di Massimo Introvigne
La proclamazione dello stato di emergenza da parte di Musharraf è stata preceduta, nel giro di un paio di mesi, da una serie di visite ufficiali di ministri russi, dall’annuncio della Gazprom di un investimento di quasi tre miliardi di dollari per la tratta pakistana del gasdotto Iran-India, e da una presa di posizione russa favorevole al passaggio del Pakistan da invitato a membro a pieno titolo della SCO, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, una sorta di NATO dell’Asia Centrale.
L’Europa pensa spesso ai conflitti in Asia come a un teatro della nuova guerra mondiale fra l’Occidente e l’ultra-fondamentalismo islamico. È certamente così, ma dopo il crollo dell’impero sovietico la partita fra mondo libero e comunismo non è stata semplicemente sostituita da un altro gioco a due, in cui l’islam radicale ha sostituito il comunismo come avversario dell’Occidente. I giocatori sono più di due, e l’Asia lo dimostra.
Nell’Ottocento Inghilterra e Russia zarista si sfidavano nel grande gioco per il controllo dell’immenso continente asiatico. Quando sembrava che l’Inghilterra avesse vinto, la Russia comunista occupò con una serie di guerre lampo gli staterelli islamici indipendenti dell’Asia Centrale e ricominciò il grande gioco, questa volta contro gli Stati Uniti e i loro alleati.
Il grande gioco non è finito neppure ora. Le ambizioni imperiali di Putin si estendono a un grande fronte che parte dalla Bielorussia e dal Caucaso (di qui anche le agitazioni in Georgia) e si estende fino ai confini della Cina passando per l’Asia Centrale e il Pakistan. Conta su solidi amici nella stessa attuale coalizione che governa l’India, mentre riannoda antichi legami con Siria e Iran e corteggia i regimi militari post-comunisti dell’Indocina.
Al “Grande Medio Oriente” di Condi Rice, Putin contrappone una sorta di ombrello protettivo che si disinteressa dei diritti umani e protegge tutte le dittature disposte a riconoscere l’egemonia del Cremlino. Un grande gioco che oppone Putin agli Stati Uniti ma anche alle ambizioni della Cina (che però sembra meno attiva in Asia Centrale) e al fondamentalismo islamico che, se odia l’America, non ama certo la Russia e la sua politica in Cecenia. Un gioco denso di incognite, ma da cui l’Europa non ha nulla da guadagnare.
(A.C. Valdera)