Infosannio quotidiano online 1 agosto 2016
Il documentario “Clinton Cash”, presentato a Cannes e ora nelle sale Usa, è un duro j’accuse contro le attività, in chiaro e non, della Fondazione della famiglia. Che spesso avrebbe sacrificato gli interessi americani, e addirittura favorito quello Zar contro cui oggi i coniugi si scagliano…
di Marco Respinti
Si chiama Clinton Cash, ed è un documentario devastante su Hillary, la prima donna candidata alla Casa Bianca, e su suo marito Bill, l’ex presidente. Sul web è già virale. In pratica i coniugi Clinton sono una colossale macchina da soldi che, attraverso il più classico e spocchioso degli abusi di potere, si è riempita le tasche appoggiandosi a loschi figuri e despoti stranieri, e persino svendendo pezzi strategici della ricchezza e della sicurezza degli Stati Uniti come faceva Totò con la Fontana di Trevi.
Con un gioco molto simile a quello delle tre carte, Bill e Hillary hanno scientificizzato il conflitto d’interessi servendosi di un paravento creato ad hoc nel 1997, quando lui ancora era presidente: la Clinton Foundation, ufficialmente una charity che si occupa di promozione umana, assistenza, sviluppo, nonché la sua affiliata, la Clinton Global Initiative. L’altro stratagemma usato per suggere denaro a fiumi sono le pagatissime conferenze che Bill tiene in giro per il mondo da quando Hillary è divenuta Segretario di Stato e usate come moneta di scambio.
Nella loro carriera i Clinton hanno raccolto cifre da capogiro, ma la nomina di lei a capo del Dipartimento di Stato è infatti stata un enorme salto, di quantità più che di qualità. Al termine del doppio mandato di Bill alla Casa Bianca nel 2000, quest’allegra famigliola di liberal americani non possedeva più un dollaro, ma in breve è riuscita ad accumulare un tesoro di 150 milioni di dollari e canalizzare nella casse della propria omonima fondazione oltre 2 miliardi di dollari. Tutto merito di quell’incarico magico che dal 2009 al 2013 ha fatto di Hillary la diplomatica più potente e influente del pianeta. Il che torna peraltro a riproporre un dilemma mai risolto: come ha fatto Hillary a ottenere dal presidente Barack Obama un posto di tale prestigio dopo che nelle primarie del 2008 gli aveva scatenato contro l’inferno?
Non accade mai, chi si scotta così di solito si brucia, a meno però di un patto d’acciaio, quello che il Partito Democratico, a lungo in dubbio su chi allora sostenere, potrebbe avere arbitrato allorché decise di appoggiare l’allora semisconosciuto senatore dell’Illinois, il quale dunque in cambio del sostegno dell’establishment Democratico si rese forse disponibile a salvare la vita politica della rivale.
Ora, al di là dell’ovvio bla bla di rito, nessuna delle dure accuse mosse ai Clinton da questo documentario che non fa prigionieri è stata fattivamente smentita. Non il voltafaccia di Hillary che levò all’India l’embargo imposto dal marito presidente nel 1998 dopo che il Paese asiatico aveva eseguito test nucleari nel mezzo della discussione sulla non-proliferazione. Il cambiamento di rotta avvenne in concomitanza di un pagatissima conferenza tenuta da Bill, all’epoca ormai non più presidente, in India, e di milioni versati nelle casse della Clinton Foundation da un noto trafficone, Saint Chatwal, un businessman indiano-americano nominato dalla coppia magica fra i trustee della Fondazione fino a quando non fu incriminato per avere violato la legge sul finanziamento di tre candidati politici statunitensi (uno era la stessa Hillary).
Non le difficoltà in cui la nota azienda svedese di tecnologia telefonica Ericsson si trovò tra 2009 e 2010 per quelle sue commesse con Iran, Bielorussia e altri Paesi avversi all’Occidente che il Dipartimento di Stato americano non gradiva. Fu allora che la Ericsson ingaggiò Bill per cosa?, ma ovviamente una conferenza, la più pagata di sempre: 750mila dollari. Il 12 novembre 2011 Bill la tenne a Hong Kong. Sette giorni dopo, il 19 novembre, la moglie Segretario di Stato annunciò che le sanzioni all’Iran non sarebbero state estese alle forniture per telecomunicazioni.
Non le conferenze (ma va?) svolte da Bill in Canada per due milioni di dollari americani pagati dalla TD Bank Investment Group, la maggiore azionista dell’oleodotto Keystone XL che dall’Alberta porta l’oro nero nel Golfo del Messico. La prima conferenza Bill la tenne quattro giorni dopo che la moglie aveva assunto la guida del Dipartimento di Stato, Dipartimento dalle cui labbra pendeva l’oleodotto per gli agognati permessi e puntualmente arrivati con enorme scorno degli ambientalisti che gridarono al tradimento.
Non il caso clamoroso della ricostruzione di Haiti dopo il terribile terremoto del 2010, ricostruzione interamente gestita dai coniugi Clinton. Da quel disastro che rase al suolo la regione meridionale di uno dei Paesi più poveri del mondo lucrò milioni e milioni il cerchio magico dei più stretti amici e donatori dei Clinton senza del resto produrre vantaggio alcuno agli haitiani, i quali si spinsero fino alla piazzata di massa davanti agli uffici di Hillary.
Tra l’altro, mentre il Dipartimento di Stato pompava miliardi dei contribuenti americani nell’isola, Haiti concesse il primo permesso di estrazione mineraria in 50 anni a un’azienda senz’alcun know-kow, la VCS Mining, nel cui consiglio di amministrazione entrò subito dopo Tony Rodham, il fratello minore di Hillary. Come sempre in queste occasioni, alla Clinton Foundation arrivarono laute donazioni.
Non l’affaire di Bogotà, in Colombia, quando nel giugno 2010 vi arrivarono assieme l’allora privato cittadino Bill Clinton e il magnate canadese Frank Giustra. Per caso, come dice lei nelle sue memorie, vi arrivò subito anche Hillary. Il giorno dopo Bill fece colazione con il presidente colombiano Álvaro Uribe Vélez e Hillary ci andò a pranzo per una questione di forniture tecnologiche. Di lì a una manciata di giorni, tre grandi aziende di Giustra ottennero concessioni minerarie dal governo di Bogotà: la Pacific Rubiales Energy, la Petroamericana e la Prima Colombia Hardwood Inc. Quest’ultima prese anche a diboscare la foresta pluviale della costa per esportarne il legname in Cina. Giustra è ovviamente uno storico donatore della solita Fondazione “a conduzione familiare”.
Non il clamoroso caso del Kazakhistan del despota postcomunista Nursultan Ä. Nazarbaev, legittimato internazionalmente da Bill Clinton come campione dei diritti umani allorché il vecchio amico Giustra mise gli occhi sull’uranio di cui il Paese centroasiatico è uno dei più ricchi.
Non il caso ancora più clamoroso dell’acquisizione della Uranium One da parte della Russia di Vladimir Putin. Presieduta da Ian Telefer, generoso donatore indovinate di quale Fondazione, la Uranium One aveva tra i grandi azionisti l’immancabile Giustra e aveva acquisito notevoli concessioni minerarie anche negli Stati Uniti. Per essere acquisita dalla Russia serviva dunque l’approvazione di Washington visto che Washington considera l’uranio un asset strategico d’importanza primaria. E l’approvazione oliata dal Dipartimento di Stato arrivò dopo che la Fondazione della strana coppia ebbe ottenuto una donazione di 145 milioni di dollari da investitori nella stessa Uranium One (tra cui Giustra) e il prode Bill si fu fatto pagare mezzo milione di dollari per la solita conferenza stavolta a Mosca. Da chi? Dalla Renaissance Capital legata all’intelligence russa.
L’accordo ha trasferito alla Russia il 20% della produzione di uranio degli Stati Uniti. Nel quadro s’inserisce poi anche la Salida Capital, una piccola società d’investimenti canadese che nel 2010 cominciò a donare alla Clinton Foundation e a pagare per una conferenza di Bill in Canada. Ora, la Salida è controllata dalla Rosatom, cioè l’agenzia di Stato russa per il nucleare tra l’altro impegnata nella costruzione di reattori nucleari in Iran e in esportazione di tecnologia nucleare in Corea del Nord. E poi ci sono gli altri traffici oscuri in Sud Sudan, Congo, Nigeria…
Insomma, una bomba il documentario Clinton Cash presentato in anteprima al Festival del cinema di Cannes in maggio e arrivato in sala il 24 luglio a Filadelfia, giusto per la Convenzione nazionale del Partito Democratico che ha incoronato Hillary reginetta del ballo. Sul web lo si vede comunque già gratis. Diretto da M.A. Taylor (che nel 2008 è stato direttore della fotografia di altri due docu-denunce, Hype: The Obama Effect e Hillary: The Movie, firmati dal regista Alan Peterson), nasce da un’iniziativa di Breitbart News, il sito conservatore d’informazioni fondato nel 2007 dal giornalista Andrew Breitbart (1969-2012), che ha deciso di regalarlo su YouTube.
Tutto si regge su un best-seller assoluto pubblicato l’anno scorso per i prestigiosi tipi della HaperCollins di New York da Peter Schweizer, presidente del Government Accountability Institute di Tallahassee, in Florida, ex ricercatore alla prestigiosa Hoover Institution on War, Revolution and Peace dell’Università californiana di Stanford (quella cui si sono legati, tra gli altri, Eric Voegelin e Robert Conquest) e direttore proprio di Breitbart News.
Al proprio attivo, Schweitzer ha diversi exposé di come i politici liberal si siano arricchiti approfittando del proprio potere e guastando le economie degli altri. Quello oggi trasformato in film ha un titolo chilometrico, giusto per intendersi subito, Clinton Cash: The Untold Story of How and Why Foreign Governments and Businesses Helped Make Bill and Hillary Rich. Quando uscì Bill e Hillary ammisero qualche macchiolina nella trasparenza della loro Fondazione. Che cuore.