gay, è lo stesso Guardasigilli che ha presentato al Consiglio dei Ministri un Disegno di Legge che renderebbe impossibile criticare i Pacs.
Il Disegno di Legge Mastella, infatti, non solo punisce con pene severe (fino a quattro anni di carcere) l’incitamento alla discriminazione per i motivi di cui all’art. 3 della Costituzione, ma ne estende anche l’applicazione alle discriminazioni «motivate dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale». Mastella insomma ha varato una legge anti Mastella.È singolare che questo Disegno di Legge sia stato presentato all’opinione pubblica come necessario per contrastare la storiografia che nega la realtà dei lager nazisti.
Il Consiglio dei Ministri ha infatti omesso di inserire una norma di tale genere nel Disegno di Legge, estendendo invece la tutela già prevista dal cosidetto Decreto Mancino anche a situazioni – o meglio scelte soggettive – inerenti la sessualità. Per altro la nuova normativa non prevede più – come la precedente – la punizione dell’istigazione, ma quella del semplice incitamento alla discriminazione, fattispecie giuridica molto più fumosa ed incerta. In realtà, il vero precursore dell’attuale Disegno di Legge non è il Decreto Mancino del 1993, bensì il Disegno di Legge D’Alema proposto nel 1999 dal governo dell’epoca, quando l’allora Primo Ministro propose la proibizione di ogni condotta che istigasse alla discriminazione a causa di un orientamento sessuale.
Se la legge Mastella fosse applicata in modo coerente, un insegnante di religione potrebbe presentare la famiglia naturale come “superiore” alle unioni di fatto etero o omosessuali? Un’istituzione ecclesiastica potrebbe rifiutarsi di accogliere nelle sua fila un religioso che pratichi e propagandi l’omosessualità? Un’associazione in difesa della famiglia o della morale potrebbe prendere iniziative pubbliche e proporre un Disegno di Legge che “discrimini” certi orientamenti? La risposta è negativa.
Se il Disegno di Legge fosse approvato, chiunque criticasse pubblicamente l’orientamento omosessuale sarebbe equiparato a chi istiga o incita all’odio razziale e colpito da pesanti sanzioni penali. Ciò significa che né un cristiano, né un ebreo, né un musulmano, potranno esprimere convinzioni radicate, oltre che nella ragione, nella loro fede.
Potrebbe essere posto sotto sequestro il Catechismo universale della Chiesa cattolica, che al numero 2357 afferma che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e (…) non possono essere approvati in nessun caso».
E cosa pensare della dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta dall’allora cardinale Ratzinger, secondo cui «vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale; per esempio, nella collocazione di bambini in adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori sportivi, nel servizio militare. Gli omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone. (…) Nondimeno, questi diritti non sono assoluti. Essi possono venire legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno oggettivamente disordinato. (…) Includere la tendenza omosessuale fra le considerazioni in base alle quali ogni discriminazione è illegale, può facilmente condurre a valutare l’omosessualità come fonte positiva di diritti umani. (…) Ciò è tanto più deleterio, dal momento che non esiste alcun diritto all’omosessualità, la quale pertanto non può costituire la base per rivendicazioni giudiziali» (Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, del 1993, nn. 10-14)?
Di fatto, con la legge Mastella, siamo di fronte all’inserimento surrettizio nel nostro ordinamento del reato di “omofobia”, seguendo le raccomandazioni del Parlamento europeo che il 18 gennaio 2005, ha adottato una punitiva risoluzione a questo proposito. Che non siano fantasie lo dimostra quanto sta avvenendo in Francia dove, lo stesso giorno in cui Mastella ha presentato il suo Disegno di Legge, la Corte di Appello di Douai ha confermato la condanna per «ingiurie verso gli omosessuali» di Christian Vanneste, deputato dell’UMP, il partito di Sarkozy.
Vanneste in un’intervista a “La Voix du Nord” del 26 gennaio 2005 aveva dichiarato che «l’omosessualità è moralmente inferiore all’eterosessualità» ed era stato condannato in primo appello, nel gennaio 2006, dal Tribunale di Lille. Ora dovrà versare 3000 euro di ammenda alle associazioni SOS-Homophobie, Act-Up Paris e al Sindacato nazionale delle iniziative gay (Sneg), ma la “comunità gay” già ne reclama l’esclusione dall’Assemblea Nazionale.
In Francia l’aggressione ad un arciprete di Notre Dame, nel corso di una parodia di matrimonio omosessuale davanti alla Cattedrale di Parigi, è stata archiviata dalla magistratura, mentre chi esprime un giudizio negativo sul comportamento omosessuale viene perseguito e condannato.
Secondo la Corte di Douai, affermare che «l’omosessualità è inferiore alla famiglia naturale» non è protetto dall’articolo 10 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo sulla libertà di espressione. La voragine che si apre è paurosa. «Che dibattito si può avere in democrazia, quando un opinione può divenire delittuosa»? scrive Ivan Rioufol su “Le Figaro” del 27 gennaio.
Ma anche in Italia, con il pretesto di garantire un diritto, il Ministro della Giustizia espropria gli italiani del diritto fondamentale della libertà di espressione. Se si ostinerà ad affermare la superiorità della famiglia tradizionale, Mastella potrebbe finire nei guai come il deputato Vanneste, ma in seguito alla legge che porta il suo nome: una legge che non riguarda Mastella, ma attenta alla libertà di espressione di tutti gli italiani.