Dal sito Aleteia 22 Febraio 2018
Per la loro fede in Gesù Cristo e per la loro storia, i cristiani d’Oriente conoscono la forza della misericordia. Un tesoro inestimabile ed esemplare per i loro vicini.
di Paul de Dinechin
Da 1.400 anni, i cristiani d’Iraq hanno sopportato persecuzioni con «fede e pazienza».Hanno subito distruzioni, torture, stupri. Eppure il capo della comunità calda del Kurdistan iracheno, mons. Bashar Warda, arcivescovo di Erbil (Iraq), non si stanca di evocare il perdono che i cristiani sanno accordare.
All’università dei gesuiti di Georgetown, a Washington d.C., il 15 febbraio 2018 il prelato caldeo ha sottolineato la forza della misericordia dei cristiani d’Oriente. «Perdoniamo i nostri assassini nel nome di Cristo», dice. Per lui, la riconciliazione è tanto più importante in quanto i musulmani hanno un ruolo determinante da giocare nella ricostituzione delle comunità cristiane che rischiano di scomparire.
Testimoni dell’Amore di Dio
I cristiani hanno ricevuto «la Buona Notizia e il perdono di Nostro Signore Gesù Cristo». Di conseguenza, hanno una testimonianza primordiale da addurre per conservare la pace in Medio Oriente, secondo l’arcivescovo di Erbil, che arriva a proporre di aprire le scuole cristiane o i centri educativi «anche a coloro che ci hanno torturati». Parole forti, che stridono su anni di drammi a ripetizione e di piaghe sempre aperte.
Tale testimonianza, però, non sarà possibile che mediante una franca cooperazione dei musulmani. Costoro devono in primo luogo apprendere dai cristiani questa capacità di perdonare. «Imparate questo da noi – rilancia il prelato caldeo – lasciate che vi aiutiamo a guarire. Lasciateci curare i nostri Paesi feriti e torturati». Per giungere a questo, i musulmani devono fondamentalmente prendere coscienza della posta in gioco con la presenza dei cristiani d’Oriente.
«Forse è l’ultima battaglia»
Non ci sarà futuro per i cristiani d’Oriente, afferma sconsolato mons. Warda, se i musulmani non vengono al capezzale delle minoranze. I musulmani vengono così chiamati a ricostruire le comunità presenti fin da tempi remotissimi, specialmente nella piana di Ninive.
Non basta semplicemente dire che lo Stato islamico non ha «niente a che vedere» con l’islam, secondo il responsabile caldeo che incoraggia i Paesi musulmani a «mostrare la loro solidarietà». Alcune voci si sono già levate, ma devono essere incoraggiate – insiste. È salutare promuovere un dialogo «onesto e rispettoso» tra i cristiani e i musulmani.
In effetti la posta in gioco è importante: la storia dei cristiani iracheni potrebbe concludersi oggi stesso. «Siamo di fronte a una lotta esistenziale, in Iraq». «Forse è l’ultima battaglia», sfugge a Mons. Warda. In questo Paese di antica tradizione cristiana fondata su luoghi biblici come Ur, Babilonia o Ninive ed evangelizzata dall’apostolo Tommaso coi suoi compagni… i cristiani sono oggi meno di 200mila contro il milione che all’incirca erano nel 2003. «Una cifra malgrado tutto più importante di quella dei primi apostoli», osserva.
In tale scenario, le potenze occidentali devono anch’esse giocare un ruolo più decisivo. «Ma come si regolerà l’Occidente?», s’interroga il caldeo. «La mia domanda non è retorica, i cristiani d’Oriente vogliono conoscere la risposta».
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]