Fino a quando sarà possibile che lo schiaffeggiatore di un docente, sospeso per tre mesi, possa trasferirsi in un altro istituto per non perdere l’anno, sarà ridicolo parlare di task force di educatori civici, e semplicemente vergognoso trincerarsi dietro l’autonomia scolastica
di Giorgio Israel
È comprensibile che gli abitanti della Campania desiderino che le loro discariche siano simili a quella sopra menzionata, ma non che rifiutino di averne, tantomeno erigendo barricate e lanciando molotov. Né sarebbe ragionevole che le forze dell’ordine rispondessero alle barricate e alle molotov distribuendo copie della Costituzione o istituendo corsi di convivenza civile e di diritto.
E allora che direste del progetto di rispondere al bullismo scolastico con dei corsi di educazione civica o convivenza civile?
Alla fin fine, chi si oppone a una discarica nel proprio territorio ha pur sempre qualche motivazione – se non lo fa con violenza e con fini e modalità eversivi – come la richiesta che la discarica non inquini le falde acquifere. Ditemi quale può essere la motivazione di un branco di bulli che marchia il primo della classe con una moneta incandescente, brucia a un altro i capelli e gli incide in faccia una svastica o mette in mutande il professore.
Può esistere la più lontana giustificazione di atti simili? E qualcuno crede davvero che chi li compie non sia consapevole di fare del male? Si tratta invece di persone capaci di intendere e di volere cui bisognerebbe rispondere in un solo modo: con l’applicazione più severa e intransigente dei regolamenti scolastici e della legge.
Assistiamo invece in questi giorni a un fiorire di proposte di corsi di educazione civica e addirittura alla riproposizione di corsi zapateristi di “educazione alla convivenza civile”, magari da parte di cattolici che, con coerenza degna di miglior causa, hanno condannato un istante prima il laicismo dei corsi di “educación para la ciudadania”.
Insomma, rispunta fuori la solita demagogia del “disagio sociale”, della risposta “educativa” e “dialogante”, il rifiuto della “repressione”; dimenticando che è proprio questa demagogia e la melassa donmilanista che ha condotto la scuola allo sfacelo, al “disagio sociale”, al crollo delle regole elementari della “convivenza civile”, alla cancellazione dei principi etici elementari.
Cambiare registro
Ma c’è qualcosa di più grave al fondo del riproporsi ostinato dei medesimi errori. Da qualche tempo dilaga la consapevolezza che occorre cambiare registro in modo radicale per salvare – se ancora è possibile – la scuola. Pochi giorni fa Pietro Citati su “La Repubblica” ha paragonato a un «vero, immane disastro, paragonabile a un terremoto del decimo grado della scala Mercalli» l’opera dell’ex-ministro Luigi Berlinguer «circondato da una schiera di pedagogisti», che ha trasformato l’istruzione nel «regno dell’immensa faciloneria governata da un sovrano idiota».
A sua volta, Francesco Alberoni, ha denunciato «i catastrofici errori dei pedagogisti consulenti dei ministri che hanno influenzato tutte le riforme scolastiche degli ultimi anni… veri responsabili della ignoranza dei nostri figli, della loro incapacità di pensare logicamente, di argomentare», ammonendo che solo «se ci liberiamo di questa pedagogia potremo avere di nuovo una scuola adatta ai nuovi difficili tempi». Chi conosce un minimo il mondo della scuola e l’umore delle famiglie sa quanto questa consapevolezza e questi sentimenti siano sempre più diffusi e il malcontento nei confronti dei pedagogisti sia dilagante.
Le solite proposte
Di fronte a questo malcontento e a queste polemiche gli interessati tacciono, pronti però a rispuntare dai corridoi ministeriali o sindacali in cui si sono rintanati in attesa di tempi migliori. Ed ecco che viene fuori il pedagogista di turno a proporre l’istituzione di corsi di educazione civica, con relativi docenti, lamentando che il ministero non abbia concesso “autonomia” a questa disciplina.
Insomma, una nuova greppia, con nuove cattedre, nuove ore di lezioni, nuovi docenti e nuove assunzioni. Anche Giorgio De Rienzo ha parlato di «impiego di esperti esterni» addirittura con obbiettivi locali, per esempio -torniamo daccapo – il problema dei rifiuti campani. E il presidente dell’Associazione dei Presidi Rembado si è sostanzialmente lavato le mani del problema dichiarando che va bene anche l’educazione civica, purché non si tocchi l’autonomia scolastica e non si torni ai programmi ministeriali. Cominciamo, anzi ricominciamo male, malissimo.
Forse bisognerebbe prendere atto che sono in tantissimi a non poterne più proprio degli “esperti esterni”, degli specialisti di etica e di morale e depositari della corretta interpretazione dei dieci comandamenti, di coloro che sanno tutto di “affet tività” e insegnano come ci si vuol bene, come si deve convivere e avere rapporti amorosi, che sanno tutto della psiche umana e sono specialisti di fabbricazione di “te ste fatte bene”. Delle catastrofiche prestazioni delle loro scienze sembra che non siano tenuti a render conto a nessuno, malgrado siano sotto gli occhi di tutti. Possiedono però una capacità indiscussa: quella di rispuntar fuori da ogni angolo a dispetto di ogni insuccesso.
Inutili task force
Cosa fare? Invece di progettare l’ennesimo sperpero di denaro pubblico in task force di “esperti esterni” di metodologie del nulla, capaci soltanto di affossare ulteriormente la scuola, occorre restituire agli insegnanti la funzione di autentici maestri ed educatori (con annessi diritti e doveri), richiamare energicamente le famiglie a esercitare la funzione educativa primaria che ad esse compete e a comportarsi responsabilmente nei confronti dell’istituzione scolastica, il tutto in una cornice di ripristino rigoroso delle regole, dei regolamenti e del rispetto delle leggi vigenti.
Fino a quando sarà possibile che lo schiaffeggiatore di un docente, sospeso per tre mesi, possa trasferirsi in un altro istituto per non perdere l’anno, sarà ridicolo parlare di task force di educatori civici, e semplicemente vergognoso trincerarsi dietro l’autonomia scolastica.
(A.C. Valdera)