Che la vita religiosa sia uno dei segni più eloquenti del generale andamento della Chiesa è una cosa evidente e che non richiede alcuna particolare spiegazione. Che dopo il Concilio Vaticano II ci sia stato un vero e proprio crollo della vita religiosa è altresì un fatto assodato e su cui non possiamo avere più alcun dubbio, a 45 anni dalla chiusura dell’assise ecumenica.
Questo lavoro, costato alcuni anni di ricerca, è molto denso e non è facile darne un’idea nel poco spazio che abbiamo: possiamo però dire da subito che è vivamente consigliato prenderne atto, e ci auguriamo che il religioso, magari supportato da altri studiosi, vada avanti nell’approfondimento delle cause della crisi religiosa post-conciliare, così universale e profonda come vedremo in alcuni brevi esempi, da meritare un’attenzione proporzionata.
L’autore non si è limitato alla consultazione dell’Annuario Pontificio ma ha fatto solerti indagini personali, correggendo qua e là le imprecisioni e fornendo una radiografia intensa e dunque sconvolgente di tutte le forme religiose esistenti nella Chiesa: i canonici regolari, i monaci, i cosiddetti ordini mendicanti, i chierici regolari, le congregazioni religiose clericali e laicali, e gli istituti di vita apostolica.
Ebbene queste sei tipologie di vita religiosa hanno tutte, senza alcuna eccezione, avuto dei cali drammatici in entrata e dei più o meno grandi abbandoni (non di rado superiori al 50% !). Tutti gli istituti compresi in queste 6 categorie (che ammontano a 205) sono repertoriati in una sola pagina in cui si descrive, oltre alla data di fondazione e di approvazione e al carisma specifico, la consistenza numerica dei membri per ogni anno dal 1965 al 2005.
Saltano dunque subito all’occhio le perdite numeriche (o talvolta gli aumenti) degli istituti e i bilanci espressi in percentuale. Vi sono poi, dopo i grafici di cui sopra, 23 tabelle sintetiche, che mostrano gli aumenti e i cali nelle varie forme di vita, stabilendo dunque i primati in positivo e in negativo, sia in termini assoluti che percentuali. Si tratta insomma di un lavoro di primo piano e assolutamente serio e raccomandabile.
Facciamo alcuni esempi significativi. I 6 ordini religiosi maschili più consistenti nel 2005 (e certamente ancora oggi) erano i gesuiti (19.850 membri), i salesiani (16.645), i frati minori (15.794), i cappuccini (11.229), i benedettini (7.798) e i domenicani (6.109). I medesimi però nel 1965 avevano ben altri numeri: 36.038, 22.042, 27.009, 15.838, 12.070, 10.091.
Vista la diversità dei carismi rispettivi e la loro diffusione geografica, la loro forte tradizione e il loro radicamento, il declino di questi bastioni della vita religiosa è già sufficientemente esplicativo di una situazione più generale e complessiva. Infatti se i religiosi in totale erano 329.799 nel 1965, 40 anni dopo la chiusura del Concilio ne restavano 214.903.
Questi dati sono anche da mettere in relazione con l’aumento dei battezzati nello stesso periodo, con l’innalzamento contemporaneo, per lieve che sia, della vita media degli uomini e col fatto che, gli ordini di cui sopra, nei decenni precedenti al Vaticano II (1900-1965, per esempio), malgrado una secolarizzazione già forte (che non è nata nel 1968 !) avevano costantemente aumentato i loro effettivi.
Ci sono delle eccezioni nella «tempesta della crisi post-conciliare» (p. 291)? Sui 205 istituti analizzati dall’autore 55 hanno avuto degli aumenti, più o meno consistenti. Ci riesce molto difficile caratterizzare questi istituti-eccezione, ma ci pare che di norma essi siano di recente fondazione (con l’eccezione dei carmelitani), spesso persino successiva al Concilio e con una marcata identità, con alcune differenti peculiarità. Ma a questo punto le osservazioni potrebbero moltiplicarsi all’infinito.
Il pregio speciale su tutti del lavoro di Padre Angel è quello di non aver negato la crisi (sia passata, sia futura: le emorragie non sono finite e alcuni ordini spariranno) e di aver tracciato per sommi capi un cammino di recupero identitario ed esistenziale.
Ci permettiamo di aggiungere una breve chiosa: gli istituti religiosi, a qualunque ramo appartengono e ovunque si trovino, che usano comunemente la liturgia immemoriale della Chiesa (quella rimessa in vigore da Papa Benedetto XVI), dalla Fraternità san Pietro (+ 171%) alla Fraternità san Vincenzo Ferreri (+ 114%), dall’Istituto dei servi di Gesù e Maria (+ 51%) ai tanti altri non repertiorati (come l’Istituto di Cristo Re Sommo sacerdote, i benedettini di Le Barroux, fino al più recente Istituto del Buon Pastore e vari altri) hanno tutti avuto un costante aumento dei membri.
Anche su questo bisognerà interrogarsi, prima che sia troppo tardi.