Notizie provita 20 febbraio 2016
Francesca Romana Poleggi
In Australia, scrive Bioedge.org, le cliniche della fecondazione artificiale sono sotto il mirino dell’authority preposta alla tutela dei consumatori. Quella che più o meno corrisponde alla nostra AGCOM e che si chiama ACCC (Australian Competition and Consumer Commission) sta conducendo un’indagine ad ampio raggio su 34 strutture sanitarie a seguito delle denunce che le sono pervenute per la mancanza di trasparenza sulle percentuali di successo della fecondazione artificiale da esse praticata.
Le informazioni che vengono messe sui siti web e vengono date ai consumatori sono ritenute fuorvianti. Anche lì – come dappertutto – i tassi di successo della fecondazione artificiale sono bassissimi. I costi sono elevati, le persone che alla fine riescono ad avere il bambino in braccio sono davvero poche (il successo della fecondazione artificiale è sul 10 – 20 % degli embrioni creati: cioè, l’80% dei bambini prodotti in vitro muore o resta congelato all’infinito).
Intanto nel Paese il traffico degli ovociti fermenta. Un’agenzia sudafricana che vende ovuli ha iniziato a spedire le donne che vendono in Australia: per le “uova fresche i clienti australiani hanno pagato $ 13.600 all’agenzia (compreso il biglietto aereo per le “donatrici”).
Ne ha parlato anche la Morresi su Avvenire, cui rimandiamo per approfondire i dati sugli sviluppi dell’ignobile traffico.
Ignobile, sì, perché estremamente pericoloso per chi dà gli ovuli e anche per chi li riceve. Pericoloso anche per il bambino che nasce quasi sempre prematuro e con maggiori possibilità di disturbi fisici e psichici. Ne ha parlato ultimamente in Senato il prof. Noia. Oppure si può approfondire guardando il documentario Eggesploitation.
E siccome dietro a tutto questo c’è un business miliardario, che fa valere i suoi interessi nei vari Parlamenti – dove invece si dovrebbero curare gli interessi dei cittadini, e fa dire solo quel che conviene ai mass media dei vari regimi.
Ma se c’è business, c’è contratto. E se c’è contratto, c’è il “contraente debole” da tutelare, la trasparenza, le le clausole vessatorie, la retta formazione del consenso… In Australia l’ACCC si è mossa. Qui da noi, oltre l’AGCOM, abbiamo diverse Associazioni a tutela dei consumatori: stanno vigilando? Abbiamo fatto un giro su internet per vedere cosa scrivono le cliniche per la fertilità: i termini del contratto non sembrano tanto chiari, soprattutto in relazione alle probabilità di successo di tutto l’ambaradan e ai rischi connessi.
E allora, la tutela del “contraente debole” tanto cara alle norme europee? Anche questa è una tutela un po’ strabica. E la cosa non ci sorprende, perché non c’è più nessuna tutela, di questi tempi, del soggetto più debole e indifeso del mondo, che è il bambino, prima e dopo la nascita.