Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân
Newsletter n.720 – 15 luglio 2016
Ermanno Pavesi
(Segretario generale della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici)
Quando si parla di Martin Lutero (1483-1546) si pensa soprattutto alla Riforma protestante, cioè al movimento religioso che ha portato alla separazione di una parte consistente della Cristianità dalla Chiesa di Roma e alla costituzione della confessione protestante. Alla Riforma viene attribuito un ruolo importante nella formazione della civiltà moderna, indipendentemente dal giudizio che si può dare della modernità, ma è difficile immaginarsi come controversie su indulgenze, papato e purgatorio, che normalmente vengono indicate come cause della Riforma, per quanto importanti per la fede, abbiano potuto avere tali ripercussioni e modificare il corso della civiltà europea, questioni che Lutero stesso considera peraltro come “sciocchezze”.
Lutero ha dedicato una delle sue opere più importanti, il De servo arbitrio alla negazione del libero arbitrio polemizzando con l’umanista Erasmo da Rotterdam (1466 ca.-1536), che invece aveva difeso il ruolo della libertà umana, ma riconoscendogli il merito “di avere, solo fra tutti, affrontato la vera questione, il punto cruciale cioè, senza importunarmi con altri problemi fuori luogo, come il papato, il purgatorio, le indulgenze e cose simili – sciocchezze più che vere questioni – con cui finora quasi tutti mi hanno dato invano la caccia, Tu, e soltanto tu, hai visto il cardine dei vari problemi e hai affrontato la questione cruciale” [1].
Il peccato originale avrebbe compromesso completamente le facoltà naturali dell’uomo, in particolare la ragione e il libero arbitrio, “Ragione e volontà lottano contro Dio, e sono cavalcate e guidate dal diavolo” [2], a meno di un intervento diretto di Dio: “La volontà umana è stata pertanto posta nel mezzo, come una bestia da soma. Se la cavalca Dio, vuole e va dove Dio vuole, come dice il libro dei salmi. ‘Io ero verso di te come una bestia. Ma pure io resto del continuo con te’ [Salmo 73,72 segg.].Se invece la cavalca Satana, vuole e va dove Satana vuole. E non è nella sua facoltà scegliere o cercarsi uno dei due cavalieri, bensì sono i cavalieri a combattersi l’un l’altro per ottenerla e possederla” [3].
Dominato dalla concupiscenza, di per sé, l’uomo, incapace di conoscere ciò che è bene e di cercare di perseguirlo, non potrebbe fare altro che soddisfare i propri istinti e i propri interessi. Anche chi cerca di vivere virtuosamente sarebbe solo presuntuoso e arrogante, per questo “le più nobili virtù tra i pagani, quanto c’è di meglio tra i filosofi e quanto di più elevato tra gli uomini può certamente essere chiamato e apparire onesto e buono al cospetto del mondo, ma al cospetto di Dio è in realtà carne e schiavo del regno di Satana, vale a dire empio, sacrilego e a tutti gli effetti malvagio” [4].
Lutero critica i filosofi antichi, soprattutto Aristotele, per la loro pretesa di arrivare a una certa conoscenza di ciò che è bene per l’uomo sulla quale fondare l’etica e di elaborare quindi anche una teoria delle virtù, cioè dei mezzi per raggiungere il proprio bene e quello comune. Solo se “cavalcato” da Dio, cioè con la grazia concessa gratuitamente grazie al sacrificio sulla Croce del Redentore, l’uomo potrebbe essere veramente giusto, mentre affidarsi all’osservanza della Legge relativizzerebbe automaticamente l’opera redentrice e quindi sarebbe un atteggiamento blasfemo.
La civiltà europea, l’Occidente cristiano, era nata dall’incontro fra fede nella Rivelazione e pensiero greco che secondo il papa emerito Benedetto XVI “anche con il patrimonio di Roma, ha creato l’Europa e rimane il fondamento di ciò che con ragione, si può chiamare Europa [5]. La crisi della civiltà europea dipenderebbe anche dal processo di de-ellenizzazione che ha rotto la sintesi di fede e ragione, e sempre secondo Benedetto XVI il processo di de-ellenizzazione “emerge dapprima in connessione con i postulati della Riforma del XVI secolo” [6].
Alla ragione viene negata la capacità di conoscere gli aspetti più profondi della realtà e delle cose, e viene ridotta a mero strumento per esaminarne gli aspetti funzionali e per dominarla. La svalutazione delle capacità della ragione porta direttamente al relativismo: se non è possibile avvicinarsi alla verità delle cose per mezzo della ragione, ogni giudizio personale rimarrebbe solo a livello di mera opinione, né dimostrabile né confutabile.
Fin dagli inizi, il cristianesimo aveva combattuto concezioni astrologiche che avevano un ruolo dominante nelle religioni antiche, secondo le quali il destino dell’uomo è ”scritto nelle stelle”. Per il cristianesimo, infatti, l’uomo è persona, dotato di ragione e di volontà, anche se indebolite dal peccato originale, e quindi responsabile dei propri pensieri e delle proprie azioni, e non uno strumento totalmente in balìa di forze esterne. L’antropologia cristiana riconosce certamente che l’uomo è soggetto a influenze delle quali talvolta non si rende pienamente conto, ma, a parte situazioni estreme, come nel caso di gravi malattie psichiche, è sempre responsabile delle proprie azioni. La visione di Lutero, invece, è radicale: l’uomo è guidato da forze indipendenti dalla sua volontà.
L’antropologia di Lutero ha esercitato una grande influenza sulla filosofia tedesca e quindi sulla cultura moderna. Eliminata la dimensione personale dell’uomo, la cultura moderna ha cercato di ridefinirlo, cercando di individuare le forze che lo determinerebbero. Il filosofo tedesco Romano Guardini (1885-1968) scriveva: “L’uomo quale è concepito dai tempi moderni non esiste. I rinnovati tentativi di richiuderlo in categorie alle quali egli non appartiene: meccaniche, biologiche, psicologiche, sociologiche, sono tutte variazioni della volontà fondamentale di fare di lui un essere che sia ‚natura‘” [7].
Lutero pone i presupposti per il riduzionismo di molte antropologie moderne: l’uomo totalmente schiavo della concupiscenza diventa, per esempio, l’uomo della psicoanalisi dominato dalla libido, che dall’inconscio ne condiziona l’attività cosciente.
Se la ragione non è in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, cade anche la concezione di diritto naturale. Come Benedetto XVI ha ricordato nel suo discorso al parlamento tedesco: “Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto” [8]. Nella concezione moderna il diritto positivo non può più ispirarsi al diritto naturale e a principi immutabili, ma viene lasciato all’arbitrio di uno o di molti, a seconda della forma di governo.
Probabilmente non è casuale che Benedetto XVI durante le sue visite in Germania, la patria della Riforma, abbia richiamato la questione del rapporto tra fede e ragione in due importanti discorsi, e quindi i “postulati della Riforma”, consapevole che solo il risanamento della rottura del XVI secolo può consentire all’Europa di ritrovare la propria anima più autentica: “La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa” [9].
[1] M. Lutero: Il servo arbitrio, cit. p. 416.
[2] Theobald Beer, Der fröhliche Wechsel und Streit. Grundzüge der Theologie Martin Luthers, Johannes Verlag, Einsiedeln 1980, p. 252 e si riferisce a Lutero, Weimarer Ausgabe, vol. 40, I, 294, 6-9.
[3] Ibid, p. 125.
[4] Ibid., p. 333.
[5] Benedetto XVI, Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni. Incontro con i rappresentanti della scienza, Aula Magna dell’Università di Regensburg, Martedì, 12 settembre 2006.
[6] Ibid.
[7] Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna, trad. it., in Idem, La fine dell’epoca moderna. Il potere, Morcelliana, Brescia 2007, pp. 7-109 (p. 80).
[8] Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al Reichstag di Berlino, 22.9.2011.
[9] Ibid.