ItaliaOggi – Numero 267 del10 Novembre 2016
«Prosciugare la palude», lo slogan di Trump, andrebbe bene anche in Italia per liberarla dal cilicio del pensiero unico imposto dalla Rai
di Pierpaolo Albricci
«Prosciugare la palude». È lo slogan con il quale Trump è diventato presidente degli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo. Ma è uno slogan che andrebbe bene anche per l’Italia, che va liberata dalla dominazione del pensiero unico indotto dalla Rai e dai giornaloni.Trump ce l’hanno presentato come hanno voluto.
Ha dovuto diventare presidente degli Stati Uniti perché potessimo finalmente sentire un suo discorso in diretta. E giudicarlo con la nostra testa invece che con quella degli altri. Perfino i suoi discorsi e i suoi scritti, ci hanno negato: solo qualche giornale, in Italia, aveva pubblicato un suo discorso nel suo testo reale ed integrale. Ci hanno negato l’informazione vera. Dovevamo conoscere il pensiero di Trump come filtrato (e interpretato) da loro.
Perfino sui «cappellini rossi» hanno giocato (non sembri un paradosso: i funerali di Fo lo dimostrano e questo giornale lo ha già scritto). Ci hanno fatto vedere solo Trump, con il cappellino rosso. Ci chiedevamo come mai lo portasse, qualcuno (magari qualcuno che ha i capelli tinti, ma che criticava il suo «risvoltino» e il «tappetino di Silvio») ci ha suggerito che forse lo faceva per nascondere una vasta calvizie. Abbiamo dovuto arrivare alla vittoria elettorale e allora hanno finalmente dovuto farci vedere le platee dei suoi sostenitori all’Hilton di New York: tutti col cappellino rosso, non era una stravaganza personale del leader, era il simbolo della campagna elettorale per lui. Ma prima, mai una volta che ai comizi di Trump avessero inquadrato gli ascoltatori: solo lui, col cappellino, perché sembrasse – appunto – una stravaganza personale.
Anche la nottata dei risultati è stata una comica. Visi lunghi, da una certa ora in poi. Solo alle 6,30 del mattino (Mentana lo aveva fatto alle 5,00, più o meno) hanno ammesso che aveva vinto Trump; poco che aspettassero ancora, lo avrebbe detto direttamente lui in diretta. A proposito di questa diretta. L’hanno fatta precedere da interventi che dicevano che Trump avrebbe parlato da trionfatore, che avrebbe fatto l’elogio di se stesso. In realtà è andata tutta al contrario.
Trump non ha fatto che ringraziamenti (a cominciare dalla Clinton, che gli aveva telefonato ammettendo la vittoria qualche minuto prima), ha parlato col cuore, «per la Patria» e con un’invocazione di ringraziamento a Dio per la famiglia, per il popolo (con gli accenti veri che sappiamo tipici degli statunitensi, non rovinati dall’esperienza della retorica fascista, che fa ritenere falsi – ed è giusto, nella gran parte dei casi – i nostri politici quando – strumentalizzando certi valori – si esprimono negli stessi termini).
Il nuovo presidente ha portato tutta la sua famiglia sul palco, tutti i suoi collaboratori (Giuliani in testa, più volte invocato), e li ha baciati e ringraziati ad uno ad uno, con la schiettezza della sincerità; ha persino dato la parola ad uno di loro, in un discorso non paludato (come sarebbe stato da noi), ma familiare.
Visto che Trump aveva tagliato le gambe ad ogni fuga in avanti speculativa, allora l’hanno gettata sull’Italia. E non hanno trovato di meglio che dire che – d’ora in poi – Salvini avrebbe dilagato sulle nostre televisioni Trump ha vinto anche per noi. Dove la protesta deve essere incanalata in precise correnti di pensiero credibili (e non verso movimenti qualunquistici, che si inventano su due piedi, da un momento all’altro, una soluzione per ogni problema, senza alcun inquadramento di fondo).
Trump ha avuto la meglio sul pensiero unico, sul politicamente corretto, sulle vecchie facce, sulle vecchie promesse parolaie ed inconcludenti. Il popolo (quello vero) ha voltato le spalle alla politica politicante, ha vinto l’antisistema, è la sconfitta definitiva dei sondaggi finti, servizievoli. Con la Brexit è avvenuta la stessa cosa – le popolazioni si riprendono la scena – e non per niente, anche qua, l’establishment (giudici e compagnia cantante) cercano di capovolgere in nome del popolo il risultato voluto dal popolo. Dobbiamo convincerci che ci possiamo fidare solo di noi stessi e della nostra testa.