di Gino Ragazzina
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
APPENDICE
G. ABD-EL-JALIL, La Vergine nel Corano, in Oltremare, 1952,4, pp. 33-37.
APPENDICE
Notizie sugli antichi autori musulmani citati
BUKHÀRÌ, nato a Bukliara (donde il nome) in Transoxiana e morto nell’870 (256 dell’Egira) è il più famoso e venerato compilatore di tradizioni islamiche. Il suo libro, chiamato Sahìh, «II genuino», contiene più di sette mila hadìt, ovvero «detti» del Profeta, scelti dall’autore fra gli innumerevoli racconti uditi durante i suoi viaggi. Al rigore della scelta unì grande scrupolosità nel trascrivere i testi, e li distribuì secondo un ordine completo di materie di diritto.
DAMÌRÌ, morto al Cairo nell’anno 1405 (808 dell’Egira). Valendosi unicamente di fonti letterarie, compilò la Haydt al-hayawan, «Vita degli animali», che, per l’epoca in cui fu scritta, è la migliore opera zoologica in lingua araba.
GHAZZÀLÌ, filosofo persiano di lingua araba (1058-1111). La sua prima opera Maqàsid al-falàsifah (I propositi e le tendenze dei filosofi) è un’esposizione delle dottrine di Fàràbt e di Avicenna, che egli successivamente confuta in Tahàfut al-falasifah, professando scetticismo filosofico. Della sua vastissima produzione, un’altra opera importante è Ihya ‘itlùm addm (Vivificazione delle scienze religiose), nella quale mirò a liberare l’Islamismo dal puro formalismo, ravvivandolo con l’esperienza mistica di un sufismo moderato.
IBN ‘ARABI, spagnolo, nativo di Murcia. Compiuti gli studi a Siviglia, si mise in cammino verso oriente andò in pellegrinaggio alla Mecca. Morì nel 1240 (638 dell’Egira) a Damasco, dove ancor oggi si venera il suo sepolcro. Della sua enorme produzione letteraria, l’opera più famosa è al-Futùhàt al Makkiyya, «Rivelazioni meccane», nei cui 560 capitoli espone le sue dottrine mistiche, e narra i misteri che gli sono stati comunicati irt visione dagli angeli e dai profeti.
IBN ATHÌR, morto a Mossul nel 1234 (631 dell’Egira), fu il maggiore storico musulmano del XIII secolo. Nella sua opera Kàmil fit-tarik, «Storia perfetta», continuò gli annali di Tabarlsino al 1231, estendendo l’interesse dall’Oriente (cui rimase praticamente limitato il suo predecessore) al Maghrib e alla Spagna.
IBN HAZM, nacque a Cordova e morì nel 1064 (456 dell’Egira). Fu il più autorevole rappresentante degli zàhiriti, ovvero della scuola chiamata zàhirì, la quale ammette come unica fonte legale il senso letterale esterno, zàhir, del Corano e della sunna. Il suo metodo consisteva nello scandagliare il dizionario e la grammatica fino a trovare un’accezione che desse conto del senso letterale, l’unico, a suo parere, decisivo in questioni riguardanti il Corano e le tradizioni accettate (sunna). La sua opera più importante è una storia critica delle idee religiose, il Kitàb ai-Fasi fi ‘l-milal wa ‘l-ahwà, «Libro dei caratteri e della condotta».
MAS’ÙDÌ, morto nel 956 (345 dell’Egira). Viaggiatore e storico, fu fecondo poligrafo. Di una sua opera storica in trenta volumi «Praterie d’oro», ci resta il riassunto Muriij adh-dhahab, che tratta dalla creazione del mondo al 336 dell’Egira, spaziando dalla geografia all’etnografìa, dalla storia politica a quella culturale. In Occidente è conosciuto come il Plinio dell’Isiàm.
TABARI, morto nel 923 (311 dell’Egira), giurista, esegeta tradizionalista e ortodosso, compose un gigantesco commento (tafsir) del Corano, in trenta volumi, e un’immensa raccolta di notizie storiche, intitolata Kitàb akhbàr ar-Rusul wa l-Mulùk, «Libro delle notizie [annales] dei Profeti e dei Re». La sua opera fu animata dall’intento di rendere un servizio alla «paideia» islamica.
TRA’LABI, vissuto nell’XI-XII secolo (IV-V dell’Egira), fu autore dei popolari Qisas al-Ambiyà, «Racconti dei profeti», nei quali ai dati coranici vengono affiancati elementi concordanti con le tradizioni giudaiche e cristiane. Sono tra i libri di pietà più popolari dell’Islàm, assieme alla Sìrat al-Nabì, «Vita del Profeta», dello stesso autore.
TIRMIDHI, morto nell’892 (279 dell’Egira), è, assieme a Bukhàrì e a Muslim, uno dei più autorevoli raccoglitori di hadìt. Scrittore fecondo e diffuso, tentò di riprendere in forma razionale e sintetica l’esposizione del dogma, già iniziata da Ibn Karràm (morto nell’anno 869, 255 dell’Egira).