Newsletter di Alleanza Cattolica in Milano n.197 – febbraio 2016
Marco Invernizzi
Il Partito democratico si è ricordato delle sue origini comuniste e di quando nel Pci vigeva il “centralismo democratico”, senza libertà di coscienza. Così permetterà ai suoi parlamentari cattolici solo pochissime libertà dalla linea del partito, che è quella di fare approvare il ddl Cirinnà al più presto e con qualsiasi versione. Sarà così il capo del governo e segretario del Pd a decidere in quale versione il ddl dovrà diventare legge dello Stato.
Renzi non proviene da una storia comunista ma dagli ultimi spezzoni della Dc, quando il partito di ispirazione cristiana era ormai diventato solo un comitato d’affari. Lì ha imparato il pragmatismo che caratterizza la sua azione politica. Credo che a lui non interessino le unioni civili, le adozioni o l’utero in affitto, ma sia soltanto attento alle conseguenze nell’ambito degli equilibri di potere delle sue decisioni. Per cui può ancora succedere di tutto, anche se è probabile che in qualche modo il ddl Cirinnà verrà approvato a breve.
Per cui ha fatto benissimo il card. Bagnasco a intervenire raccomandando un voto libero da interferenze di partito, come Renzi ha sempre detto, su una materia così eticamente sensibile. E ha fatto bene a rivolgersi al Presidente del Senato per chiedere il voto segreto che permetta ai parlamentari di sentirsi liberi e non condizionati dalle logiche dei partiti. Temo che il Presidente Grasso non abbia però la libertà né il coraggio di assumersi questa responsabilità.
Tra l’altro, il Presidente dei vescovi ha toccato un tema importantissimo per il prossimo futuro, per tutti: la libertà di coscienza di fronte alle leggi ingiuste, così come ha fatto notare recentemente Alfredo Mantovano. Tutti infatti siamo a rischio, perché come il Pd si ricorda ogni tanto delle sue origini comuniste, così anche lo Stato potrebbe indugiare alle tentazioni totalitarie.
Mentre aspettiamo di vedere come andrà a finire l’esito parlamentare del ddl sulle unioni civili, continuiamo a lavorare sul territorio per costruire una rete di gruppi di persone vive e vegete, che si incontrino non soltanto sul web, ma in riunioni, conferenze, comitati e quant’altro, nell’ottica di costruire un ambiente organizzato capace di replicare quanto avvenuto a Roma il 20 giugno e il 30 gennaio, cioè di portare quella piazza nelle tante piazze d’Italia. Non abbiamo i grandi mezzi dell’informazione, ma abbiamo le nostre facce, la voce e la voglia di dire la verità sull’uomo e sulla società, come la diceva San Giovanni Paolo II e come la conferma il Magistero dei Papi, ancora recentemente quando papa Francesco ha ricordato l’unicità del matrimonio, che non deve essere equiparato a nessuna altra formazione sociale.
Per quanto ci riguarda, possiamo anche guardare le cose con un certo distacco, essendo fuori dai palazzi dove si decidono le leggi e dove comandano i poteri forti. Possiamo perciò guardare alle convulsioni della politica senza lasciarci troppo intrappolare dalle emozioni, né dagli interessi o dalle ambizioni.
Il mondo intorno a noi sta morendo. Come nell’ultima crisi dell’impero romano, le istituzioni si sgretolano, gli uomini si comprano e si corrompono con estrema facilità. Ma dentro un mondo che muore c’è sempre qualcosa che nasce, se non siamo alla fine dei tempi.
Quel popolo che ha riempito le due piazze romane è il seme del mondo migliore che può nascere dalle macerie del nostro tempo storico. Quegli uomini e quelle donne coi loro bambini hanno resistito all’epoca delle ideologie e a quella successiva della dittatura del relativismo e si sono presentate in piazza con gioia e spirito di sacrificio, con l’entusiasmo di chi non ha perso la speranza.
Aiutiamoli (aiutiamoci) a portare quella gioia nella vita quotidiana, perché contagi gli altri e li aiuti a superare la disperazione, e a tornare a sperare in Qualcuno che continua ad amarci e ad aiutarci, se solo sappiamo tendergli la mano.