Deciso oppositore dei Savoia per le politiche anticattoliche piemontesi e le annessioni, fu arrestato il 19 maggio del 1860 per essersi rifiutato di celebrare il Te Deum del 13 maggio in occasione della festa dello Statuto Sabaudo istituita il 5 maggio del 1851
di Andrea Bartelloni
(Centro cattolico di documentazione di Marina di Pisa)
Deciso oppositore dei Savoia per le politiche anticattoliche piemontesi e le annessioni, fu arrestato il 19 maggio del 1860 per essersi rifiutato di celebrare il Te Deum del 13 maggio in occasione della festa dello Statuto Sabaudo istituita il 5 maggio del 1851.
Il rifiuto fu comunicato a mezzo del Vicario Generale adducendo la volontà di non consacrare «con i crismi della religione un evento squisitamente civile e politico come la concessione dello Statuto» (Mauro Del Corso, Un Vescovo nella Storia. Cosimo Corsi, Cardinale di Pisa: la storia di un vescovo, Pisa, 1988, pag. 92).
I fatti si svolsero così: “Intanto, venuta la Domenica (13 maggio), (…) per ordine del Cardinale fu tolto il Santissimo Sacramento di Chiesa, spente le lampade, serrati sotto chiave tutti i sacri arredi, tutto lasciato in perfetta solitudine” (La Civiltà Cattolica, anno XI, vol. VII, 1860, pag.114), “ fece trasportare il SS. Sacramento nella vicina chiesetta dei SS. Ranierino e Leonardo, lasciando aperti tutti gli sportelli dei tabernacoli”, ma il “Governo riuscì comunque trovare quattro ecclesiastici per la celebrazione” che furono prontamente sospesi “a divinis” il giorno successivo.
L’opposizione di Corsi fu discussa nel Consiglio dei Ministri e il cardinale invitato a recarsi a Torino. Il suo rifiuto ne provocò l’arresto il 19 maggio e la sua traduzione nella capitale del Regno di Sardegna dove fu alloggiato nella Casa dei Padri della Missione di San Vincenzo de’ Paoli che, probabilmente, era destinata ad ospitare i prelati arrestati e condotti nella capitale.
Il cardinale rimase a Torino fino al 21 luglio del 1860 quando, di fronte all’impossibilità di una ritrattazione del suo operato, il Conte di Cavour preferì consentirgli il ritorno in diocesi, piuttosto che aggravare una situazione già tesa. Rientrato a Pisa fu soggetto ad atti intimidatori che non modificarono il suo comportamento, infatti si rifiutò di celebrare, il 2 giugno 1861, la festa dell’Unità d’Italia e di celebrare una cerimonia in suffragio del Conte di Cavour morto il 6 giugno dello stesso anno.
Altri atti seguirono sulla stessa linea sia personali che assieme all’episcopato toscano che non vennero tenuti in alcun conto dal Governo del Regno. Morì il 7 ottobre ad Agnano, vicino Pisa e trasferito in Cattedrale a Pisa in una cassa chiusa.
Le autorità proibirono l’esposizione della salma come pure la sepoltura in duomo, come il Corsi aveva richiesto nel testamento. “Il corpo fu sepolto in una tomba sopraelevata nella cappella Ammannati del Camposanto Monumentale, ma di lì a poco il Gonfaloniere ne dispose l’interramento, onde evitare, tali erano le motivazioni addotte, che il luogo si trasformasse in occasione di riunione per conventicole di clericali nostalgici”.
Solamente il 30 giugno del 1898 la salma fu traslata in cattedrale sotto l’Altare della Madonna di Sotto gli Organi.