Trattato di Teologia morale
PARTE III
DIRITTI E DOVERI INDIVIDUALI DIRITTI NATURALI
La persona, come tale, non è propriamente oggetto di diritto, ma ne è piuttosto il soggetto ed il fondamento. Tuttavia la persona ha il diritto che gli altri riconoscano la sua personalità e che non facciano nulla che sia in contrasto con tale riconoscimento, inoltre, come individuazione sostanziale della natura umana (rationalis naturae individua substantia), ha dei beni, quelli connaturali ed altri acquisiti ed accidentali, che sono realmente oggetto del suo diritto, ossia di quel rapporto che si esprime e si traduce veracemente con il pronome ” mio “, ” tuo ” (la mia intelligenza, la mia libertà, la mia vita, il mio onore, ecc,).Tali beni possono essere variamente distinti e classificati. Noi, attesa la natura del presente lavoro, astraiamo da una qualsiasi classificazione completa e scientifica, e tratteremo successivamente;
1) del diritto al riconoscimento della personalità;
2) dei diritti sui beni dello spirito;
3) del diritto alla vita ed all’integrità delle membra;
4) del diritto all’onore ed alla fama;
5) dei diritti connessi con il lavoro dell’uomo;
6) della proprietà e dei modi di acquistarla;
7) del dovere di restituzione.
I. DIRITTO AL RICONOSCIMENTO DELLA PERSONALITÀ (55).
1. Natura del diritto. La persona umana, per la sua inviolabile autonomia (sibi existit), non può essere assunta né come cosa, né come mezzo, né quindi, come vera parte di un tutto cui sarebbe subordinata. L’elemento formale costitutivo della personalità (che ne è il fondamento) è la razionalità (Deo existit per questo). Il riconoscimento e il rispetto della razionalità è un diritto implicito (formaliter) nel primo diritto.
Tutti gli altri diritti sono nella natura umana e non parti della natura umana: diritti per partecipazione. Il dominio di sé è implicito nel concetto di persona. Il potere di agire è implicito in questo dominio; il diritto agli atti non è implicito, bisogna provarlo. Non è certo il diritto di porre azioni nocive dei diritti altrui (sarebbe assurdo); non è il diritto di porre azioni illecite, ma è il diritto di porre azioni lecite e non lesive del diritto altrui. Pertanto la personalità giuridica, nel diritto positivo, non può dipendere da un determinato stato o da particolari condizioni, così come non può essere oggetto di esclusioni o di essenziali limitazioni; deve essere a tutti riconosciuta.
Intendiamo parlare, si intende, di quella personalità connaturale, per cui qualunque uomo è riconosciuto come soggetto di diritto, almeno dei diritti naturali o fondamentali. L’essenziale autonomia della persona implica necessariamente la libera disposizione di sé, in ordine almeno ai diritti fondamentali, Quindi il diritto alla libertà psicologica (diritto di autodeterminarsi) ed a quella fisica (libertà di fare o di non fare). La stessa doverosa attuazione della propria personalità ed il conseguimento del fine ultimo dell’uomo non possono essere oggetto di coazione: l’obbligo morale, non giustifica, ma condanna la violenza per il motivo assai semplice ed essenziale che la personalità non si attua ed il fine non si raggiunge se non liberamente.
2. La violazione di tale diritto. Può avvenire o perché non si riconosce tale diritto o perché si opera in maniera contrastante col medesimo. La personalità però non si può violare direttamente, perché in quanto tale non può essere raggiunta da altri direttamente. D’altra parte nessuno può avere il possesso di sé od essere il padrone di sé stesso, perché il dominio è qualche cosa di essenzialmente relativo che dice ordine a qualche cosa d’altro: il fondamento del dominio non cade sotto il dominio.
L’uomo ha il dominio utile della sua vita (che appartiene all’unione sostanziale della persona umana e che è ordinata all’attività), delle sue membra e delle sue facoltà ed ha il dominio pieno dei suoi atti ed abiti. Chi con l’inganno o la violenza impedisce la libera esplicazione di questi atti od abiti, agisce contro l’autonomia della persona.
Così ad es. chi opera, per qualsiasi motivo il sequestro di una persona, impedisce il diritto alla libera scelta dello stato od al libero orientamento professionale (56); chi favorisce forme sociali in cui sia resa impossibile una piena responsabilità personale sia quanto all’ordine terreno, sia quanto all’eterno. È parimenti contraria all’autonomia della persona umana la schiavitù (57). Intesa ed attuata come assoggettamento pieno dell’uomo ad un altro uomo, oppure come misconoscimento della personalità giuridica (sicché l’uomo sia considerato come cosa) o come privazione dell’essenziale disposizione di sé, connessa con l’autonomia della persona umana, è contraria al diritto naturale.
II. DIRITTI DELLA PERSONA SUI BENI DELLO SPIRITO.
1. I beni naturali. Con questo termine possono essere intese o le facoltà spirituali dell’uomo (intelligenza e volontà), o la capacità prossima di poter usare delle medesime, o infine l’uso attuale di esse (58). a) E’ ovvio che le facoltà in se non possono essere distrutte o comunque intaccate dalla volontà umana. Si può, invece, subire ingiuria o perché vien tolta o diminuita la capacità di usarne o perché la stessa attività è ingiustamente impedita. Ma quando si ha di fatto l’ingiuria? essa ha luogo tutte le volte che si impedisce comunque l’uso delle facoltà spirituali o vien tolta, sia pure momentaneamente, la capacità di usarne, oppure si richiedono altre condizioni?
Il diritto all’uso attuale di dette facoltà non può essere senza limiti; e questi vanno ricercati sia nel lecito e nell’onesto come nel diritto degli altri uomini. Per entrambi i motivi non potrebbe, ad es., eccepire una qualsiasi violazione del proprio diritto il figlio di famiglia cui siano proibite dal genitore certe letture. Si può, pertanto, stabilire il seguente principio, che si ha cioè l’ingiuria:
1) ogni qualvolta è diminuita la sfera di attività relativamente ad azioni obbligatorie;
2) oppure quando si tenta di impedire attività lecite, che gli altri non hanno ragione di impedirci (59).
Diverso deve essere, invece, il giudizio relativamente alla diminuzione od alla sottrazione, sia pur temporanea della stessa capacità o potenza di agire. Questa, infatti, non può essere né tolta né diminuita senza evidente ingiuria. Lo stesso consenso del soggetto sarebbe illecito senza una proporzionata causa.
b) Traducendo questi principi all’intelligenza, non è difficile ricavarne le seguenti conclusioni. Si ledono i diritti della persona umana:
1) privando l’uomo dell’uso della ragione (60);
2) limitando, senza che se ne abbia il diritto o senza giustificato motivo, l’esercizio del conoscere;
3) insegnando l’errore a coloro che hanno stretto diritto, nei confronti di una determinata persona, all’insegnamento della verità o defraudandoli dell’insegnamento ad essi dovuto. Negli altri casi, l’insegnamento dell’errore costituisce un’ingiustizia.
Il Rosmini, partendo dal presupposto che la verità nobilita l’uomo e che il tentare di privamelo è un tentare di spogliarlo della sua ingenita dignità, risponde affermativamente; ma limita la sua risposta al vero necessario, il solo che veramente ci nobilita, mentre la conoscenza delle cose contingenti, pur essendoci utile nei suoi effetti, deve tutta la sua nobiltà a quell’elemento di cognizione universale che le sta congiunto e la rende cognizione.
Ne segue che vien leso il diritto connaturale dell’uomo con tutte quelle menzogne nelle quali vi ha un attentato malizioso d’infondere nelle menti dei principi, siano logici, siano morali, siano religiosi, erronei; giacché questi sono gli errori che veramente turbano o diminuiscono l’adesione del nostro spirito al lume della verità (61). Che anzi, se si tien conto, non solo dei diritti innati, ma anche di quelli acquisiti, ogni menzogna offende il diritto acquistato da ogni uomo che entra nella società.
Pur apprezzando detti rilievi, a noi non sembra che, nel caso, si possa parlare di vera ingiustizia, a meno che questa non si commetta nel modo; peraltro l’insegnamento dell’errore non costituisce violenza all’intelletto altrui, essendo in potere di rifiutarlo. Per poter ammettere l’ingiustizia, bisognerebbe supporre che l’uomo abbia il diritto non solo di conoscere la verità, ma anche di riceverne da altri l’insegnamento.
2. I beni soprannaturali. Il diritto dell’uomo al conseguimento del suo ultimo fine costituisce, come abbiamo già rilevato, il suo primo diritto. Da esso derivano tutti gli altri diritti all’impiego dei mezzi necessari per il raggiungimento di tale fine. Quanto ai mezzi solamente utili, va tenuto presente il principio sopra esposto parlando dei beni naturali; il diritto non può estendersi, in maniera assoluta, a tutto ciò che è lecito, ma è necessario considerare, al riguardo, anche i diritti altrui.
NOTE
55) A. MESSINEO, Monismo sociale e persona umana, Roma 1944; R. SANTILLI, Personalità cristiana, Firenze (1956); F. CAYRÈ, La personne – La place dans le monde chrétìen, in Divinitàs (1963) 332-350; I. MARITAIN, La personne et le bien commun, Bruges 1946 (ed. it. La persona e il bene comune, Brescia 1965); M. DI GIOVANNI, L’uomo e la nuova società nella concezione politica di I. Maritain, Napoli s. a.
56) S. Theol. 2-2, q. 88, a. 8 ad 2. L’elezione dello stato è in potestà della persona sia che si tratti di stato religioso o ecclesiastico, come del matrimonio. Cfr. V. HEYLEN, De matrimonio9, Mechliniae 1945, 44-45, G, SINOIR, L’orientation professionelle, Paris, 1943, 24. Anche il Taylorismo, almeno nelle sue forme originali, da eccessiva importanza al tecnicismo manuale e trascura la personalità del lavoratore, con le sue insopprimibili caratteristiche individuali. La tecnica non è fine a se stessa. Cfr. G. THILS, Teologia delle realtà terrene, Alba 1951, 176 ss,; Pio XII, Radiomessaggio natalizio del 24 dicembre 1953.
57) Cfr. P. HEINISH, Das Sklavenrecht im Israel u. im altern Orient, in Stud, Cath., 11 (1934-35) 201-218, 276-290; J. LECLERCQ, Leçons de droit naturel, IV, I part., Louvain 1946, 152-158; P. CHRÉTIEN, De iustitia, Metis 1947.
58) Non è invece dimostrata l’opposizione al diritto di natura di uno stato, in cui siano riconosciuti alla persona umana i suoi diritti fondamentali, ma che, d’altra parte, importi un vincolo permanente fra servo e padrone, anche se una più ampia disponibilità della propria opera, così com’è stabilita dal diritto di tutte le nazioni civili, si rivela chiaramente più consona all’autonomia ed alla dignità della persona umana. Si tratta però di un vincolo che non tocca la persona come tale, ma solo la sua opera; per poterne perciò dimostrare l’opposizione al diritto di natura, bisognerebbe poter dimostrare il carattere innaturale dell’obbligazione perpetua. Pertanto per una valutazione etica della schiavitù nelle diverse forme in cui essa è stata ed è ancora, per quanto illegalmente, attuata presso alcuni popoli, è necessario tener conto di tutte le note e le circostanze che l’accompagnano: bisogna distinguere fra il diritto ed il fatto; e nell’ambito dello stesso diritto è necessario considerare tutte le norme e saper capire le stesse contraddizioni, che non di raro si riscontrano fra l’una o l’altra. Così mentre lo schiavo non è considerato come persona giuridica, d’altra parte in alcuni luoghi e tempi gli si riconosce o gli si riconobbe il diritto non solo di sposare, ma anche quello fondamentale del riscatto, Se oltre a ciò si considerano alcuni vantaggi che allo schiavo derivano dal suo stato, quale ad es. il diritto di essere sostentato dal padrone per tutta la vita e la connessa sicurezza economica, non sarà difficile comprendere come anche nel clima cristiano l’istituto della schiavitù sia potuto per tanti secoli rimanere. Se, però, d’altra parte, si considera tutta la dottrina del cristianesimo e lo spirito che la vivifica, non sarà neppur difficile capire che era in esso il principio e il lievito per una più piena ed universale riabilitazione della dignità della persona umana: basterebbe, per convincersene, leggere la lettera di S. Paolo a Filemone.
59) A. ROSMINI, filosofia del diritto, 1, 284.
60) Cfr. quanto si è detto a proposito dei narcotici, narcoanalisi, alcoolici, ecc., parlando dei diritti verso di sé. (61) L. c.