da Fulcrum
23 Aprile 2019
di David Read, traduzione di
Cristian Merlo
Per un decennio ho continuato a sostenere che la teoria del riscaldamento globale provocato dall’uomo è paragonabile a un cocomero: verde all’esterno, rossa all’interno. Superficialmente si tratta di ambientalismo, ma a livello più profondo mira invece al comando centralizzato dell’economia – in altre parole al socialismo.
Perché se riesci a convincere la gente che il diossido di carbonio surriscalderà il pianeta e il suo livello necessita pertanto di essere regolamentato in maniera rigorosa, potrai controllare ogni aspetto dell’esistenza umana, paradossalmente anche le modalità con cui respirare, visto che inspiriamo ossigeno ed espiriamo anidride carbonica.
Puoi controllare tutti gli aspetti della produzione di energia, dell’edilizia commerciale e residenziale sino a tutti i fattori che riguardano l’industria del trasporto e la fabbricazione di veicoli; puoi stabilire la temperatura esatta cui le persone debbano sottostare nelle proprie case; di quanti chilometri queste possano spostarsi per raggiungere il proprio luogo di lavoro; puoi decretare le regole cui attenersi per effettuare un viaggio d’affari o un viaggio turistico, ecc.
Insomma, l’asserita necessità di monitorare in maniera ferrea il livello di anidride carbonica nell’aria è la chiave di volta che spalanca la porta al controllo centralizzato dello Stato di ogni aspetto della vita economica.
Anche le tempistiche ci forniscono qualche indizio in merito. Quando è stata la prima volta che avete sentito parlare della minaccia del riscaldamento globale provocato dall’uomo? Non è stato per caso all’inizio degli anni ’90, all’indomani del crollo dell’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, e dopo che la Cina “comunista” aveva iniziato a rivolgersi a un modello costituito da imprese private per sostenere le proprie esportazioni?
In effetti, sono trascorsi pochi anni da quando il socialismo – da intendersi come la proprietà collettivizzata dei mezzi di produzione – venne considerato un modello teorico totalmente screditato per l’organizzazione dell’economia, e come tale generalmente abbandonato (con l’eccezione di Cuba e della Corea del Nord), a quando si è iniziato a discettare del riscaldamento globale di origine antropica.
Il mondo intero aveva appena assistito al totale sfacelo del socialismo come teoria economica che i totalitaristi utopisti, i quali a quanto pare, proprio come i poveri, sono sempre al vostro fianco, avevano bisogno di un nuovo pretesto per controllare l’economia e ingerirsi in modo minuzioso nella vostra vita di tutti i giorni.
Orbene, non dovete certo accettare questa opinione solo perché ve lo dico io. Potete facilmente verificarla consultando fonti esterne.
I sostenitori dell’idea che il vostro SUV stia surriscaldando il pianeta non stanno nemmeno più dissimulando. Stanno semplicemente venendo allo scoperto e ammettendo che l’intera faccenda ha a che fare con il socialismo.
Su The Guardian è comparso un editoriale di Phil McDuff dal titolo: “Porre fine al cambiamento climatico richiede la fine del capitalismo. Ne avremo il coraggio?” La causa dei cambiamenti climatici, ci informa McDuff, è da imputarsi al capitalismo e al modello di proprietà privata delle imprese: Il cambiamento climatico è il risultato del nostro attuale sistema economico e industriale.
Le proposte in stile “Green New Deal” sposano cambiamenti radicali di politica ambientale combinati con riforme socialiste di più ampio respiro perché il livello di interruzione necessario per consentirci di mantenere, pressoché ovunque, una temperatura che sia inferiore a una soglia considerabile come “assolutamente catastrofica”, a un livello strutturale profondo è fondamentalmente incompatibile con lo status quo.
Quindi, secondo McDuff del Guardian, se desideri che il pianeta sopravviva, devi abbandonare il capitalismo, un metodo di organizzazione economica che funziona piuttosto bene e ha innalzato gli standard di vita in tutto il mondo, e in maniera stratosferica in Occidente, e abbracciare il socialismo, che di converso ha completamente e miseramente fallito ovunque sia stato sperimentato sull’orbe terracqueo, in maniera assoluta e senza eccezione alcuna.
In un altro recente articolo apparso su The Guardian, a firma di Jeff Sparrow, ci si interroga se “Il socialismo costituisca la risposta alla catastrofe climatica”. E la risposta è affermativa, ci sono tutte le ragioni per aspettarsi che varie versioni del socialismo giochino un ruolo sempre più importante nel dibattito in corso sulla tragedia climatica
Nel numero di maggio di Harper’s Magazine, Kevin Baker spende un lungo articolo teso a magnificare la Tennessee Valley Authority e tutte le opere idroelettriche costruite negli anni ’30 del XX secolo, come premessa per promuovere il “Green New Deal”.
Baker osserva che anche il New York Times è scettico sul Green New Deal, scrivendo: Il Green New Deal è finalizzato ad affrontare la crisi climatica? O si sta affrontando la crisi climatica meramente per soddisfare una lista di desiderata che costituiscono l’agenda delle politiche progressiste e per spostare, in virtù di uno sforzo nemmeno troppo subdolo, il Partito Democratico su posizioni di sinistra?…
Leggetela alla lettera, la risoluzione non vuole solo ottenere un sistema energetico neutro dal punto di vista delle emissioni di carbonio, ma anche trasformare l’economia stessa. Le risposte a queste domande, scrive Baker, sono sì e ancora sì. Dobbiamo affrontare il cambiamento climatico e dobbiamo incidere sulle modalità con cui i nostri sistemi politici ed economici funzionano in questo paese…
E conclude che lo splendore del New Deal verde sta nel riconoscere che non possiamo andare avanti così come abbiamo finora, non solo nel deturpare la terra, ma anche nel degradarci a vicenda, attraverso il sistema economico esistente cui abbiamo consentito di devastarci.
Solo chi non ha mai vissuto in un’economia di comando di stampo socialista, come Kevin Baker, potrebbe immaginare che un’economia di libero mercato sia più “degradante” rispetto a un’economia socialista pianificata centralmente.
Coloro che hanno vissuto sulla propria pelle i mali del collettivismo sono facilmente in grado di riconoscere, per ciò che realmente è, la bufala del riscaldamento globale: un mero pretesto per imporre il socialismo.
L’ex presidente della Repubblica ceca, Václav Klaus, in un discorso del 2011 tenuto in Australia ha dichiarato: Vogliono limitare la nostra libertà perché credono di sapere cosa sia meglio per noi. Non sono interessati al clima. Essi si approfittano strumentalmente dell’emergenza climatica con l’obiettivo precipuo di limitare la nostra libertà. Quindi ciò che è in pericolo è la libertà, non il clima.
Klaus, che da giovane spese gran parte della propria vita a opporsi al governo comunista della Cecoslovacchia, ha ammesso di essere molto sensibile a questa problematica. Ma temo che alcune persone che conducono le loro esistenze in una società libera non apprezzino sufficientemente tutte le implicazioni connesse con la libertà.
Dunque la mia ipersensibilità è come una sveglia che avverte delle potenziali derive, di cui sono davvero preoccupato. In questo momento mi sento minacciato, non tanto dal riscaldamento globale – di cui non scorgo grossi pericoli – (ma) dalla dottrina del riscaldamento globale, che considero un nuovo insidioso tentativo finalizzato a controllare e dominare la mia vita e le nostre vite, in nome della regolamentazione del clima o della temperatura.
Klaus ravvisa la beffa colossale sottesa a questo fatto: che non vi furono mai inquinatori peggiori dei governi socialisti dell’Unione Sovietica e dell’Europa orientale. Non si preoccupano delle risorse, della povertà o dell’inquinamento. Ci odiano, odiano l’uomo. Ci considerano creature pericolose e peccaminose che devono essere soggiogate al loro controllo. Vivevo in un mondo simile chiamato comunismo. E tutto quello che so è che esso ha condotto al peggiore danno ambientale che il mondo intero abbia mai sperimentato.
Se gli stolti socialisti non stanno più dissimulando, non ravviso più alcun bisogno di fingere ancora. La grande bufala del riscaldamento globale generato dall’uomo non ha alcun senso. Il Papa la supporta perché cerca di far leva sull’isteria climatica in favore di una legge della domenica internazionale. Ma il resto di noi dovrebbe condannarla per quello che è e per quello che è sempre stata: un mero stratagemma socialista.