La Croce quotidiano 10 maggio 2016
Non «un branco di gente assurda che corre intorno senza nesso o ragione» (W. Allen), né abitanti dell’«atomo opaco del male» (G. Pascoli): il libro dello psichiatra Ermanno Pavesi recupera la trascendenza dell’esistenza umana ricollocando la lezione giudaico-cristiana dell’uomo “poco meno di un angelo” nel quadro del nostro contesto contemporaneo. L’autore è segretario generale della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici (FIAMC)
di Giuseppe Brienza
Nel suo ultimo libro “Poco meno di un angelo. L’uomo, soltanto una particella della natura?”, appena uscito per la D’Ettoris editori (Presentazione di Mauro Ronco, Crotone 2016, pp. 312, € 20,90), lo psichiatra Ermanno Pavesi ci dimostra come le teorie che pretendono di considerare solo la parte biologica dell’uomo e della donna siano totalmente infondate. Gli uomini, afferma, non sono identificabili «solo in una particella della natura e, per di più, una natura interpretata in senso materialistico» (p. 221). È chiaro che da un tale quadro discenda logicamente l’ateismo, poiché «l’ordine dell’universo non porta più in sé le tracce della volontà divina [e] in questo modo il mondo perde anche la sua funzione normativa, non esiste un ordine morale assoluto. Il mondo appare sempre più come il risultato della lotta di forze naturali e di esseri viventi, o più precisamente dei loro istinti» (ibidem).
Il saggio rappresenta il frutto della riflessione, condotta ininterrottamente nel corso della sua lunga vita di scienziato di Pavesi che, studente di Medicina all’Università di Modena, è stato tra i fondatori, nel 1968, con Giovanni Cantoni ed altri, dell’associazione civico-culturale “Alleanza Cattolica”. Pavesi si laurea quindi a Modena nel 1973 e, nel 1977, si specializza in Psichiatria trasferendosi contestualmente nella Svizzera tedesca, al fine di svolgere attività professionale e scientifica nelle cliniche psichiatriche delle Università di Basilea e di Zurigo. Diventa anche docente in “Antropologia psicologica” e in “Psicologia della Religione” all’Università germanica Gustav-Siewerth-Akademie di Weilheim-Bierbronnen, nonché in Psicologia alla Theologische Hochschule Chur presso la Facoltà di Teologia della Diocesi di Coira. Per vent’anni (dal 1988 al 2008) Pavesi ricopre l’incarico di Segretario dell’Associazione dei Medici Cattolici Svizzeri e, dal 1992 al 1996, è contemporaneamente Segretario della Federazione Europea delle Associazioni dei Medici Cattolici. Attualmente, dal 2010, è Segretario generale della “Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici” (FIAMC).
Il libro parte dall’illuminata lettura e interpretazione dell’Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco, il quale contrappone la concezione dell’uomo come persona creata a immagine e somiglianza di Dio, e dell’universo come creazione, al “paradigma tecnocratico” che lo considera invece come prodotto di uno sviluppo casuale.
L’enciclica di Bergoglio, che spesso è presentata come un documento “ecologico” e, in alcuni casi, quasi il frutto della “conversione” del magistero della Chiesa alle questioni ambientali, è invece una delle migliori difese contemporanee dell’antropologia cristiana contro il relativismo e il paradigma tecnocratico. “Laudato si’”, commenta lo psichiatra, «si occupa certamente di problemi ambientali, ma li inserisce in un quadro più ampio e già il titolo la caratterizza come un inno di lode a Dio Creatore. Si deve tener presente che il testo presenta differenti livelli, con continui riferimenti e rimandi ai livelli superiori: “non si può proporre una relazione con l’ambiente a prescindere da quella con le altre persone e con Dio. Sarebbe un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza” (n. 119). L’apertura alla trascendenza diventa la condizione imprescindibile per inquadrare correttamente la questione ambientale» (pp. 27-28).
Il filo rosso dello studio di Pavesi è quindi nella certezza scientifica e metafisica sull’unità della persona umana, composta dall’unione indissolubile dell’anima e del corpo. Consapevole dell’insegnamento del Concilio Vaticano II sull’uomo, che «[…] non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della natura o un elemento anonimo della città umana» (Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale sul mondo contemporaneo, “Gaudium et Spes”, n. 14, 7 dicembre 1965), lo studio conferma le parole conciliari con l’esperienza scientifica, passando in rassegna le varie visioni naturalistiche che, spesso in contraddizione tra loro, cercano vanamente di spiegare l’attività psichica dell’uomo senza il ricorso all’anima spirituale.
Nei ventitré capitoli dello studio, il libro ripercorre gli itinerari della scienza psicologica lungo il corso del tempo, dalla Grecia classica alla contemporaneità, cogliendo l’irriducibile conflitto tra le due opposte concezioni dell’uomo: quella di coloro che vedono in esso la creatura fatta da Dio a sua immagine e somiglianza e quella di coloro che lo riducono a un grumo di materia, prodotto casuale dell’evoluzione. Il libro ripropone quindi tutte le argomentazioni con le quali è possibile superare, una volta per tutte, la visione deterministica e materialistica dell’uomo. Una cosa sono i nervi e le ossa, altra la volontà, la libertà e la ragione.
Pavesi dedica poi tre capitoli di eccezionale attualità (il 9, “L’Umanesimo”, il 10 “Francesco Petrarca e la nascita dell’Umanesimo” e l’11 “Umanisti cristiani”) all’esame delle origini di quel «Nuovo Umanesimo» del quale blaterano massoni e medici laicisti. Un portato culturale dell’illuminismo agnostico e dello storicismo tedesco del XIX secolo «che erode la radice della dignità della persona e del libero arbitrio dell’uomo», come scrive Mauro Ronco nella Presentazione (p. 19). Si tratta di un pensiero che ispira anche i vertici del laicismo internazionale e, in particolare, dell’Unione europea, che imponendo aborto, eutanasia e adozioni agli omosessuali nega che l’uomo sia una persona dotata di intelletto e di libero arbitrio, «da cui sgorga la responsabilità per le proprie azioni, tanto che l’uomo può degradarsi al livello delle bestie, ovvero di ascendere con la grazia di Dio fin verso le creature divine che erode la radice della dignità della persona e del libero arbitrio dell’uomo» (M. Ronco, Presentazione, p. 20).
Il capitolo 12 (“Martin Lutero e la Riforma protestante”) è cruciale nell’economia dell’opera di Pavesi, dato che rinviene nel “cuore” della riforma luterana l’origine del pessimismo antropologico che ha originato il relativismo e l’anarchia attuale. Citando la risposta di Lutero a Erasmo da Rotterdam sul tema del libero arbitrio, Pavesi osserva che l’ex monaco tedesco, scagliandosi contro le tesi di Erasmo a favore della libertà dell’uomo, riconosce tuttavia a quest’ultimo il merito di aver capito il nucleo essenziale della sua rivolta, che si annida nella negazione della volontà e della libertà umana. Esito cui giungono nel secolo per antonomasia dell’irrazionalismo (il Novecento), i «maestri del sospetto» Nietzsche, Lenin e Freud. In questa prospettiva, alla desertificazione dell’umano conseguente alla «morte di Dio» e all’«eclissi del padre», Pavesi oppone che l’abbandono di Dio e la demolizione della famiglia non hanno affatto liberato l’uomo, ma l’hanno totalmente reso schiavo, lasciandolo in balìa dei propri più bassi istinti e desideri.