Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân Newsletter n.613
del 28 agosto 2015
Una legge e’ ingiusta anche per un solo articolo?
di Stefano Fontana
Si ha notizia di iniziative di raccolta di firme per chiedere un referendum abrogativo della legge sulla scuola voluta dal governo Renzi e approvata dal Parlamento. Tra coloro che aderiscono ci sono anche molti cattolici, contrari all’articolo 16 di quella legge che introdurrebbe l’educazione al gender nella scuola italiana. Altri cattolici, invece, sostengono che a) non è corretto bocciare un’intera legge a causa di un solo articolo; b) la legge in questione è complessa, tocca molti argomenti ed è riduttivamente ideologico assumerla e bocciarla in blocco. Senza entrare nel merito dell’opportunità del referendum in questione, dato che l’argomento dell’opposizione alla legge ingiusta tocca aspetti importanti della presenza pubblica dei cattolici, esponiamo alcune considerazioni.
Quando un articolo di un testo legislativo contraddice i cosiddetti “principi non negoziabili”, si pone in contrasto con il diritto alla vita, con la centralità della famiglia e con la libertà di educazione, non può venire accettato dai cattolici e da nessuna persona che cerca la verità con buona volontà. Il problema è piuttosto se un solo articolo di legge inquini a tal punto quella legge da meritarle una condanna completa. A questo proposito si possono fare le seguenti osservazioni.
Una legge non può essere considerata una legge giusta se anche un solo suo punto contrasta con i principi fondamentali della legge morale naturale e divina.
In una legge, che ha sempre un articolato complesso, ci possono essere elementi in sé positivi. Questo vale per ogni realtà umana talché San Tommaso diceva che anche nell’opinione più sbagliata c’è sempre un briciolo di verità. Gli eventuali aspetti positivi di una legge ingiusta sono però annullati da quelli negativi se questi ultimi contraddicono i principi fondamentali della legge naturale e divina. Infatti non è lecito perseguire il bene mediante il male, ossia non è lecito accettare una legge per i suoi aspetti positivi mediante l’accettazione dei suoi aspetti intrinsecamente negativi.
I principi non negoziabili con cui contrasta l’articolo in questione non sono solo dei valori ma dei principi. Essi illuminano l’intero campo che la legge vuole disciplinare. Ne consegue che anche un articolo che li violasse non limiterebbe la propria azione a quel solo articolo ma farebbe riverberare la propria negatività sull’intera legge. In altri termini: anche in altri punti della legge sarebbe possibile riscontrare elementi ingiusti, conseguenza della ratio che anima quel singolo articolo ingiusto
Possiamo trovare nel comportamento della Santa Sede nei consessi internazionali moltissimi precedenti di bocciature di atti legislativi di varia natura a causa di articoli od espressione errate o solo ambigue presenti in essi. In molti casi, i Nunzi apostolici e gli Osservatori della Santa Sede presso gli organismi internazionali hanno negato l’assenso della Santa Sede a dichiarazioni, accordi e progetti che avevano in sé molti elementi positivi ma che contraddicevano in qualche punto con la legge morale naturale e divina.
Del resto, è ormai noto a tutti che gli avversari della legge naturale e divina procedono accortamente così: introducono qualche elemento contrario ai principi non negoziabili all’interno di una proposta composita che contiene anche elementi accettabili. Marguerite Peeters ha spiegato nel dettaglio come, dopo le conferenze del Cairo e di Pechino, i cosiddetti “diritti sessuali e riproduttivi” – che, come noto comprendono anche contraccezione chimica, sterilizzazione forzata, aborto, fecondazione artificiale e gender – siano sempre stati presentati in pacchetti di politiche familiari o per le donne dei Paesi poveri insieme con interventi auspicabili quali l’ampliamento dell’allattamento al seno o la riduzione della mortalità da parto. Poiché la tattica è questa, se si aspettasse che una intera legge fosse da condannare in tutti i suoi aspetti non si farebbe nessuna lotta contro le leggi ingiuste.
L’idea che non sia lecito rifiutare una legge perché solo alcuni suoi aspetti sono inaccettabili impedisce di contrastare il male e inibisce addirittura di poterlo giudicare tale. Apre quindi la strada a coloro che il male lo inseriscono dentro un pacchetto di proposte anche positive, per ampliarlo e radicalizzarlo poi nel tempo.
E’ bene però osservare che la dichiarazione dell’impossibilità di giudicare in modo decisivo una legge è oggi sostenuta da gran parte dello stesso mondo cattolico con alcune motivazioni teologiche, proprie del rahnerismo e della teologia progressista. Se la rivelazione di Dio avviene nell’esperienza, se noi siamo dentro questa esperienza, se l’esperienza è per sua natura complessa e articolata… allora non è mai possibile dare un giudizio definitivo ed assoluto sulla liceità o illiceità di qualcosa. Il giudizio finale sarà solo soggettivo.
Quando lo Stato ha scelto di non definire in quali casi lo stato di disagio della donna permette per legge l’aborto e quando no, ha di fatto delegato la cosa ad una scelta soggettiva, sacrificando l’oggettività del diritto alla soggettività dell’opinione o dell’emozione. Quando alcuni teologi cattolici affermano che lo stato dei divorziati risposati non è giudicabile oggettivamente o quando dicono che non possono esistere principi morali intrinsecamente sbagliati (intrinsece mala), cattivi unicamente per la loro materia, viene applicato appunto il principio che abbiamo evidenziato sopra: la complessità dell’esperienza, e quindi anche la complessità di una legge, non meritano mai un giudizio di condanna assoluta e, quindi, di lotta.
Come si vede, nel giudizio a cui sottoporre la legge sulla scuola si incontra una problematica molto più complessa che attiene alla capacità della fede cattolica, e della cultura cattolica che ne consegue, di essere ancora capaci di una valutazione completa, di esprimere un giudizio complessivo e quindi orientativo dell’agire morale su una determinata questione.
Qui il tema si allarga ulteriormente. Se il cattolico può collaborare con una legge che contiene aspetti positivi ma anche aspetti in netto contrasto con la legge morale naturale e cristiana, egli potrà allora collaborare anche con un organismo di solidarietà internazionale che faccia delle cose positive ma anche degli interventi appunto contrari alla legge morale naturale e divina.
Può il cattolico, per esempio, collaborare con Amnesty International che conduce campagne positive per la liberazione di persone detenute ingiustamente ma che appoggia esplicitamente le campagne per l’aborto? Una direttiva di qualche anno fa della Congregazione per la dottrina della Fede lo aveva esplicitamente escluso. La Rerum novarum, di Leone XIII, indicava ai cattolici prima di tutto di dar vita a proprie associazioni ed, eventualmente, di collaborare con quelle degli altri dopo però averne verificato l’attendibilità morale e religiosa.
In altre parole, ci sono ancora delle esigenze di coerenza e di completezza per una valutazione cattolica dei problemi e delle sfide che si stanno davanti e per il conseguente impegno?