In viaggio con il beato Newman.
di Massimo Introvigne
Benedetto XVI ha parlato più volte di un’«emergenza educativa» (Benedetto XVI 2008). L’emergenza non è però solo degli ultimi anni. Il problema era già ben presente al beato Newman. «Desidero rendere onore – ha affermato il Papa – alla sua visione dell’educazione, che ha fatto così tanto per plasmare l’“ethos” che è la forza sottostante alle scuole ed agli istituti universitari cattolici di oggi […]. Il progetto di fondare un’università cattolica in Irlanda gli diede l’opportunità di sviluppare le proprie idee su tale argomento e la raccolta di discorsi da lui pubblicati come The Idea of a University contiene un ideale dal quale possono imparare quanti sono impegnati nella formazione accademica» (Benedetto XVI 2010r).
a. Per un’educazione integrale.
Il beato Newman era «fermamente contrario ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico» (ibid.) al problema dell’educazione, e «cercò di raggiungere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la disciplina morale e l’impegno religioso procedessero assieme» (ibid.). Il beato concepiva «il compito dell’insegnante non [come] solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società; l’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore» (Benedetto XVI 2010d).
L’educazione integrale del beato Newman non trascura né svaluta le scienze. Al contrario, ripete Benedetto XVI, «le scienze umane e naturali ci forniscono una comprensione inestimabile di aspetti della nostra esistenza» (Benedetto XVI 2010f). Il loro studio è necessario. Ma non può essere sufficiente, perché «tuttavia queste discipline non danno risposta, e non possono darla, alla domanda fondamentale, perché operano ad un livello totalmente diverso. Non possono soddisfare i desideri più profondi del cuore umano, né spiegarci pienamente la nostra origine ed il nostro destino, per quale motivo e per quale scopo noi esistiamo, né possono darci una risposta esaustiva alla domanda: “Per quale motivo esiste qualcosa, piuttosto che il niente?”» (ibid.).
Ecco allora il grande insegnamento del beato Newman, che il Papa ripropone ai giovani: studiate ogni materia utile e lecita, ma inseritela sempre in un quadro più ampio. «Ricordate sempre però che ogni materia che studiate si inserisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto. Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo. Abbiamo bisogno di buoni storici, filosofi ed economisti, ma se la percezione che essi offrono della vita umana all’interno del loro specifico campo è centrata su di una prospettiva troppo ristretta, essi possono seriamente portarci fuori strada» (Benedetto XVI 2010e).
b. La scuola cattolica
«Una buona scuola offre una formazione completa per l’intera persona. Ed una buona scuola cattolica, al di sopra e al di là di questo, dovrebbe aiutare i suoi studenti a diventare santi» (Benedetto XVI 2010e). C’erano buone scuole nella Gran Bretagna del beato Newman. Ma egli non se ne accontentò, e s’impegnò con i suoi confratelli oratoriani e con altri che – non senza difficoltà e incomprensioni – appoggiarono i suoi progetti a fondare scuole cattoliche e anche, come si è accennato, un’università cattolica in Irlanda. Non si trattava di una novità, ricorda Benedetto XVI: «in Scozia, penso alle tre università medievali fondate dai pontefici, compresa quella di S. Andrea, che sta per celebrare il sesto centenario della sua fondazione» (Benedetto XVI 2010c).
Il Papa aggiunge un aneddoto personale. Questo tema, afferma, «mi offre l’opportunità di rendere grazie a Dio per la vita e l’opera della Venerabile Mary Ward [1585-1645], nativa di questa terra [inglese], la cui visione pionieristica di vita religiosa apostolica per le donne, ha portato così tanti frutti. Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle “Dame Inglesi” e devo loro un profondo debito di gratitudine» (Benedetto XVI 2010d).
Oggi come ai tempi della venerabile Mary Ward o del beato Newman, «Cristo […] ha bisogno di uomini e donne che dedichino la loro vita al nobile compito dell’educazione, prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le vie del Vangelo» (Benedetto XVI 2010q). Occorre tuttavia contrastare un equivoco. Spesso le scuole cattoliche sono riconosciute come istituti di formazione d’eccellenza: ma non è questa la loro ragion d’essere. La scuola cattolica dev’essere, appunto, cattolica e testimoniare quotidianamente l’ideale del beato Newman dell’educazione integrale: «C’è sempre un orizzonte più grande, nelle vostre scuole cattoliche, sopra e al di là delle singole materie del vostro studio e delle varie capacità che acquisite» (Benedetto XVI 2010e).
La stessa «presenza dei religiosi nelle scuole cattoliche è un forte richiamo all’ampiamente discusso carattere cattolico, che è necessario permei ogni aspetto della vita scolastica» (Benedetto XVI 2010d). E «carattere cattolico» significa ortodossia della dottrina. C’è, afferma il Pontefice, un’«evidente esigenza che il contenuto dell’insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida alla base di ogni attività nella scuola [cattolica], così che la missione della Chiesa possa essere effettivamente servita» (ibid.).
c. Educare alla santità
La scuola cattolica, e l’educazione cattolica dei giovani in famiglia e nelle chiese, ha un ideale ancora più grande, tanto spesso sottolineato dal beato Newman: educare alla santità. «Vi sono molte tentazioni – ricorda il Papa ai giovani – che dovete affrontare ogni giorno – droga, denaro, sesso, pornografia, alcool – che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione. C’è una sola cosa che permane: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed amatelo, ed egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell’esistenza seducente ma superficiale frequentemente proposta dalla società di oggi» (Benedetto XVI 2010c).
Da Londra, collegato via Internet con tutte le scuole cattoliche d’Inghilterra, Scozia e Galles, Benedetto XVI ha tenuto il 17 settembre agli allievi una stupenda lezione sulla santità. «Non capita spesso ad un Papa – in verità nemmeno a qualsiasi altra persona – l’opportunità di parlare contemporaneamente agli studenti di tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia. E dal momento che ora io ho questa possibilità, c’è qualcosa che mi sta davvero molto a cuore di dirvi. Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo.
La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità. Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d’ora. Forse alcuni pensano che essere santi non sia per loro.
Lasciatemi spiegare cosa intendo dire. Quando si è giovani, si è soliti pensare a persone che stimiamo e ammiriamo, persone alle quali vorremmo assomigliare. Potrebbe trattarsi di qualcuno che incontriamo nella nostra vita quotidiana e che teniamo in grande stima. Oppure potrebbe essere qualcuno di famoso. Viviamo in una cultura della celebrità ed i giovani sono spesso incoraggiati ad avere come modello figure del mondo dello sport o dello spettacolo. Io vorrei farvi questa domanda: quali sono le qualità che vedete negli altri e che voi stessi vorreste maggiormente possedere? Quale tipo di persona vorreste davvero essere?
Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi di seconde scelte. Vi sto chiedendo di non perseguire un obiettivo limitato, ignorando tutti gli altri. Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici.
La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è molto semplice: la vera felicità va cercata in Dio» (Benedetto XVI 2010e).
«E, una volta che voi siete entrati in amicizia con Dio – prosegue il Papa – ogni cosa nella vostra vita inizia a cambiare. Mentre giungete a conoscerlo meglio, vi rendete conto di voler riflettere nella vostra stessa vita qualcosa della sua infinita bontà. Siete attratti dalla pratica della virtù. Incominciate a vedere l’avidità e l’egoismo, e tutti gli altri peccati, per quello che realmente sono, tendenze distruttive e pericolose che causano profonda sofferenza e grande danno, e volete evitare di cadere voi stessi in quella trappola […] Quando queste cose iniziano a starvi a cuore, siete già pienamente incamminati sulla via della santità» (ibid.).
Il beato Newman aveva compreso che la santità si può apprendere, non solo con lo studio ma anzitutto con la preghiera. Nello stesso tempo, anche la preghiera s’impara e richiede un’educazione. «Il motto del Cardinale Newman, Cor ad cor loquitur, “il cuore parla al cuore”, ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio. Egli ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina. Come scrisse in uno dei suoi forbiti sermoni: “l’abitudine alla preghiera, che è pratica di rivolgersi a Dio e al mondo invisibile in ogni stagione, in ogni luogo, in ogni emergenza, la preghiera, dico, ha ciò che può essere chiamato un effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare l’anima. Un uomo non è più ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizzato un nuovo sistema di idee ed è divenuto impregnato di freschi principi” (Parochial and plain sermons, IV, 230-231)» (Benedetto XVI 2010r).
Londra è stata descritta come la prima vera metropoli del XXI secolo, dove il tempo scorre così velocemente e freneticamente da indurre vere e proprie mutazioni qualitative nel modo di accostarsi alla vita e al lavoro (cfr. per esempio le inchieste del giornalista italiano, da anni residente nella capitale britannica, Marco Niada: Niada 2008, 2010). Proprio da Londra Benedetto XVI richiama a fermarsi per trovare un tempo di preghiera e di silenzio.
«Nel profondo del vostro cuore egli vi chiama a trascorrere del tempo con lui nella preghiera. Ma questo tipo di preghiera, la vera preghiera, richiede disciplina: richiede di trovare dei momenti di silenzio ogni giorno. Spesso ciò significa attendere che il Signore parli. Anche fra le occupazioni e lo stress della nostra vita quotidiana abbiamo bisogno di dare spazio al silenzio, perché è nel silenzio che troviamo Dio, ed è nel silenzio che scopriamo chi siamo veramente» (Benedetto XVI 2010n).
La preghiera, insegnava il beato Newman, è essenziale perché anche i laici possano esercitare un vero apostolato. «Permettendo a questa luce della fede di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essa mediante la quotidiana unione al Signore nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti della Chiesa, datori di vita, diventiamo noi stessi luce per quanti ci stanno attorno; esercitiamo il nostro “ufficio profetico”; spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Signore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interiore trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, non possiamo – con le parole di Newman – “irradiare Cristo”; diveniamo semplicemente un altro “cembalo squillante” (1Cor 13, 1)» (Benedetto XVI 2010q).
Benedetto XVI lo ricorda anzitutto a coloro, religiosi e laici, che fanno parte di realtà particolarmente ispirate al pensiero del beato Newman, fra cui cita «i membri della famiglia spirituale Das Werk» (Benedetto XVI 2010r), fondata da Julia Verhaeghe (1910-1997). Si tratta di una citazione non banale e non casuale, se si considera che Das Werk – «l’Opera», da non confondere con l’Opus Dei – è stata ripetutamente oggetto nel Paese in cui è stata fondata, in Belgio, di attacchi giornalistici e perfino governativi che hanno cercato di squalificarla come «setta» (cfr. Introvigne 1997).
d. Il sacerdote, primo educatore, e i suoi problemi
«Così come è l’Eucarestia che fa la Chiesa, il sacerdozio è centrale per la vita della Chiesa» (Benedetto XVI 2010c). Il beato Newman, così attento al ruolo dei laici, aveva piena coscienza del fatto che nella Chiesa nessuna educazione è possibile se viene meno il ruolo del sacerdote come primo educatore – insieme ai genitori per i figli – alla fede. Il nuovo beato s’inserisce in una lunga tradizione di santi sacerdoti britannici, fra i quali il Papa ricorda «l’esempio di dedizione, di generosità e di coraggio di San John Ogilvie [S.J. 1579-1615]» (Benedetto XVI 2010c), martire sventrato e impiccato nel 1615 a Glasgow per il suo rifiuto di tornare al calvinismo, in cui era nato ma da cui si era separato nel 1596 per diventare cattolico, poi gesuita e sacerdote.
Una sana vita sacerdotale, insegnava il beato Newman, trova il suo centro nell’Eucarestia, per cui molti martiri inglesi dopo la separazione della Comunione Anglicana da Roma hanno dato la vita. «La realtà del sacrificio Eucaristico è sempre stata al cuore della fede cattolica; messa in discussione nel sedicesimo secolo, essa venne solennemente riaffermata al Concilio di Trento, nel contesto della nostra giustificazione in Cristo. Qui in Inghilterra, come sappiamo, molti difesero strenuamente la Messa, sovente a caro prezzo, dando vita a quella devozione alla Santissima Eucaristia che è stata una caratteristica del cattolicesimo in queste terre» (Benedetto XVI 2010m).
In tema di Eucarestia, Benedetto XVI menziona «l’imminente pubblicazione della nuova traduzione [inglese] del Messale Romano» (Benedetto XVI 2010t), che ha comportato a fronte di varie critiche una «revisione» (ibid.) di diversi testi. Il Papa invita i vescovi britannici a «cogliere l’occasione che questa nuova traduzione offre, per una approfondita catechesi sull’Eucaristia e per una rinnovata devozione nei modi in cui essa viene celebrata» (ibid.).
Il beato Newman aveva piena coscienza del fatto che i sacerdoti non sono angeli ma uomini, non esenti dai peccati e dai problemi comuni. «Il calore e l’umanità che sottostanno al suo apprezzamento del ministero pastorale vengono magnificamente espressi da un altro dei suoi famosi discorsi: “Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente (“Men, not Angels: the Priests of the Gospel”, Discourses to mixed congregations, 3)» (Benedetto XVI 2010r).
Scrive ancora «il beato John Henry Newman: “Che Dio ci doni dei sacerdoti che sappiano sentire la propria debolezza di peccatori, e che il popolo li sappia compatire ed amare e pregare per la loro crescita in ogni buon dono di grazia” (Sermon, 22 marzo 1829). 191)» (Benedetto XVI 2010t).
Se l’umana debolezza dei sacerdoti è di ogni epoca, oggi un problema «che mina seriamente la credibilità morale dei responsabili della Chiesa è il vergognoso abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacerdoti e di religiosi» (Benedetto XVI 2010t). Il Papa confida «che queste rivelazioni sono state per me uno choc. Sono una grande tristezza, è difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale sia stata possibile.
Il sacerdote, nel momento dell’ordinazione, preparato per anni a questo momento, dice sì a Cristo per farsi la sua voce, la sua bocca, la sua mano e servirlo con tutta l’esistenza perché il Buon Pastore, che ama e aiuta e guida alla verità, sia presente nel mondo. Come un uomo che ha fatto e detto questo possa poi cadere in questa perversione, è difficile capire; è una grande tristezza, tristezza anche che l’autorità della Chiesa non sia stata sufficientemente vigilante e non sufficientemente veloce, decisa, nel prendere le misure necessarie.
Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà e di rinnovata sincerità, come ho scritto ai Vescovi irlandesi [nella Lettera ai cattolici dell’Irlanda, del 19-3-2010]. Mi sembra che dobbiamo adesso realizzare proprio un tempo di penitenza, un tempo di umiltà, e rinnovare e reimparare un’assoluta sincerità» (Benedetto XVI 2010a).
Senza che si possa ridurre il viaggio in Gran Bretagna – come ha detto il Papa nella successiva udienza generale di mercoledì 22 settembre 2010, «scopo principale della visita era quello di proclamare beato il Cardinale John Henry Newman» (Benedetto XVI, 2010v), così che «in effetti, la cerimonia di beatificazione ha rappresentato il momento preminente del viaggio apostolico» (ibid.) – alla questione dei preti pedofili, che ha invece dominato certe cronache giornalistiche a scapito di ogni altro tema, è vero che – nel contesto della descrizione di una crisi educativa che è anche crisi del sacerdozio – Benedetto XVI non ha mancato di proporre qualche riflessione sul doloroso argomento. Non si è limitato a esprimere dolore e vergogna, ma ha tracciato un programma di azione.
«Tre cose – ha detto – sono importanti. Primo interesse sono le vittime, come possiamo riparare, che cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ritrovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo. Cura, impegno per le vittime è la prima priorità con aiuti materiali, psicologici, spirituali. Secondo, è il problema delle persone colpevoli: la giusta pena, escluderli da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una malattia e la libera volontà non funziona dove c’è questa malattia; quindi dobbiamo proteggere queste persone contro se stesse, e trovare il modo di aiutarle e di proteggerle contro se stesse ed escluderle da ogni accesso ai giovani. E il terzo punto è la prevenzione nella educazione e nella scelta dei candidati al sacerdozio. Essere così attenti che secondo le possibilità umane si escludano futuri casi» (Benedetto XVI 2010a).
Al di là dell’indagine sulle cause e della messa in opera di possibili rimedi (su cui cfr. Introvigne 2010b) il Papa riporta il problema alla sua dimensione spirituale. Qui, anche nel fondo più buio di una crisi particolarmente vergognosa, nell’esprimere sentimenti di «profondo dolore alle vittime innocenti di questi inqualificabili crimini» (Benedetto XVI 2010d), il Papa non perde «la speranza che il potere della grazia di Cristo, il suo sacrificio di riconciliazione, porterà profonda guarigione e pace alle loro vite.
Riconosco anche, con voi, la vergogna e l’umiliazione che tutti abbiamo sofferto a causa di questi peccati; vi invito a offrirle al Signore con la fiducia che questo castigo contribuirà alla guarigione delle vittime, alla purificazione della Chiesa ed al rinnovamento del suo secolare compito di formazione e cura dei giovani» (Benedetto XVI 2010m). Al fondo di ogni crisi morale – insegna il beato Newman – c’è sempre una crisi educativa. Per superare le crisi, occorre ripartire da un’educazione integrale che sia insieme educazione alla santità e alla preghiera.
Riferimenti
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