Culle vuote allarme in Asia

Mondo e Missione Novembre 2009

DENATALITA’ UNA MINACCIA SUL FUTURO

400 milioni di nascite «evitate» in trent’anni il prezzo del «miracolo cinese». Ora Pechino corre ai ripari. Corea, Giappone Taiwan e Singapore lanciano l’Sos: meno figli, economia in crisi

di Gerolamo Fazzini

In Oriente, è risaputo, si trova la maggior parte dei Paesi più popolosi del mondo: Cina e India, ovviamente, ma anche Indonesia, Pakistan, Bangladesh, Filippine… Molti di questi Paesi si scontrano con il problema di una pianificazione demografica a misura d’uomo e, in ultima analisi, di procreazione responsabile. Non tutti sanno, però, che le economie più avanzate dell’Asia si trovano alle prese con il problema inverso: la denatalità e l’invecchiamento inesorabile della popolazione, con tutte le pesanti ricadute sociali connesse. Il che conferma quanto scrive il Papa al n. 28 dell’enciclica: «L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo».

Qualche dato. Nel 2007 il locale Dipartimento per il censimento e le statistiche ha calcolato che, a partire dal 2033, in Hong Kong per ogni mille lavoratori risiederanno 428 ultra-sessantacinquenni. Il tasso di natalità locale è pari allo 0,7, più basso di quello italiano, tra i più preoccupanti al mondo.

DIVERSI PAESI ASIATICI – fra cui Giappone e Taiwan – stanno avviando politiche familiari per invertire l’allarmante trend demografico. Di recente le autorità di Taipei hanno promosso una campagna triennale per spingere le donne ad avere il primo figlio prima dei 30 anni e il secondo non dopo i 35.

Interessante il caso di Singapore, dove – riferisce AsiaNews – è stato lanciato persino un reality show per invitare la popolazione a fare più figli. Nel 2002 il tasso di fertilità della donna ha toccato il minimo storico dell’1,4; nel 1960 era del 5,5; trent’anni dopo era precipitato all’1,7. Anche in Corea del Sud il tasso di natalità è bruscamente sceso negli ultimi tempi. Nel 2006 sono nati 438 mila bambini, ben l’8 per cento in meno dell’anno precedente. Tra i Paesi Ocse, la Corea del Sud ha il più basso tasso di natalità. Ma mentre in molte nazioni la natalità è in aumento dall’inizio del decennio, qui la parabola discendente continua.

Al ritmo attuale, nel 2050 la popolazione sudcoreana potrebbe scendere al di sotto dei 40 milioni. In parallelo, la durata media della vita si è alzata parecchio e oggi raggiunge i 73 anni per gli uomini e gli 80 per le donne. Nel 2026, stando ai demografi, in Corea del Sud la quota degli over-65 sarà del 20 per cento. Il caso indubbiamente più significativo è quello della Cina. La ferrea politica demografica condotta nell’arco di un trentennio ha «evitato» (per usare il linguaggio del Partito) la bellezza di 400 milioni di nascite. Ma un demografo cinese preferisce chiamare tutto ciò col suo vero nome: una «lenta tragedia umanitaria che mina lo sviluppo futuro del Paese».

DEI TERRIBILI EFFETTI collaterali di una politica disumana, si sono accorti, seppur con grave ritardo, anche i politici. Ai primi di agosto un giornale di Shanghai ha dato grande risalto a una «campagna di sensibilizzazione» promossa dalle autorità locali per ricordare ai cittadini una clausola della ferrea normativa statale in materia demografica, ovvero la possibilità, per le coppie in cui entrambi i coniugi siano figli unici, di poter avere un secondo figlio. Non siamo ancora in presenza, beninteso, di una vera svolta nella politica demografica cinese, che fa rispettare la regola del figlio unico con metodi brutali, dalle multe salatissime agli aborti forzati (secondo Harry Wu, autore di La strage degli innocenti. La politica del figlio unico in Cina, 13 milioni in un anno).

Il punto è che a Shanghai hanno visto che i conti non quadrano. Ben 3 dei 15 milioni di residenti hanno passato i sessant’anni; di qui a dieci anni saranno il 30 per cento della popolazione. Il governo, che ai cittadini promette la «società armoniosa», si trova a gestire uno squilibrio impressionante tra giovani e anziani. Shanghai, infatti, anticipa un trend comune all’intera Cina: entro il 2050, si prevede che vi saranno solo 1,6 adulti in età lavorativa ogni pensionato (contro i 7,7 del 1978). La politica del figlio unico ha generato un esercito di «piccoli principi» (90 milioni almeno) e creato una sproporzione, unica al mondo, fra componente maschile e femminile della popolazione.

Cresce, nel frattempo, il malcontento: il 70,7 per cento delle donne cinesi, secondo un recente sondaggio, desidera avere due o più figli. La cronaca lo documenta, l’economia lo conferma: se non è fondato sulla risorsa-uomo, il progresso di un Paese è di corto respiro. Lo scrive a chiare lettere anche il neopresidente dello lor, l’economista Ettore Gotti Tedeschi, nel suo contributo in Lezioni per il futuro (ed. Sole 24 Ore, 2009).

A dispetto della vulgata neo-malthusiana, le culle vuote non rappresentano la garanzia di un futuro luminoso (meno commensali a tavola e più risorse a disposizione), bensì un’ipoteca sul futuro. »