È la cassaforte che ci mette al sicuro dagli tsunami economici, eppure è la Cenerentola del fisco. Parla il presidente del Forum delle associazioni familiari Francesco Belletti
di Emanuele Boffi
Anche un recente studio della Fondazione Edison ha confermato questa peculiarità italiana: nell’ultimo Economic Outlook dell’Ocse (novembre 2009), ad esempio, si fa notare che l’Italia è seconda nel G7 per ricchezza netta in rapporto al reddito disponibile dietro solo alla Gran Bretagna, ma davanti a Francia, Giappone, Germania, Stati Uniti e Canada.
Rispetto ad altri paesi, le nostre famiglie sono state capaci, negli anni recenti, di crescite economiche più solide e meno fluttuanti, meno in balìa di bolle immobiliari e finanziarie. È questo un grande pregio italiano che rende la nostra economia assai più solida di quel che possa far pensare il comunque sempre preoccupante dato sul debito pubblico.
Solo per citare un altro dato contenuto nel dossier della Fondazione Edison, va fatto notare che la ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane nel 2008 era di 2.587 miliardi di euro, circa una volta e mezza il debito pubblico. Insomma, stiamo meglio di tanti paesi occidentali e abbiamo sotto il materasso un tesoretto che ci consente sonni sereni.
A questo comportamento virtuoso dei nuclei familiari non corrisponde un altrettanto dignitoso trattamento da parte dello Stato nei loro confronti. Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, lo ripete da lustri: «Sono oramai quindici anni che chiediamo a governi di diverso colore un cambio di mentalità nei confronti dei trattamenti fiscali riservati alla famiglia. Molte promesse, pochi fatti. Il problema di fondo è che la famiglia non è considerata un fattore rilevante nelle scelte economiche del paese. Per cui siamo sempre in balìa di decisioni e interventi episodici, mai strutturali. Ma la famiglia è una priorità come l’occupazione, le infrastrutture, le banche».
Belletti concorda sul fatto che, «se paragonata alla situazione del resto d’Europa, la situazione italiana è migliore. È vero che le famiglie italiane sono la cassaforte del nostro sistema. Gli ultimi dati ci dicono però anche che vi è stata una diminuzione delle capacità di risparmio delle famiglie stesse. Anche in Italia ci sono sempre più nuclei che sono costretti a lasciare in eredità più debiti che capitali».
Tutto questo in una situazione in cui «la tenuta patrimoniale delle famiglie avviene – ribadisce Belletti – non grazie allo Stato, ma “nonostante” lo Stato. La famiglia è una risorsa generativa per il bene comune, va accudita e sostenuta: è produttrice di capitale sociale. Oggi la famiglia in Italia, invece, non solo è priva di protezioni sociali, ma è maltrattata fiscalmente.
Chi oggi sceglie di avere tre figli rischia di finire sotto la soglia di povertà. Il Forum ha sempre chiesto alla politica non protezioni aggiuntive, ma provvedimenti di equità fiscale. In questi anni ne abbiamo proposti tanti, dal quoziente alla no tax area». Secondo un’indagine elaborata dal Cisf (Centro internazionale studi famiglia) un bambino dagli zero ai cinque anni costa in media al mese circa 317 euro.
«Stando un po’ stretti potremmo dire che costa circa tremila euro l’anno. A nostro avviso questa dovrebbe essere una cifra da non tassare, da “restituire” alle famiglie. Perché non sostenere le famiglie che mettono al mondo i figli significa non investire nel futuro e nelle nuove generazioni». Soprattutto, è una perdita anche per lo Stato stesso perché «aiutare chi ha figli aiuta a riattivare i consumi».
Il nodo della natalità
Il sostegno a chi ha figli si inserisce anche in un problema più ampio che è quello che riguarda la natalità. L’Italia, come è noto, è uno dei paesi con il più basso tasso di fecondità del mondo (1,34 figli per donna) quando la soglia minima per permettere il ricambio generazionale è 2,1. A fronte di un progressivo innalzamento dell’età media si ha quindi un sempre più preoccupante stallo della natalità e l’aspetto incide e inciderà sempre più anche sulla crescita economica del paese, perché non può esserci crescita se la spesa per le pensioni e per la sanità grava su un paese senza figli.
Naturalmente, non sono solo i fattori materiali a ridurre la propensione a procreare e a “mettere su famiglia”, tuttavia continuare a pensare che gli unici strumenti adeguati per rilanciare la ripresa siano le paghe dei lavoratori o gli sconti fiscali alle imprese è politica miope e sbagliata.
Addirittura un paradosso, come sottolineò, commentando i dati italiani, il celebre demografo docente alla Sorbona Gérard-Francois Dumont: «Nel vostro paese si fanno più automobili che bambini. E questo non è un buon investimento». Correggere la curva demografica e trattare chi ha figli secondo equità, conclude Belletti, «è una priorità. Il nostro è un sistema rigido, incatenato ai pali del debito pubblico e del sistema previdenziale. Se a questi non aggiungiamo la priorità rappresentata dalle famiglie a perderci saremo tutti».