di Renato Farina
Il vescovo sudanese ha raccontato la passione, crocifissione e morte di sette cristiani in Sudan. È stata Al Qaida. La complicità del governo islamico di Khartoum, sostenuto dalla Cina, è palese.
Non è la prima volta che accadono questi orrori. Anni fa, Antonio Socci ha dedicato un libro a queste stragi di cristiani in Sudan. Arrivavano racconti come questo: le milizie di banditi musulmani hanno rincorso i cristiani che cercavano rifugio nella foresta. Li hanno presi, e inchiodati agli alberi. I testimoni c’erano, ma – veniva opposto – dove sono le foto, dove sono le immagini della Cnn o almeno di Al Jazeera? Allora, zitti, prudenti, silenti.
Ora però basta così con gli occhi chiusi e le bocche cucite. Quanto orrore. C’è strazio. Eppure anche consolazione che piove fresca su di noi per la testimonianza. Oriana direbbe: anche tra noi c’è chi ha più cara la libertà della vita, e sette ragazzi si lasciano uccidere ma non rinnegano la loro fede. Sono santi, sono nella gloria. Ma noi? Noi qui facciamo davvero schifo.
Parlo di me, parlo dell’opinione pubblica occidentale. E anche dei cristiani, soprattutto dei cristiani. La notizia era del 13 agosto. Possibile che nessuna tra le agenzie di stampa abbia un corrispondente o l’Onu non abbia qualcuno che possa dare forza a questi racconti? Il fatto è che si tratta di fatica sprecata. Non interessa, siamo appassiti.
Quando i primi frammenti di certezza avvalorarono la storia dei crocefissi in Sudan, alla Camera dei deputati fu data la parola a Luca Volontè (Udc), poi a Marco Zacchera (Pdl). Raccontarono, condannarono. Naturalmente questi interventi furono concessi a fine seduta, i deputati uscivano chiacchierando, che importa, fatti di afro-cristiani, alla malora. (Quando giunse notizia di un proiettile a un giornalista di Annozero, la parola fu data subito, a metà seduta, a una deputata del Pd). Nessuna agenzia riprese la cosa. Nemmeno io ne scrissi, pensando: tanto a chi interessa? Stupido alibi.
Sono in buona, anzi cattiva compagnia. I vescovi perché non sono andati in tivù a stracciarsi le vesti per l’indifferenza nostra? Gran parte dei presuli italiani in questi mesi sono stati impegnati in altro tema, molto più gustoso e in grado di suscitare titoloni: la moralità privata di Berlusconi, non è vero? Il segretario della Cei, monsignor Crociata (un nome abbastanza esagerato), si è distinto più per le interviste sul premier che sulla persecuzione dei cristiani.
Ci sta tutto nella vita e nelle prediche, ma bisognerebbe anche ricordarsi che il governo italiano, grazie al vituperato Berlusconi e al ministro Franco Frattini, è il più impegnato nella difesa della libertà religiosa: è il solo tra quelli europei ad aver avviato pratiche diplomatiche contro la persecuzione dei cattolici a Orissa, in India; ha sostenuto i credenti con i leader iracheni e afghani.
Il Papa non fa che ricordare martiri e persecuzioni, indicando luoghi e Paesi. Ha invocato ovunque libertà di professione e pratica della fede. A Ratisbona ha gridato contro la violenza nel campo della religione, era il 12 settembre 2006. Invece in Occidente, anche i cristiani, hanno estratto da lì pretesti per attaccarlo: insulta l’islam. Insultiamo l’islam se diciamo che questi musulmani assassini in Sudan vanno messi al bando? Che non ci può essere tolleranza e integrazione per chi disintegra e tollera le crocifissioni?
Il Papa ha parlato in Africa durante il viaggio in Angola del 2008. Ha ricordato le persecuzioni. Unica frase estratta: «Il preservativo non risolve il problema dell’Aids». Invece di condannare le persecuzioni, Franceschini in Italia e i belgi in Europa, condannarono lui. Il fatto è che i cattolici si fanno scrivere l’agenda dei loro sentimenti e delle loro prese di posizione da chi ha in mano il pallino della cultura europea, che è relativista.
In Consiglio d’Europa si sono condannati giustamente razzismo, antisemitismo, islamofobia, omofobia e dimentico senz’altro qualcosa. Ho cercato di introdurre il discorso sulla cristianofobia: richiesta ignorata. In compenso anche i cristiani sono tutti protesi a parlare dei grandi perseguitati: i gay! Giusto. Ma non al punto di farci una legge apposta, secondo me.
Il 28 settembre scorso, a Sanremo, un vecchio frate è stato aggredito da un musulmano: rischia di perdere un occhio. Qualcuno lo sapeva? Qualcuno ha proposto una legge perché sia un’aggravante uccidere un ministro del culto? Ne uccisero tanti di seminaristi e preti nel Triangolo Rosso, in Emilia-Romagna, i comunisti-partigiani negli anni dal ’45 al ’50. A noi basterebbe anche oggi che saltassero fuori i nomi…
E ci ricordassimo di più di quei sette ragazzi crocifissi. Bisognerebbe dedicargli da qualche parte una piazza, una strada. Un minuto di silenzio in Parlamento e negli stadi. E una preghiera nelle chiese.