La Croce quotidiano 8 ottobre 2016
Fu definito “il filosofo di lingua spagnola più importante oggi”, e desta tanto più stupore il silenzio su di lui. Era cattolico
di Giuseppe Brienza
Alberto Caturelli, «il filosofo di lingua spagnola […] più importante oggi» (Pier Paolo Ottonello, Caturelli, autodistruttività dell’immanentismo, in “Filosofia oggi”, anno XXXIII, n. 129, fascicolo I, Genova gennaio-marzo 2010, p. 3), è morto martedì mattina, in Argentina. Lo studioso, che era nato a Villa del Arroyito, presso la città di Cordova, il 20 maggio 1927 da una famiglia di origini toscane, è stato nel secondo Novecento uno dei massimi esponenti della “filosofia cristiana”, che è un’alternativa metafisica e personalistica alla massificazione ed al relativismo contemporanei all’insegna delle categorie tomiste.
Rifacendosi al Magistero tradizionale della Chiesa, Caturelli era anche noto per la sua serrata critica alla c.d. democrazia liberale e, quindi, al liberalismo moderato e al “clerico-liberalismo” (o “liberalismo cattolico”), in quanto proclamano l’autosufficienza della ragione contrapponendo il pensiero umano soggettivo all’ordine naturale e cristiano.
Ha scritto al proposito in uno dei suoi più recenti libri, “Examen crítico del liberalismo como concepción del mundo” (Edit. Gladius, Buenos Aires 2008): «se il liberalismo, in concreto, propugna la “democrazia liberale” come espressione politica genuina della sua visione del mondo, da ciò non consegue che il regime democratico s’identifichi con la democrazia liberale. Al contrario, in questo studio mi permetterò di sostenere che la vera democrazia è antiliberale e organica, e che il regime liberale è di suo antidemocratico”» (Alberto Caturelli, Esame critico del liberalismo come concezione del mondo, tr. It., D’Ettoris Editori, Crotone 2015, p. 35).
Oltre ad aver insegnato filosofia per quarant’anni negli Istituti superiori argentini (1953-1993) (1927-2016), Caturelli ha pubblicato più di trenta libri, il più importante dei quali dedicato all’evangelizzazione dell’America Latina (cfr. Il Nuovo Mondo riscoperto. La scoperta, la conquista, l’evangelizzazione dell’America e la cultura occidentale, Edizioni Ares, Milano 1992, ed. originale: El nuevo mundo. El Descubrimiento, la Conquista y la Evangelización de América y la Cultura Occidental, EDAMEX, México 1991).
In tutto è anche autore di circa cinquecento articoli scientifici e, in anni difficili come quelli del post-Concilio, ha avuto il coraggio e la determinazione di organizzare in Argentina il Primo Congresso Mondiale di Filosofia Cristiana (1979) e, successivamente, svariati Congressi Cattolici Argentini di Filosofia (1981-1999), tutti ispirati al pensiero classico e tomista. Dottore honoris causa in diverse università internazionali, Caturelli è stato promotore della Sociedad Tomista Argentina e, da San Giovanni Paolo II, è stato valorizzato per il suo contributo filosofico-morale per essere nominato, nel 1996, membro dell’Accademia Pontificia Pro Vita.
A quanto mi risulta nessun importante giornale italiano, neanche L’Osservatore Romano e l’Avvenire, hanno speso una parola in questi ultimi giorni su Alberto Caturelli. E questo mi indigna sia perché si tratta di un convinto cattolico (oltre che padre di 8 figli) sia perché è stato (ed è) l’autore di una filosofia che aiuta a non «confondere la genuina libertà con l’idea che ognuno giudica come gli pare, come se al di là degli individui non ci fossero verità, valori, principi che ci orientino» (Papa Francesco, Esortazione Apostolica post-sinodale “Amoris laetitia”, sull’amore nella famiglia, Città del Vaticano 2016, n. 34).
In questa opera di verità e chiarezza filosofica e morale, Caturelli ha meriti importanti anche per quanto riguarda la cultura italiana, criticando ad esempio, in modo sistematico e determinato, quel castello di carte noto come “pensiero debole”, da lui definito una forma di «sofismo postmoderno». Riguardo specificamente all’opera di Gianni Vattimo, il filosofo argentino ebbe a definirla uno dei maggiori frutti dell’«abisso nel quale è giunto il mondo contemporaneo». Il “pensiero debole”, infatti, sostiene Caturelli, pone il «disincanto come punto di partenza e d’arrivo del pensiero moderno» e, da questo terribile svilimento dell’umano, «deriva un indebolimento interminabile dell’essere» (A. Caturelli, I diritti dell’uomo e il futuro dell’umanità, in “Cristianità”, anno XXIX, n. 307, Piacenza settembre-ottobre 2001, pp. 11-18).
Alberto Caturelli, filosofo dell’Anima e della Filosofia Cristiana, sconta il “peccato” di aver messo in discussione uno dei postulati della postmodernità, dal quale ci stanno derivando, tra le altre cose, relativismo e “nuovi diritti”. Oltre, naturalmente, alla distruzione dell’identità mediante l’erosione dell’istituto famiglia. Ricordarlo, quindi, non può, chi partecipa (o tollera) la «scena di questo mondo» (1Corinzi 7,31).