Deve o non deve il Sud del mondo accettare di introdurre le colture OGM? Economicamente è un vantaggio oppure creerebbe una dipendenza dai grandi produttori? intervista a Piero Morandini Ricercatore dell’Università di Milano, docente di Biotecnologie Agrarie
Quanto alla dipendenza dalle multinazionali, non dimentichiamo che la produzione mondiale di mais ibrido (la semente convenzionale usata nei paesi sviluppati) è già nelle mani delle multinazionali: solo in Italia, ad esempio, i 2/3 del mercato sono in mano ad una sola multinazionale. Di fatto però nessuno si lamenta per il semplice motivo che questa semente produce 2,3 o 5 volte più delle varietà di un tempo (che nessuno ormai coltiva più nei nostri paesi).
L’uso di varietà a bassa resa ci costringerebbe a coltivare ogni angolo di Italia per sfamare bestie e uomini. In pratica dal mais ibrido ne traggono benefici sia i coltivatori che l’ambiente. Certamente, anche le multinazionali ci guadagnano, ma in compenso offrono un prodotto che rende. Personalmente preferirei più ricerca pubblica, specialmente per quelle varietà meno “commerciali”, ma questo dipende dalla politica.
Che impatto ambientale possono avere gli OGM? Sconvolgono gli equilibri ambientali o sono utili ad inquinare di meno?
La favola della “contaminazione genetica” e dei catastrofici danni che essa porterebbe sono frutto di una profonda ignoranza rispetto all’agricoltura. E’ necessario quindi ripetere che le piante coltivate non sono piante “naturali” nel senso che non crescono spontaneamente, ma hanno sempre bisogno dell’uomo, il quale provvede a piantarle, irrigarle, concimarle, proteggerle dal freddo, dal caldo e da tutti i nemici (insetti, funghi, batteri, virus, roditori…) e persino dalle erbacce.
Ciò che molti chiamano biodiversità, spesso è una maledizione per i contadini: chiunque coltivi un orto sa bene che le piante coltivate sono deboli e non se ne vanno in giro a contaminare i campi selvatici. Al contrario sono le piante selvatiche che, se non vengono controllate, fanno crollare la produttività. Un campo coltivato lasciato a se stesso diventa un campo selvatico, non viceversa!
Gli OGM hanno portato una riduzione nell’uso dei pesticidi di milioni di litri. E il motivo per cui milioni di agricoltori anche in paesi poveri hanno scelto le piante transgeniche (in alcuni casi contro la legge) era proprio per avere accesso ai benefici, come ad es. per il cotone Bt, coltivare riducendo i pesticidi (che costano).
Chi vuole negare agli agricoltori questa possibilità lo fa per ignoranza oppure perché teme che venga scoperto il grande imbroglio: gli OGM non sono il cibo di Frankenstein e neanche delle super-erbacce e quindi chi sostiene il contrario non è credibile.
Sono sicuri o sono pericolosi per la salute i cibi OGM attualmente in commercio?
Numerosi studi hanno accertato che gli OGM attualmente in commercio sono altrettanto sicuri quanto le controparti convenzionali e, in alcuni casi come ad es. il mais Bt, più sicuri. A titolo di esempio, la UE ha pubblicato i risultati di uno studio eseguito da centri di ricerca pubblici durato diversi anni (per un costo di 70 milioni di €) la cui conclusione era appunto che gli OGM non sono meno sicuri, per quanto riguarda l’ambiente e la salute umana, delle varietà normali.
Ricordiamoci che l’agricoltura convenzionale (come la scienza in generale) non garantisce una sicurezza assoluta, ma solo relativa e solo in base alle conoscenze scientifiche del momento. Per chi non lo sapesse le piante convenzionali (o anche quelle dell’agricoltura biologica) presentano rischi: spesso contengono tossine, ma in genere ad un livello accettabile.
Qualche volta durante il processo di selezione di nuove varietà capita che il livello delle tossine salga drasticamente, come è capitato per esempio ad una varietà di patata e ad una di sedano, fino a rappresentare un pericolo per l’alimentazione o anche per il contatto prolungato.
Accettare anche per gli OGM un piccolo livello di rischio significa permettere l’avanzamento della ricerca, della tecnologia e delle loro possibili applicazioni. Come dice l’economista americano Tom DeGregori, “il rischio più grande oggi è non correre rischi“ (le stesse domende sono state rivolte a P. Henriot (Gesuita in Zambia).
Si veda anche Promotio Justitiae (mesile dei Gesuiti pubblicato dal Segretariato per la Giustizia Sociale della Curia Generalizia della Compagnia di Gesù) Nº 87, 2005/2, pagina 34-34. Disponibile a: http://www.sjweb.info/sjs/articles/PJ087_ITA.pdf
Per approfondire: