Ordine religioso, di Chierici Regolari, fondato da s. Ignazio di Loyola (v.) ed approvato dalla S. Sede nel 1540. I suoi membri si chiamano comunemente gesuiti. Le prime origini della C. di G. risalgono al 1534, in cui S. Ignazio raccolse a Parigi un primo gruppo di compagni ben scelti, desiderosi di attendere al bene delle anime; e si concretò più tardi a Roma nel 1539. I punti fondamentali, raccolti in una breve Formula Instituti Societatis Jesu, furono approvati verbalmente, il 3 sett. 1539, da Paolo III, che l’anno seguente confermava ufficialmente il nuovo Istituto con la bolla Regimini militantis Ecclesiae del 27 sett. 1540.
di Edmondo Lamalle
I. ORGANIZZAZIONE
1. L’Istituto
L’insieme dei testi legislativi della C. di G., sia provenienti da s. Ignazio, sia di data posteriore, costituiscono l’Institutum Societatis Iesu (edizioni d’insieme: Anversa 1635, 15 voll.; Praga 1705 e 1757, ciascuna in 2 voll.; Avignone 1827‑93, 7 voll.; Roma‑Firenze 1869‑91 C 1892‑93, ciascuna in 3 voll.).
Ecco le parti essenziali:
1) Le bolle pontificie d’approvazione o di concessione di privilegi.
2) Le Costituzioni di s. Ignazio, precedute da un Esame generale per uso dei candidati. Ciascuna delle dieci parti delle Costituzioni è accompagnata da “dichiarazioni” (edizione critica delle Costituzioni nei Monumenta historica S. I., voll. 63‑6_5, Roma 1934‑38; ampio commentario storico e ascetico : J. M. Aicardo S.I., Commentario a las Constituciones de la Compañìa de Jesús, 6 voll., Madrid 1919‑39).
3) Gli Esercizi spirituali di s. Ignazio che, senza essere un documento legislativo, forniscono lo spirito animatore della C. di G. (ed. critica nei Mon. hist. S. I., Madrid 1914).
4) Le Regole, fra le quali una serie, Sommario delle costituzioni, è un estratto dei passi di maggiore importanza ascetica delle Costituzioni; le altre, Regole comuni e Regole dei vari uffici, sminuzzano in prescrizioni pratiche i grandi principi ascetici.
5) I Decreti e canoni delle Congregazioni generali; vi si possono aggiungere le formole o regolamenti per la celebrazione delle stesse Congregazioni generali e provinciali.
6) Le Istruzioni e ordinazioni fatte o fatte fare dai padri generali e specialmente moltiplicate dal p. Acquaviva. Due ebbero eccezionale importanza, il Direttorio sulla maniera di dare gli Esercizi spirituali (ed. definitiva, Firenze 1599; ed. critica con gli Esercizi nei Mon. hist. S. I., Madrid 1914), e la Ratio atque Institutio Studiorum S. I (testo definitivo Napoli 1599; ed. scientifica del p. Pachtler nei Mon. Germaniae Peikdagogica, V, Berlino 1887; trad. it. del p. Barbera, Padova 1942; non incluse nei volumi dell’Institutum), le Lettere circolari dei padri generali a tutto l’Ordine, sono di carattere prevalentemente parenetico.
A scopo pratico, fu compilato un compendio o Epitome Instituti Societatis Iesu (Roma 1689; ristampe 1704, 1847, 1882). Ne fu eseguito un rifacimento totale (1924) dopo la pubblicazione del nuovo codice di diritto canonico. La forma di vita religiosa che segue la C. d. G. è quella dei Chierici regolari, nata appunto nel Cinquecento (con i Teatini, Somaschi, Barnabiti, ecc.) e che abbandona molte delle osservanze esteriori degli antichi ordini, accentuando invece la pratica apostolica dei ministeri sacerdotali.
2. Lo scopo.
Lo scopo della C. di G. è doppio ottenere la maggior gloria di Dio tanto mediante la santificazione personale, quanto per mezzo della salute e perfezione del prossimo. Ecco come i testi ufficiali spiegano questo fine apostolico: la difesa e la propagazione della fede e il profitto delle anime nella vita e nella dottrina cristiana, e ciò per mezzo delle prediche, esercizi spirituali, catechismi, amministrazione dei Sacramenti e altri ministeri sacerdotali, senza escludere le altre opere di misericordia spirituale e anche temporale.
Le forme di apostolato non sono tassativamente limitate, ma si adattano con grande flessibilità ai bisogni e possibilità dell’epoca. Innovazione introdotta da s. Ignazio fu la lunghezza della formazione e il procedere per passi nell’aggregare all’ordine le nuove reclute, con la conseguente distinzione di categorie o gradi fra i religiosi.
Dopo due anni di noviziato con i loro “esperimenti”, i tre voti pubblici semplici e perpetui mettono gli studenti nella categoria degli scolastici approvati, veri religiosi (“professi” nella terminologia comune del diritto) legati verso l’Ordine, che però non si lega ancora incondizionatamente verso di essi. Dopo gli studi di lettere, filosofia e teologia (comunemente separati da alcuni anni d’insegnamento), e un terzo anno di probazione (altra innovazione ignaziana), gli ultimi voti danno il grado definitivo: o la professione solenne di quattro voti (il quarto essendo di speciale ubbidienza al Sommo Pontefice), accompagnati da cinque voti semplici, o il grado di coadiutore spirituale formato con tre voti ordinari pubblici, ma semplici (non solenni); nella pratica attuale, la professione solenne dei soli tre voti sostanziali è una misura eccezionale concessa solo in casi speciali.
I Fratelli Coadiutori (laici) fanno parimenti due anni di noviziato (dopo i sei mesi canonici di postulato), seguiti dai tre voti semplici e perpetui. Dopo dieci anni, fanno gli ultimi voti, che li costituiscono Coadiutori temporali formati. S. Ignazio volle per la C. una povertà strettissima, che la fece riconoscere da s. Pio V come Ordine mendicante. Non solo i membri singoli sono incapaci, dopo gli ultimi voti, di possedere beni privati, ma neppure le case professe, centro e cuore della C. di G., possono possedere redditi fissi.
Le case di formazione ed i collegi conviene al contrario che siano fondati, per raggiungere più liberamente il loro fine. Le case professe furono poco numerose e benché il loro influsso fosse stato notevole in alcune città (Roma, Napoli, Parigi, Lisbona, ecc.), fu tuttavia assai inferiore, storicamente, a quello dei collegi. Come è noto, l’obbedienza occupa nello spirito della C. di G. un posto privilegiato e s. Ignazio ne è uno dei teorici classici. Caratteristico il quarto voto dei professi, di speciale obbedienza al Sommo Pontefice circa le sue “missioni”, voto che manifesta senza esaurirla la particolare devozione della C. di G. alla Sede Apostolica.
Il governo dell’ordine è monarchico (con capitolare) e centralizzato. Il Preposito generale è eletto a vita dalla Congregazione generale (tutti i provinciali, più due deputati per provincia). La Congregazione generale che gode sola la piena autorità legislativa (anche il generale le è soggetto), non è periodica (altra innovazione che fu combattuta da membri d’antichi Ordini, abituati ai Capitoli periodici): salvo casi di eccezionale gravità, si riunisce solo alla morte del generale.
Gli Assistenti sono eletti dalla Congregazione per formare il consiglio ordinario del generale; hanno la cura più speciale degli affari d’una Assistenza o gruppo di province formanti una certa affinità geografica. Tutte le altre nomine dipendono direttamente o indirettamente dal Generale. S. Ignazio volle precludere ai suoi l’accesso alle prelature e dignità ecclesiastiche. I professi di voti solenni in forza d’un voto speciale, gli altri in virtù delle loro regole, non possono né cercarle, né accettarle, se non formalmente obbligati dal sommo pontefice.
La C. di G. non ha un Secondo ordine (respinse sempre le pretese di parecchie Congregazioni femminili che volevano dirsi gesuitesse e rifiutò la cura ordinaria delle Congregazioni più recenti, anche se hanno fatto propria gran parte delle regole di s. Ignazio). Non ha neppure un Terz’ordine e non ne costituiscono uno gli affiliati alle Congregazioni mariane, che sono state il mezzo più ordinario per prolungare l’azione apostolica della C. di G. fra i laici.
II. SVILUPPO STORICO
La storia della C. di G. è nettamente divisa in due grandi periodi (1540-1773; 1814 ai nostri giorni), separati dalla soppressione della C. ad opera di Clemente XIV, riuniti dalla permanenza d’un piccolo gruppo di Gesuiti in Russia. 1) Il primo secolo è contrassegnato da una prodigiosa espansione, da uno slancio generoso in tutte le opere di apostolato, ma accompagnato già da forti opposizioni, non solo nel campo acattolico, ma anche in ambienti cattolici.
Sotto il generalato di s. Ignazio 1541‑56) l’attività apostolica si presenta dapprima sotto una forma itinerante: i pochi religiosi, richiesti un po’ dappertutto, specialmente dai vescovi, corrono a ciò ch’è più urgente: la predicazione, i catechismi, le controversie, l’opera della riforma ecclesiastica e religiosa. Due sono mandati dal papa in Irlanda, altri in Polonia e nel Portogallo, alle diete e conferenze religiose in Germania, i migliori teologi al Concilio di Trento. Poi, con l’afflusso delle reclute e la fondazione dei primi collegi (dal 1548), l’azione si organizza in forma più stabile, occupando posti chiave per sbarrare il passo al protestantesimo.
Infatti la loro azione si presenta allora come tipica della Riforma cattolica, nel senso pieno e positivo della Parola, e nella stessa direzione si orienta l’attività pedagogica, non contemplata da s. Ignazio se non dopo parecchi anni, ma nella quale s’impegna ora decisamente. Un posto a parte ebbe dal principio il Collegio Romano (1551), seminario e modello per gli altri, ed il Collegio Germanico di Roma (1552), per il rinnovamento del clero della Germania.
Frattanto la C. di G. si era vigorosamente impegnata in un altro campo: partito nel 1541 da Lisbona, s. Francesco Saverio fondava nell’India la sua prima missione, si spingeva fino alle Molucche nel 1546 e al Giappone nel 1549, morendo però nel 1552 senza poter sbarcare in Cina. Nel 1549 l’India dava al giovane Ordine il suo protomartire, Antonio Criminali. Altri missionari erano inviati nel 1547 nel Congo e nel 1548 nel Marocco; nel 1549, Emanuele de Nobrega iniziava nel Brasile una missione, promessa a grandi sviluppi. Alla fine della vita, s. Ignazio accettava d’inviare in Etiopia un altro gruppo dei suoi, con un patriarca o due vescovi.
Morendo, il fondatore lasciava un po’ più di 1000 religiosi, divisi in dodici province, con quasi cento case, ed una solida posizione principalmente in Italia, Spagna e Portogallo. Sotto i due generali seguenti, Giacomo Laínez (1558-1565) e s. Francesco Borgia (1565‑72), la Compagnia si insedia fortemente in Germania e in Francia, prendendovi parte attiva alla lotta contro il protestantesimo (Canisio, Possevino, Auger ecc.). Borgia, l’antico viceré di Catalogna, favorì specialmente lo sviluppo organico delle missioni (Messico, Perù… ).
A Roma intraprese la costruzione della Chiesa del Gesù e vide nascere le Congregazioni marine. Dopo il generalato del belga Everardo Mercuriano (1573‑80), che chiude il periodo prevalentemente spagnolo nella vita dell’Ordine, il lungo governo dell’italiano Claudio Acquaviva (1581‑1615) segna veramente un momento culminante nella sua storia. Eletto a 37 anni, il nuovo generale seppe fronteggiare con mirabile prudenza ed energia gravi difficoltà interne ed esterne. Riuscì a mantenere immutato l’istituto di s. Ignazio, sia contro le alterazioni minacciate da Sisto V, sia contro gli intrighi di alcuni malcontenti, che vantavano potenti fautori, specialmente in Spagna.
Due Congregazioni appositamente convocate (1595 e 1608) giustificarono l’Acquaviva e ristabilirono la pace degli animi. Intanto la C. di G., divenuta in Francia il bersaglio di ripetuti attacchi, ne veniva arbitrariamente proscritta dopo l’attentato di Chátel (1594; vi ritrovò i suoi diritti nel 1608). In Italia, l’obbedienza all’interdetto pontificio la faceva bandire dalla Repubblica di Venezia (1606; vi ritornò solo nel 1656). Nel campo teologico, gravi controversie con i pp. Domenicani, a proposito della Concordia del p. L. Molina (1588), condussero alle famose dispute nelle Congregazioni de Auxilii divinae Gratiae (1598‑1607).
Nello stesso tempo l’Acquaviva sapeva evitare quello che avrebbe potuto essere una pericolosa crisi di crescenza. Infatti, in 34 anni, vide i suoi sudditi passare da 5.000 a 13.000, eresse undici nuove province ed accettò più di 200 nuovi collegi.
La C. penetrò in Cina con il p. Matteo Ricci, nelle Filippine, nell’Indocina, a Costantinopoli, nel Canada, nel Paraguay, dove nel 1606 si fondò la prima della famose riduzioni; nel Giappone sembravano legittime le più rosee speranze. In Europa, si assicurava con i suoi collegi una posizione di prima importanza nell’insegnamento umanistico ed ecclesiastico, mentre spingeva le sue conquiste verso il Nord, dove si fiancheggiavano le nazioni protestanti con i cosiddetti “seminari apostolici”, ad opera, fra altri, del p. Antonio Possevino.
Ispirando e regolando questo intenso dinamismo, Acquaviva assicurò l’osservanza religiosa mediante l’invio di visitatori e d’importanti lettere circolari; molto notevole la preoccupazione costante dell’Acquaviva per mantenere in piena vitalità lo spirito primitivo. La C. di G. fu allora allietata da copiosi frutti di santità (Pietro Canisio, Luigi Gonzaga, Roberto Bellarmino, Pietro Claver, Bernardino Realino ecc.) e specialmente la grazia del martirio le fu largamente concessa: nel Giappone i tre Santi crocefissi di Nagasaki (1597) e parecchi beati, nell’India un cugino del generale, il b. Rodolfo Acquaviva e compagni, in Francia i bb. Martiri d’Aubenas (1593), in Inghilterra i bb. Campion (1583), Southwell (1591) e compagni, ecc.
Sotto il governo dell’Acquaviva e in parte per le sue premure, la C. di G. si costituì una letteratura ascetica e mistica propria, notevole per il numero di grandi trattati ancora classici, come A. Rodríguez, Alvarez de Paz, Luigi de la Puente, Ant, Le Gaudier, Francesco Suárez, ecc. Con uno sforzo parallelo di grandi pubblicazioni, la scuola teologica dei Gesuiti prendeva contemporaneamente il suo posto nella scolastica post‑tridentina; basta accennare agli esegeti Franc. Toledo, Franc. Ribera, Ben. Pereira, Ben. Giustiniani, Giov. Villalpando, ecc., ai dommatici o controversisti Rob. Bellarmino, Franc. Suárez, Gabr. Vázquez, Greg. di Valenza, Didaco Ruiz de Montoya, Luigi Molina, Giac. Gretser ed altri. 2)
Con il generalato, appena meno lungo, del romano Muzio Vitelleschi (1615‑45) comincia un periodo più tranquillo, che durerà in sostanza per tutto il secondo sec. La forte spinta di crescenza si è ora esaurita: occorreranno 50 anni per guadagnare 2.000 soggetti. In Francia, tuttavia, la C. di G. partecipa dell’euforia del “grand siècle”. Vi conta, dopo Pietro Coton (m. nel 1626), uomini come Stef. Binet e Franc. Annat; apostoli come Giuliano Maunoir, Vine. Huby e s. Franc. Régis (m. nel 1641); dotti come Dionisio Petau, Giov. Sirmond e Fil. Labbe, che aprono la tradizione erudita degli “Scrittori” del collegio di Parigi; spirituali come Luigi Lallemant, Giov. Giuseppe Surin e la loro scuola; ha luogo allora l’epopea mistica ed eroica della Nuova Francia, con gli otto martiri degli aa. 1646‑49, Giov. de Brébeuf, Isacco Jogues e compagni, canonizzati nel 1930.
Ma parimenti in Francia si accendono gravi, controversie, specialmente con l’apparizione del giansenismo. Anche nel Belgio, la C. conserva lo stato fiorentissimo che aveva raggiunto sotto gli arciduchi Alberto ed Isabella e se ne può trovare l’espressione nello sfarzo barocco dell’Imago primi saeculi (Anversa 1640). Ne è testimonio pure, in un piano assai più elevato, l’inizio, nel 1643, della pubblicazione degli Acta SS. dei Bollandisti.
Sotto i generali seguenti, Vinc. Carafa (1646‑49), Franc. Piccolomini (1649‑51), Al. Gottifredi (1652), Goswino Nickel (1652‑64), continua l’alternarsi del lavoro tranquillo e fecondo dei collegi, e dei successi apostolici con le prove: in Polonia da parte dei Cosacchi (1648‑54; nel 1657 martirizzano s. Andrea Bobola) e degli Svedesi (1655‑60), in Irlanda sotto Cromwell (1650), in Inghilterra sotto Carlo Il (1666).
Nel 1656 usciva in Spagna contro la Compagnia il Theatrum iesuiticum e lo stesso anno in Francia il molto più pericoloso “pamphiet de génie”, le Lettres d’un Provincial di Blaise Pascal; la lotta ormai non cesserà più contro il “lassismo” dei Gesuiti. Figura di forte rilievo, il genovese G. Paolo Coli ebbe un generalato (1644‑81) pieno e travagliato. Vi abbondano le forti personalità, che hanno un posto nel storia della cultura o della politica, in Francia un Bourdaloue e un Franc. de la Chaise; un Everardo Nidhard in Austria e Spagna; un Edoardo Petre in Inghilterra un Maur. Vota in Germania e Polonia; nel Portogallo Vieira; in Italia P. Segneri, Dan. Bartoli, il card. F. S. Pallavicino; nelle missioni uomini come Ferd. Venebi, in Cina, s. Giov. de Brito nell’India. Ma incontrò delle difficoltà per l’atteggiamento di alcuni padri verso politica religiosa dei loro sovrani assoluti, specialmente nella Francia di Luigi XIV, e per l’infiltrarsi fra i religiosi d’un nazionalismo eccessivo, che si estese pure alle missioni orientali.
In Inghilterra, il complotto immaginario dell’apostata Titus Oates costò la vita ad un gruppo di gesuiti, con il provinciale Tomm. Whitebread (1679; otto di essi furono beatificati nel 1929). In Italia, i Gesuiti furono impegnati in varie controversie, quietismo, probabilismo, e casuistica, che condussero alla condanna di parecchie proposizioni sostenute da alcuni loro moralisti (Alessandro VII, 1665 e 1666, d’Innocenzo XI, 1679). La questione del giuramento, che i missionari nell’Estremo Oriente dovevano prestare ai vicari apostolici, inviati da Propaganda, portò pure a conflitti penosi.
Difficoltà particolari di questo genere, non debbono perdere di vista il rendimento non scemato dell’insieme: sono da segnalarsi, fra l’altro, il rigoglioso sviluppo che prende in Francia l’opera dei ritiri spirituali ed in Italia quella delle missioni popolari sul tipo segneriano. In Francia comincia pure allora la devozione al S. Cuore di Gesù nella sua forma moderna, con il confidente di s. Margherita Maria, il b. Claudio La Colombière (m. nel 1682).
Il duodecimo generale, il belga Carlo de Noyelles (1682‑86) fu paralizzato dalle esigenze contraddittorie fra le quali lo stringeva la rivalità franco‑spagnola. Luigi XIV esigeva il trapasso all’assistenza francese delle case della C. di G. situate nei territori da lui conquistati. Sotto il generale seguente, lo spagnolo Tirso González (1687‑1705), il conflitto s’inasprì a tal punto che il re richiamò da Roma tutti i gesuiti francesi con lo stesso assistente (1688) e proibì ogni corrispondenza con il generale. Eletto sotto la pressione d’Innocenzo XI, ma senza la preparazione che dà l’esperienza di cariche minori di governo, il p. Tirso González doveva gettare la C. di G. in situazioni penosissime.
Ancora in Spagna, si era visto rifiutare, dai pp. Oliva e de Noyelles, la facoltà di stampare un libro dove impugnava la dottrina, certo non ufficiale, ma comune nella C. di G., del probabilismo; il generale, si credette destinato a sradicare dal suo Ordine una dottrina che egli considerava perniciosa. Ma quando volle far stampare in Germania un suo Tractatus succinctus sull’argomento, entrò in lungo ed aperto conflitto con i suoi assistenti, e altri fra i padri più in vista, come Paolo Segneri. Dopo varie peripezie il p. González poté finalmente pubblicare nel 1684 il suo Fundantentum theologiae moralis e la XV Congregazione generale (1696-1697) rimise la pace negli spiriti.
Ristabilita l’unione interna, il modenese ‑ Michelangelo Tamburini (1706‑30) si trovò davanti ad altre prove, come le rovine accumulate in parecchie province dalla guerra per la successione spagnola e dalle guerre nell’Europa dei nord, mentre in Francia i padri erano di nuovo al centro della mischia intorno al giansenismo ed alla bolla Unigenitus; ma le prove più dolorose vennero dalle missioni, con l’entrare della controversia già secolare sui riti cinesi e malabarici nella sua fase conclusiva: la legazione in Oriente del patriarca Maillard de Tournon, le condanne emanate da lui a Pondichéry (1704) e Nanchino (1705), confermate a Roma con la bolla Ex illa die di Clemente XI nel 1710 (e dopo parecchi altri precetti, con la condanna definitiva di Benedetto XIV, Ex quo sinqulari del 1742).
Messi in posizione delicatissima dalla violenta reazione dell’imperatore Kanghi, i missionari gesuiti ne uscirono nell’insieme con onore, ed i generali poterono giustificarli dall’accusa di disubbidienza a Roma. Senonché il dibattito fu snaturato e gettato in pasto al gran pubblico, con una massa impressionante di opuscoli polemici; questa campagna appassionata non fu senza conseguenze nella lotta per la soppressione dell’Ordine. Infatti, con i generali seguenti, il boemo Franc. Retz 0730‑50), il milanese Ign. Visconti (1751‑55) il genovese Luigi Centurione (1755‑57) e finalmente il fiorentino Lorenzo Ricci (eletto 1758), si sente sempre più chiaramente che la lotta si stringe ora per l’esistenza stessa della C. di G.; su di essa convengono ora gli attacchi dei giansenisti francesi ed italiani, dei gallicani sul tipo dei parlamentari francesi, degli uomini di Stato della nuova generazione del dispotismo illuminato, delle correnti filosofiche volteriane ed enciclopediche, di tutte le tendenze che a traverso di essi vogliono distruggere l’influsso della Chiesa di Roma.
Gli studi degli ultimi anni hanno ben messo in luce con quale inesattezza si è voluto rappresentare la C. di G., nei venti o trenta anni prima della soppressione, come se fosse in vera decadenza spirituale e culturale. Se alcune province mantenevano con pena gli effettivi, altre abbondavano di soggetti e proprio nel 1756 si creò una nuova Assistenza per la Polonia. Le missioni d’Oriente risentono visibilmente delle controversie da poco cessate, ma quelle dell’America spagnola saranno colpite dal bando regio del 1767, mentre erano nel più rigoglioso sviluppo; non pochi meriti vi avevano, con apporti culturali caratteristici, molti missionari dell’Assistenza di Germania.
La vita intellettuale dei Gesuiti non sfugge certo alle condizioni generali dell’ambiente, in questa fine dell’antico regime, che non fu ricco di forte speculazione teologica. Ma proprio allora, sia nella scuola, sia nell’attività letteraria, si ridesta un vivo interesse tanto per le scienze fisico‑naturali quanto per le grandi ricerche storiche: è la generazione, per limitarci a pochi nomi, dei Boscovich, Lor. Ximenes, Crist. Mayer, Mass. Hell, ma pure quella dei Tiraboschi, Morcelli, Lanzi e Zaccaria, Hartshein e Ilansiz, Hervás e Burriel, Berthier e gli altri redattori dei Mémoires de Trévoux.
Sulle orme di questi ultimi, iniziati già sui primi del ‘700, altre province, p. es., in Polonia, diffondono ora delle pubblicazioni periodiche. La letteratura ascetico‑mistica si è fatta più timida dopo la crisi quietista, ma, accanto alla produzione tradizionale, soda e abbondante, destinata dai Gesuiti all’insieme del popolo cristiano, scrittori rimessi oggi in auge (il Milley, il Caussade ecc.) stanno a provare che neppure la vena mistica si è mai disseccata. Infatti il fervore religioso, al quale porta nuovi incentivi lo sviluppo nella C. di G. della devozione al S. Cuore (con i pp. Croiset, de Hoyos, ecc.) sembra essersi mantenuto ad un livello molto soddisfacente, dove non manca, come in altri tempi, la santità eminente; ne sono prova, oltre a molti casi individuali, la persistenza delle domande per le missioni e i ministeri austeri e la vita della grande maggioranza dei padri dopo la soppressione.
L’assalto finale contro l’ordine cominciò nel Portogallo. Dopo una campagna di libelli diffamatori e l’esecuzione del vecchio p. Gabr. Malagrida, il ministro Pombal fece arrestare e deportare nello Stato pontificio tutti i Gesuiti del Portogallo, del Brasile e dell’India (1759‑61). In Francia, cogliendo l’occasione dell’infelice bancarotta del p. Ant. Lavalette alla Martinica, i parlamenti condannarono le costituzioni e le dottrine dei Gesuiti e chiusero i collegi (1761‑63), costringendo Luigi XV a sciogliere l’Ordine in tutta la Francia (1764). L’intervento deciso di Clemente XIII e di molti vescovi in favore dei perseguitati non approdò a nulla.
Seguirono gli altri governi borbonici la Spagna, dove Carlo III, per motivi “celati nel suo regio petto”, fece arrestare in una medesima notte (2‑3 apr. 1767) e deportare in Italia tutti i Gesuiti del regno, poi la Sicilia (1768) e Parma (1768). Nelle colonie dipendenti dalle corone spagnola e portoghese, l’espulsione dei missionari della C. di G. (1760‑69) prese le proporzioni di una catastrofe, da cui l’opera d’evangelizzazione mise un mezzo secolo a risollevarsi.
Si sa come le corti borboniche si legarono poi per ottenere da Clemente XIII, che resistette a tutte le pressioni, poi da Clemente XIV, la distruzione totale dell’Ordine e come il Papa cedette finalmente sopprimendo la C. di G. con il breve Dominus ac Redemptor (1 luglio 1773). Se si capiscono bene le intenzioni del Pontefice, sacrificando, come ne aveva il diritto, un corpo troppo bersagliato, per rendere la pace alla Chiesa, bisogna riconoscere che la preparazione e l’esecuzione della misura furono spesso d’una meschinità e d’una brutalità ben superflue.
Mentre gli ex‑Gesuiti secolarizzati si davano ai ministeri, dove fu loro concesso, o ad una vita di studio (è giustamente nota l’attività letteraria imponente degli ex‑Gesuiti spagnoli esuli in Italia), e parecchi davano il sangue per la Chiesa durante la grande Rivoluzione, alcune circostanze politiche, che i Gesuiti hanno sempre stimate provvidenziali, salvavano dalla distruzione una piccola porzione della C. di G. nella Russia bianca (un tempo anche nella Prussia), dove Caterina II impedì l’esecuzione canonica del breve di soppressione. L’Ordine vi si ricostituì lentamente, riassumendo antichi membri e ricevendo novizi, specialmente dopo che Pio VII ne ebbe ufficialmente riconosciuto l’esistenza (breve Catholicae fidei, 1801; i Gesuiti di Russia si erano appoggiati prima su approvazioni orali).
Il desiderio di vedere i padri riprendere il posto, rimasto in grande parte vuoto, specialmente nel campo dell’educazione, si faceva sempre più sentire e, dopo parecchie altre concessioni parziali, Pio VII ristabilì finalmente la C. di G. nel mondo intero il 7 ag. 1814 (bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum).
Alcuni vecchi Padri di grandi virtù, in primo luogo il b. Giuseppe Pignatelli in Italia, il p. de Clorivière in Francia furono i preziosi anelli di collegamento fra le due fasi dell’Ordine. I primi tempi del risorto Ordine, sotto i generali Taddeo Brzozowski (1805, m. in Russia nel 1820) e Luigi Fortis, di Verona (1820‑29) rassomigliano abbastanza ai suoi primordi del Cinquecento: è parimenti un “periodo eroico”, ricco di personalità eccezionali nel campo dell’azione, ma la penuria del personale per i bisogni dei tempi, fa parimenti correre a soddisfare ai più urgenti. Vi è in più il problema della fusione fra i venerabili superstiti dell’“antica C.” e le nuove reclute, un commovente zelo a raccogliere le vecchie tradizioni e forse anche, già dal principio, una messe più larga di persecuzioni e di espulsioni.
La parte che toccò nel Cinquecento all’Acquaviva, l’attuò nell’Ottocento il generale G. Filippo Roothaan (1829‑53), olandese, rimettendo in pieno e normale funzionamento le istituzioni ignaziane, in particolare per la formazione dei religiosi. Meriti suoi specialissimi furono il rinnovato studio degli Esercizi spirituali di s. Ignazio e l’ampia e vigorosa ripresa dell’attività missionaria, adattata alle condizioni moderne.
Tanto egli quanto il successore, il belga Pietro B (1853‑87) videro le persecuzioni colpire ripetutamente la più gran parte delle province. Per darne un breve sunto per tutto il secolo: i Gesuiti furono espulsi dal Belgio (sotto gli Olandesi) e nel 1820 dalla Russia; nel 1828 ebbero i collegi chiusi in Francia, nel 1834 furono espulsi dal Portogallo e dalla Spagna e dalla Svizzera dopo la guerra del Sonderbund; e furono dispersi od espulsi in Italia, Austria; nel 1850 in Colombia e nell’Equatore; nel 1868 cacciati di nuovo dalla Spagna e nel 1872 dalla Germania durante il Kulturkampf; nel 1873, videro la confisca molte case d’Italia, specialmente a Roma (i generali risiedettero a Fiesole dal 1873 al 1892); furono dispersi in Francia nel 1880 e poi espulsi dall’Equatore nel 1879, dal Portogallo, sciolti nella Spagna nel 1932‑36.
La persecuzione, per lo più legale, fu talvolta sanguinosa, in Spagna (1822, 1836, 1912‑39) Parigi (1871), nel Messico (il p. Pro nel 1927), per non parlare qui dei martiri nelle missioni (in Cina nel i 1900‑1902, in Siria 1859‑6o, nel Madagascar 1883).
Con i generali moderni, lo svizzero Ant. M. Ledy (1887‑92), lo spagnolo Luigi Martiri (1892‑1905) il tedesco Fr. X. Wernz (1906‑1914) e specialmente durante il lungo e fecondo governo dei p. Wladimiro Dóchowski G915‑42), la C. di G. ha raggiunto lo sviluppo e la complessità delle opere che presenta o che superano di molto quello che fu il suo apice prima della soppressione. Conta ora (1949) 29.973 religiosi (15.018 sacerdoti) divisi in 8 assistenze e 55 province o vice province indipendenti. Un sesto di essi (4650 religiosi di cui 2859 sacerdoti) sono nelle missioni, che rimangono una delle principali attività dell’Ordine. Le più fiorenti di esse erano, prima dei recentissimi avvenimenti che ne minacciano alcune, nel prossimo ed estremo Oriente quelle di Siria e del Giappone, parecchie nell’India e nella Cina, con grandi collegi ed università come quelle di Giava e delle Filippine, in Africa quelle del Congo e del Madagascar.
Nelle missioni come nelle province, il ministero dell’educazione ha conservato una importanza di prim’ordine; ai collegi si aggiungono fiorenti università, principalmente negli Stati Uniti e nelle missioni. In più paesi, una parte notevole dello sforzo educativo va alla formazione del clero, non solo nele missioni, ma a Roma (l’Università Gregoriana con gli Istituti Biblico ed Orientale e parte dei “Collegi” nazionali) e nel resto dell’Italia (Seminari regionali), in Spagna (Comillas), Austria (Innsbruck), nelle due Americhe.
Aggiunto alla struttura dei propri scolasticati, ciò contribuisce all’abbondante della produzione letteraria nel campo delle scienze sacre. Da un mezzo secolo, il ministero degli Esercizi spirituali chiusi ha preso un nuovo ed importante sviluppo, disponendo ora di più di 170 case per ritiri dati per lo più a categorie specializzate; gli operai non sono che una parte dell’apostolato che assorbe ora molte forze giovani. La vecchia e così efficiente struttura dell’antica C. di G., delle Congregazioni mariane, si presenta ora come una parte distinta dell’Azione Cattolica, particolarmente feconda Spagna, l’Austria, gli Stati Uniti. Proprio della “nuova” C. di G. ed uno dei suoi apporti caratteristici, è l’Apostolato della preghiera (fondato a Vals nel 1844) con la Crociata eucaristica. Tra i mezzi più moderni d’apostolato, quello della stampa dispone nella C. di più di 1.100 periodici, dal semplice bollettino di propaganda alle riviste specializzate per i più svariati rami del sapere; vi si aggiunge ora l’apostolato radiofonico.
La Curia generalizia, dove risiede il Preposito generale (M.R.P. Gio. B. Janssens dal 15 sett. 1946), si trova a Roma, Borgo S. Spirito, 5.
BIBLIOGRAFIA
Sono già state citate le Costituzioni, Regole, ed altre parti dell’Istituto.
Come opere generali: M. Meschler, I Gesuiti, che sono e che cosa fanno, Roma 1917; E. Rosa, I Gesuiti dalle origini ai nostri giorni, 2- ed., ivi 1928; I. Brucker, La Comp. de Jésus. Esquisse de son Institut et de son histoire, Parigi 1910; M. Heimbucher, Die Orden u. Kongregat. der Kath. Kirche, II, 3- ed., Paderborn 1934, pp. 130-40; L. Koch, Jesuiten-Lexikon, ivi 1934; P. de Chastonay, Les Constitutions de la Comp. de Jésus, Parigi 1941.
Per la storia: le fonti originali nei Monumenta historica Soc. Iesu, Madrid dal 1894; a Roma 72 Vol. usciti finora; Historia Soc. Iesu degli storiografi ufficiali N. Orlandini, F. Sacchini, P. Poussines, J. de Jouvaney, G. C. Cordara, Roma 1614-1750 e 1859; D. Bartoli, Dell’istoria d. C. di G., 6 vol., ivi 1663-73 (incompleta); J. Crétineau-Joly, Hist. de la Comp. de Jésus, 6 vol., Parigi 1844-46. La base è ora nella storia rifatta scientificamente per Assistenze: P. Tacchi-Venturi, Storia della C. di G. in Italia, 2 vol. (Roma 1931); A. Astrain, Hist. de la Compañìa d. Jesús en la Asistencia de España, 7 voll., Madrid 1902-25; B. Duhr, Gesch. der Jesuiten in den Landern deutscher, 4 voll., Friburgo in Ratisbona 1907-28; T. Hugues, The history of Soc. of Jesus in North-America, 4 voll., Londra 1907-10; K. Fouqueray, Hist. de la Comp. de Jésus en France, 5 voll., Parigi 1910-25; F. Rodrigues, Hist. da Companhia d. Jesus na Assisténcia de Portugal, 6 voll., Oporto 1931-44; per l’Inghilterra, la raccolta di documenti di H. Foley, Records of the English Province of the Soc. of ‘Jesu’, 8 voll. , Londra 1877-80.
Per le missioni: A. Brou, Cent ans de missions, Parigi 1935; B. Arens, Jesuiten Orden und Weltmission des Gesell. Jesu, Ratisbona 1937; J. A. Otto, Grúndung der neueren Jesuiten mission, Friburgo in Br. 1939.
Per la bibliografia: C. Sommervogel, venti voll., Bruxelles 1890-1932.
Per il contributo dei Gesuiti alle varie scienze, oltre al Heimbucher, già cit., v. le due raccolte: Il quarto centenario della C. di G.: Conferenze commemorative. Milano 1941; La C. di G. e le scienze sacre. Conferenze commemorative, Roma 1942; Per l’architettura ecclesiastica: I. Braun, Die belgischen Jesuitenkirchen, Friburgo in Br. 1907; id., Die Kirchenbauten der deutschen Jesuiten, 2 Voll., ivi 1808; id., Spaniens alle Jesuitenkirchen. ivi 1913. R. Fúlóp-Miller, Macht u. Geheimnis der Jesuiten, Lipaia 1920 (trad. it., Il segreto della potenza dei Gesuiti, Verona 1931) è opera di giornalista, più brillante che esatta.
Per tutto il movimento storico recente dell’Ordine, cf. il periodico Archivum Soc. Iesu, Roma, dal 1932.