Pubblichiamo una lettera inviata al quotidiano “Avvenire” e non pubblicata, scritta da Daniela Musumeci Bassi Luciani, professore Associato (a.r.) di Fisiologia Umana nell’Università di Pisa e insegnante del Metodo Billings da oltre 30 anni e dal dottor Alessandro Bassi Luciani professore aggregato (a.r.) di Medicina legale e di bioetica nell’Università di Pisa
Livorno, 5 novembre 2017
Caro Direttore,
vorremmo esprimere il nostro rammarico per il titolo ed il contenuto degli articoli di Avvenire di domenica 29 ottobre (pag 21) sul tema “Anche per Humanæ vitae è ora di attuare il Concilio”. Sarebbe forse stato più appropriato titolare:“Humanæ vitæ fa riscoprire il valore dell’amore coniugale” e come sottotitolo “alla luce della Laudato sì una strada eco-sostenibile per un amore di coppia a salvaguardia della salute e della fertilità”.
E, soprattutto, ci sarebbe piaciuto trovare, tra gli articoli, un’attenzione al femminile più scientificamente aggiornata, anche se un po’ meno teologica. La delusione è nel constatare che la discussione verte ancora nel non capire la differenza tra usare i periodi naturalmente infecondi rispetto ai metodi chimici ed artificiali.
La principale differenza è che i primi inducono gli sposi ad una pari responsabilità nell’atto, mentre i secondi addossano l’onere della contraccezione prevalentemente (se non esclusivamente) alla donna, dato che l’uomo generalmente declina la propria responsabilità…
Oggi dopo 50 anni di uso ed abuso dei metodi artificiali, un diluvio di pillole ed altro ha non solo impedito la nascita di tanti bambini ma ha anche inquinato il corpo della donna procurandole danni fisici (esponendola addirittura a patologie tra cui alcune neoplastiche) e psicologici; ha inoltre contribuito a costruire, nel maschio e nella donna, la mentalità abortiva (che, nella sola Italia, ha già causato circa 6 milioni di aborti “legali”), ha spinto a ritardare l’età procreativa portandola ormai prossima al tempo limite, per poi “risolverla”nel generare in provetta dei superbaby selezionati dalla decimazione, soprannumerari, congelati, e magari, per lavare le coscienze, da “donare” alla scienza:ebbene,dopo tutto questo è difficile sostenere che “l’atto sessuale non è finalizzato solo alla procreazione ma anche per esprimere quell’unione tra sposi che ha valore sacramentale”. Povero sacramento, ci viene da dire!
Nel 1953 un Prete cattolico australiano, Maurice Catarinich, per risolvere il problema di alcune coppie che dovevano evitare la gravidanza per ragioni mediche e che nel contempo volevano rispettare le leggi della natura (bacchettoni o ecologisti antesignani?) si rivolse a due medici, marito e moglie, perché studiassero la questione: nacque così quello che oggi conosciamo come Metodo dell’Ovulazione Billings che,diversamente da altri metodi detti naturali ma dagli scarsi risultati o di difficile applicazione, hanno accompagnato tante coppie in tutte le loro fasi della vita fertile, sia nel procrastinare che nel ricercare la gravidanza, ottenendo successo in entrambi gli obiettivi, successo addirittura superiore alle tecniche artificiali, senza lasciare scie di morti lungo il cammino.
Quel Prete ha dato credito alla capacità della coppia di astenersi per alcuni giorni al mese dall’atto coniugale, per poi goderne liberamente nel resto dei giorni. Proprio chi, per scelta vocazionale fa della castità un impegno perenne, capisce le difficoltà e sa impegnarsi a viverla come Giuseppe e come Maria. Se è vero che è difficile chiedere a tutti la santità, si può offrire a tutti, in questa catastrofe di disumanità, qualche cosa di più ecologico a salvaguardia della salute e fertilità della donna, e soprattutto della sua dignità.
“La gioia dell’amore” è opera di Dio data all’uomo oltre l’istinto, e deve ritornare a Colui che ha creato l’alternanza dei tempi naturalmente fecondi ed infecondi.
A Calcutta una donna, che viveva nella propria carne la castità, conosciuta la povertà più profonda dell’umanità, non ha ascoltato il canto interessato delle lobby internazionali per risolvere i problemi del mondo ma ha preso sul serio le parole di Paolo VI, tanto che le sue suore si spendono tutt’oggi nei villaggi sperduti indiani, africani, sud americani e, fra le tante attività a cui si dedicano, insegnano alle donne ed, anzi, alle coppie, proprio il metodo di regolazione naturale della fertilità promuovendo così,oltre ad un controllo responsabile delle nascite, anche salute e dignità del corpo della donna.
Offrire alla donna una conoscenza di sé che ella partecipa al coniuge rende entrambi consapevoli della meraviglia della natura umana e della sua perfezione; li invita a parlarsi e ad armonizzare le proprie esigenze, rispettando reciprocamente il corpo e la dignità dell’atto sessuale: il godimento del piacere che ne deriva è così vissuto in libertà e sincerità e fa crescere la stima reciproca, l’amore e la fedeltà: in sintesi, la sapienza della natura tradotta in procreazione responsabile eco-compatibile.
Ci auguriamo che nel dibattito in vista del 50° anniversario del documento di Papa Montini più che teorie progressiste o conservatrici si promuova – con una certa sollecitudine perché già siamo in forte ritardo – l’aspetto pratico, così come hanno fatto il Prete australiano e la Santa Teresa di Calcutta.
Grazie,
Daniela Musumeci Bassi Luciani, professore associato (a.r.) di Fisiologia Umana nell’Università di Pisa, Insegnante del Metodo Billings da oltre 30 anni
Dott. Alessandro Bassi Luciani, professore pggregato (a.r.) di Medicina Legale e di Bioetica nell’Università di Pisa