L’inutile scandalo per un rito celebrato da duemila anni
Tanto per cominciare la messa celebrata domenica nella Cappella Sistina non era una messa preconciliare. Era invece una eucaristia celebrata secondo il rito latino ordinario, quello riformato da Paolo VI. Oltretutto non era celebrata neanche in lingua latina.
L’unica differenza rispetto agli anni precedenti era che Ratzinger ha voluto celebrare la messa non su un altare posticcio ma in quello storico della Sistina, addossato al Giudizio di Michelangelo. E si tratta di una scelta legittima anche secondo le norme liturgiche post conciliari. Oltretutto poi la cappella privata del Pontefice ha anch’essa l’altare addossato al muro e quindi le messe ivi celebrate da Benedetto XVI, e prima di lui da Giovanni Paolo II, sono state sempre “spalle ai fedeli”.
Che il Papa poi abbia scelto di celebrare non versus populum non può essere una sorpresa visto che da cardinale aveva più volte espresso la constatazione che il cambio di direzione della preghiera liturgica non era stato previsto dal Concilio Vaticano II e che quindi era pienamente legittimo, e per certi versi auspicabile, farlo.
A questo proposito basta andarsi a rileggere l’introduzione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger al volume “Rivolti al Signore” (uscito in inglese nel 2004 e pubblicato in Italia da Cantagalli nel 2006) di padre Uwe Michael Lang, che non a caso con papa Benedetto XVI è stato chiamato a Roma come officiale della pontificia Commissione per i beni culturali della chiesa.
Oltretutto è la stessa espressione “spalle ai fedeli” a non avere senso. Ha scritto infatti Pietro De Marco, professore all’Università di Firenze e alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, in un commento scritto per il sito di Sandro Magister: “Specialmente l’essere ‘rivolti al Signore’ del celebrante – che non è un ‘dare le spalle’ al popolo come insensatamente molti ripetono – e dell’assemblea tutta, così come la posizione eccentrica dell’altare rispetto agli astanti, conducono a riflettere di nuovo su spazio e tempo sacro, sul loro senso e fondamento.
Di nuovo ma non in maniera ‘nuova’: piuttosto nel solco della tradizione cattolica, latina e orientale”. Tornare infatti alla preghiera verso l’altare, cioè verso il Signore, significa tornare a una tradizione millenaria che la riforma liturgica, così come è stata attuata nel dopo Concilio, ha voluto cancellare. Con conseguenze gravi nella chiesa cattolica. Come ha più volte detto l’allora cardinale Ratzinger (che non a caso da Papa ha voluto dare col motu proprio “Summorum pontificum” piena cittadinanza al rito latino preconciliare).
E come disse con parole anche dure don Divo Barsotti (1914-2006) nel novembre del 1996 durante un’intervista: “E’ un problema grosso quello di parlare della Liturgia. Non possiamo accettare la riforma liturgica così come è stata introdotta. Se non si ritorna a rivedere quello che è stato fatto, noi rischiamo di perdere veramente tutto”.
(A. C.Valdera)