La Nuova bussola quotidiana
8 Novembre 2017
di Leone Grotti
L’eutanasia è fuori controllo in Belgio. A dirlo non sono appena le statistiche sull’enorme numero di persone (più di duemila all’anno), in continua crescita, che scelgono di morire con l’iniezione letale. Gli stessi entusiasti e promotori della “buona morte” nel paese sono preoccupati dal vedere che giorno dopo giorno la legge sull’eutanasia viene aggirata portando al decesso di malati che neanche dovrebbero accedere alla pratica.
Da anni in Belgio, dove l’eutanasia è legale dal 2002, non è più necessario essere malati terminali per venire uccisi. Anche chi soffre di problemi mentali, così come i bambini, può ricevere l’iniezione letale, a patto che provi sofferenze «insopportabili e incurabili». Non è necessario dimostrare tali sofferenze, dal momento che il criterio è soggettivo. Cornelia Geerts, ad esempio, aveva 60 anni quando è stata uccisa con l’eutanasia nell’ottobre del 2014. Tra tranquillanti, antidepressivi e oppioidi prendeva quasi 20 pillole al giorno per curare bipolarismo e schizofrenia. Secondo la sorella Adriana «è una vergogna che abbiano accettato di ucciderla dopo averla curata per 20 anni. Se i dottori le avessero proposto qualcos’altro, sono certa che avrebbe accettato». La dottoressa Lieve Thienpont, invece, non ha fatto una piega alla richiesta e ha firmato il suo consenso all’eutanasia.
Thienpont non è un nome qualunque, ma uno dei principali sponsor dell’eutanasia in Belgio. Secondo la psichiatra è inutile preoccuparsi di mettere dei paletti alla pratica, perché solo le persone davvero disperate richiedono l’eutanasia. E l’unico modo per aiutarle è ucciderle. La psichiatra ha pubblicato nel 2015 uno studio sul rinomato British Medical Journal nel quale spiegava di aver approvato tra il 2007 e il 2011 l’eutanasia per 48 pazienti con problemi mentali su un totale di 100 richieste. Secondo gli esperti del settore normalmente solo il 10 per cento di chi fa domanda ha i requisiti per ottenere l’eutanasia, quindi «che un solo psichiatra in Belgio ne approvi così tante è davvero allarmante».
Thienpont ha anche fondato un’organizzazione, Vonkel, a cui chi soffre di problemi mentali può rivolgersi per ottenere l’eutanasia. Spesso chi ottiene il permesso riceve poi l’iniezione alla clinica Leif, fondata tra gli altri anche da Wim Distelmans, principale sponsor della “buona morte” nel paese e capo della commissione statale che dovrebbe controllare che la legge venga rispettata. Insieme a Distelmans, Thienpont ha fondato anche Ulteam, clinica specializzata nel fornire consulenza (e “buona morte” ovviamente) ai pazienti che non soffrono di malattie fisiche, ma di disagi psicologici.
Ed è proprio da uno scambio di email tra i due medici, svelato dall’Associated Press, che si capisce quanto la situazione in Belgio sia grave e fuori controllo. Tutto nasce da un caso, quello di Tine Nys, 38 anni, da tempo affetta da problemi mentali. Il suo medico di fiducia, che la seguiva da sempre, le aveva rifiutato l’eutanasia perché non c’erano le condizioni. Allora la donna si è rivolta a Thienpont, che dopo appena tre sedute ha accordato il permesso. Secondo la sorella di Tine, Sophie, «tutto è stato fatto troppo in fretta, non c’erano le condizioni» e per questo ha fatto causa denunciando le irregolarità nel processo di eutanasia.
Il caso, come accade in Belgio, è passato prima dalla commissione di controllo dell’eutanasia, che l’anno scorso ha rifiutato di passare il fascicolo ai giudici, sostenendo che tutto era stato fatto secondo la legge. Al di là della totale mancanza di trasparenza (il dottor Distelmans è a capo di quella commissione che deve decidere se incriminare una collega psichiatra con la quale ha una collaborazione professionale da lunghi anni), qualcosa non doveva essere a posto a giudicare dalle email, svelate dall’Ap, che Thienpont ha inviato ad alcuni membri della commissione: «Dobbiamo fermare queste persone [che hanno fatto causa]. Fanno parte di una famiglia traumatizzata, ferita che non prova empatia né ha rispetto per gli altri», ha scritto.
La commissione ha “assolto” Thienpont, ma a febbraio Distelmans ha inviato un’altra mail alla psichiatra: «Non tratteremo più i tuoi casi di eutanasia nella nostra clinica. Il motivo è la divergenza di opinioni su quando una richiesta di eutanasia può essere approvata. Te l’abbiamo già detto diverse volte a voce, ma senza risultati». Il riferimento è ad «alcuni pazienti» che sono stati uccisi senza che la psichiatra li avesse prima fatti visitare da altri due medici indipendenti, come prevede la legge.
Più di una volta, si legge in un’altra email, «ci siamo accorti che hai fatto promesse irrealizzabili ai pazienti, vogliamo prendere le distanze da questo tuo modo di lavorare». Se persino Distelmans, che organizza seminari sull’eutanasia ad Auschwitz e in barba alla legge ha ucciso ad esempio due fratelli gemelli solo perché sordi, si lamenta dei metodi di Thienpont significa che sono davvero estremi. E del resto la psichiatra ha idee molto forti, avendo più volte dichiarato che «sapere di poter morire con l’eutanasia dà alle persone la serenità e il coraggio per poter continuare a vivere».
Dopo la pubblicazione delle email molti medici in Belgio hanno chiesto di cambiare la legge perché «servono paletti più stringenti, oggi è troppo facile ottenere l’eutanasia». Secondo Joris Vandenberghe, psichiatra all’università di Lovanio, «so che molte persone sono state uccise anche se c’era ancora la possibilità di curarle e avrebbero potuto vivere bene per anni, forse decenni».
Se le email dimostrano che anche i più ideologici sostenitori dell’eutanasia sono preoccupati per quello che sta accadendo nel paese, a livello formale non è stata ancora presa nessuna contromisura. Né i politici, né la commissione di controllo dell’eutanasia sembrano ancora intenzionati a fare nulla per cambiare le cose. Fernand Keuleneer, tra coloro che siedono nella commissione di controllo, ha addirittura dichiarato: «La commissione non serve a proteggere le persone.
Sono gli stessi medici a preparare le pratiche e queste vengono esaminate solo dopo la morte del paziente». L’associazione degli psichiatri delle Fiandre ha proposto una modifica alla legge, chiedendo che tutti i casi di eutanasia siano sottoposti allo studio di una commissione prima dell’esecuzione. Per ora non hanno ricevuto risposta.