(cavalieridellaverita@virgilio.it)
II° Sentiero
I recenti episodi di cronaca, l’aumento della violenza giovanile e tanti altri fatti ancora dimostrano che non bastano solo metodi forti (che pure sono auspicabili) quanto soprattutto un pensiero forte. Paghiamo le conseguenze di un relativismo imposto e alla moda.
Al Signore Gesù e alla Sua Santissima Madre chiediamo la grazia e la forza di poter essere operai dell’ormai indispensabile opera di restaurazione culturale.
Dio, che è sommo amore ma anche somma giustizia, è disposto ad accogliere la nostra richiesta di perdono fino all’ultimo istante della nostra vita. Non c’è gravità di peccato né numero di peccati per i quali la misericordia di Dio è impotente. Ma se è vero che Dio può perdonare qualsiasi peccato, è pur vero che Dio stesso vuole che si scontino le pene per ogni peccato commesso. Il sacramento della Riconciliazione (la Confessione) rimette i peccati ma non totalmente le pene.
Dunque, auspicare metodi più rigorosi, auspicare una vera certezza della pena è perfettamente coerente alle convinzioni cristiane, che pur sottolineano il valore del perdono.
D’altronde la pena ha un valore rieducativo. Quando si sbaglia c’è la possibilità di capire lo sbaglio e ne scaturisce una sofferenza. La pena è rieducativa proprio quando è afflittiva.
Ben vengano, quindi, misure più forti (se davvero c’è la volontà in tal senso). Ma attenzione: queste, da sole, non bastano. Oltre a misure forti, occorrerebbe un pensiero forte.
Qui veniamo al nocciolo della questione. Oggi s’inneggia al relativismo, anche se si utilizzano definizioni più suadenti, del tipo: società plurale o complessità. Ma la sostanza non cambia.
La convinzione che non esiste una verità oggettiva è diventata un vero e proprio “dogma” del laicismo contemporaneo. Guai a metterlo in discussione.
Eppure è una contraddizione evidente: dire che non esiste una verità valida per tutti, è pur sempre una convinzione che si vuole imporre a tutti e che deve essere valida per tutti.
Oggi, per essere “politicamente corretto”, si deve essere relativisti, si deve mettere tutto in discussione. Si deve mettere in discussione il valore insostituibile della famiglia, la normalità sessuale, e tanto altro ancora… e poi, nello stesso tempo, si dovrebbe parlare (soprattutto ai giovani) della cultura della legalità, del rispetto delle regole… Ma dove si possono fondare la legalità e le regole se si è distrutto ogni fondamento?
Se non esiste la verità, tutto è lecito!
Qui si tocca con mano un mondo che ha perso completamente la bussola; e questa bussola si chiama sapienza.
Verrebbe da chiedersi: ma è mai possibile che nessuno capisca in quale contraddizione siamo immersi? La risposta sta nel fatto che un mondo che ha scelto il disordine e il piacere come unici criteri di vita, ha finito col dovere fare i conti con il disordine mentale, con l’oblìo della ragione. Il disordine della vita si traduce sempre in un disordine intellettuale.
Torniamo al nostro discorso. Dovremmo rammaricarci per quello che succede, senza però poter denunciare le vera causa di quel che succede. E allora tutti a dire stupidaggini: la mancanza del lavoro, la mancanza di luoghi di ritrovo (come se i giovani di cinquant’anni fa avessero tanti ritrovi per essere così restii alla violenza), ecc…E nessuno a voler capire che è un problema di fondamento.
Quanti oggi conoscono il motivo per cui alzarsi la mattina, lavorare e sacrificarsi…e -perché no- divertirsi? Siamo figli di un progetto di amore o semplicemente gettati in questa vita?
Fin quando non torneremo a rispondere bene a questa domanda, attendiamoci di tutto.