In Vandea non furono i nobili a sollevarsi e a radunare i contadini per salvare il re, ma furono i contadini a rifiutarsi di tradire la loro fede e a stanare qualche titubante nobile per chiedergli di porsi alla guida di quella lotta per la fede e per la liberta
di Paul Poupard
Cardinale, Presidente del Pontificio Consiglio per la cultura
(Traduzione dal francese di Mariagrazia Russo)
Renée Rigault, 43 anni, abitava a Bouzillé, il villaggio della Vandea angioina dove anch’io sono nato. Questa donna del popolo i cui figli erano arruolati nell’esercito repubblicano, fu arrestata. Il registro della prigione nazionale riporta davanti al suo nome la frase: «da giustiziare immediatamente». Qual era dunque il suo crimine? Lo cito: «essersi rifiutata di partecipare alla messa celebrata dai giurati (sacerdoti che avevano prestato giuramento alla Costituzione civile del clero n.d.a. ), perché, secondo lei, essi non avevano alcun potere». Interrogata il 15 aprile 1794, dopo un mese di detenzione nella prigione del Buon Pastore, fu giustiziata il giorno successivo. Questa è la tragica storia di una dei miei compatrioti, una donna di questa terra, di questa piccola patria, dove sono stato battezzato ed ho celebrato la mia prima messa. Questa è l’immagine che simbolizza, per tutta la mia gente, la Rivoluzione!
Interrogatori sommari, dichiarazioni lapidarie, professioni di fede esemplari, condanne a morte. I nostri antenati nella fede preferirono morire piuttosto che assistere alla messa dei preti sermentés, giurati, in rottura con la sede di Roma mentre i sacerdoti «refrattari», cioè fedeli al Papa, erano imprigionati, fucilati, affogati, ghigliottinati. La sentenza è immediatamente esecutiva, senza altra forma di processo. Così questa donna del popolo, i cui figli sono soldati della Repubblica, è condannata a morte, unicamente a causa dei suoi sentimenti religiosi.
Per lei, i preti giurati non hanno alcun potere legittimo, ed ella non può quindi partecipare al loro ufficio religioso. E per questo motivo, per quest’unico motivo, che viene fucilata dai rivoluzionari.
Questo dramma è l’origine della guerra della Vandea. Contrariamente a quanto la storia ufficiale afferma, non furono i nobili a sollevarsi e a radunare i contadini per salvare il re, ma furono, al contrario, i contadini a rifiutarsi di tradire la loro fede e a stanare qualche titubante nobile per chiedergli di porsi alla guida di quella lotta per la fede e per la libertà Insurrezione di un popolo libero contro l’esercito del potere oppressore e persecutore che di fronte alla resistenza ordina la distruzione dei villaggi ribelli e il massacro dell’intera popolazione, donne e bambini compresi!
Chiunque nascondeva un sacerdote «refrattario», assisteva alla sua messa, portava rosari o immagini del Sacro Cuore veniva sospettato ed arrestato come «fanatico». Come dice la guida del Pellegrino del Campo dei Martiri di Avrillé, vicino ad Angers, la maggior parte era gente del popolo, umili artigiani, donne, anziani, giovani che non avevano commesso altro reato se non quello di pregare. Gli stessi generali repubblicani parlarono di «spaventoso macello» (Marceau), «orribile carneficina» (Kléber) di questa povera gente tranquilla.
Qual era dunque il loro crimine? È sufficiente leggere gli interrogatori di 11 donne di Montjean, a due passi dal mio villaggio: vuole soltanto i vecchi sacerdoti (quelli fedeli al Papa), e ne desidera il ritorno, dichiara di non accettare i nuovi preti (quelli che hanno prestato il giuramento richiesto dalla Costituzione civile del clero); frequenta le processioni; non partecipa alla messa dei preti sermentés; arrestata per aver partecipato alle processioni, desidera i buoni sacerdoti.
La loro età? 43 anni, vedova e madre di 8 figli; 26 anni; 54 anni; 42 anni con 5 figli dai 3 ai 10 anni… tutte fucilate!
A buon diritto mons. Chappoulie, allora vescovo di Angers, poteva scrivere nel 1959 per il secondo centenario della nascita di Cathelineau, «il santo dell’Angiò»: «I cattolici hanno come eroi della religione i vandeani che affrontarono i soldati della Convenzione. I contadini angioini, potavini e vandeani si sono spontaneamente sollevati contro il potere di Parigi solo per fedeltà alla religione e per attaccamento ai loro sacerdoti. Essi hanno lottato e sono morti eroicamente per affermare, di fronte al potere centrale che stava trasformarlo il regime della Francia in una macchina di guerra contro la fede religiosa e la fedeltà alla Chiesa nostra madre, i diritti di Dio e della coscienza. Venerando Cathelineau, non dimenticheremo che, senza il magnifico sacrificio dei vandeani, Bonaparte non avrebbe restituito così velocemente alla Francia il diritto di cantare il Credo dei suoi padri. Senza la morte di migliaia di fedeli, le nostre chiese non avrebbero ritrovato così rapidamente i loro sacerdoti e le loro campane».
Permettetemi un riferimento familiare: mia zia è discendente diretta di quel Cathelineau, promotore della Resistenza vandeana, venerato come il santo dell’Angiò. Tali sono gli eroi di cui noi siamo figli. Molti tra loro sono morti per difendere i propri sacerdoti, solamente colpevoli di battezzare bambini, celebrar messa, visitare i malati e pregare per i defunti. I nostri padri nella fede preferirono perdere la vita piuttosto che rinunciare alle loro ragioni per viverla.
Nòel Pinot, beatificato da Pio XI nel 1926, e i novantanove martiri d’Angers, mia diocesi d’origine, beatificati da Giovanni Paolo II il 19 febbraio 1984, appartenevano a questo gruppo di più di tremila persone, uomini, donne, bambini, sacerdoti, religiosi e laici che furono condannati da chi odiava la loro fede. Un testimone che non era tra loro, ed anzi persino loro nemico, ha scritto: «i prigionieri hanno tutti un volto sereno e camminano verso la morte con grande calma».
Molti andarono incontro alla morte, come in una battaglia di fede, cantando l’inno di Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers del VI secolo: «Vexilìa Regis prodéunt Fulget Crucis mysterium…» «I vessilli del Re sono dispiegati, La Croce brilla nel suo mistero…»