15 Ottobre 2019
L’eliminazione del contante, voluta da questo governo, significa pagare (al sistema bancario) per pagare ed essere pagati, ma soprattutto favorire il controllo di Stato sui movimenti di danaro costretti alla dimensione elettronica-virtuale, e cioè a ridurre la riservatezza, ch’è uno dei costitutivi della libertà. Già Lenin ci aveva pensato.
di Giovanni Formicola
Dopo Monti – uno specchietto per gli allocchi (in senso ornitologico) moderati e persino cattolici, fino al punto di accelerare mutazioni genetiche in mondi che furono coraggiosi nel difendere la verità sociale – rieccoci con la guerra al contante.
E’ strano, ma ogni volta che un governo è imposto dall’Europa finanziaria, cioè dai padroni dello spread con il concorso dei governi franco-tedeschi, il danaro contante e il suo uso vengono ad essere demonizzati. Chissà che non ci sia qualche lieve conflitto d’interessi tra i popoli, la grande Banca e la tecnocrazia al potere in Europa.
E il governo dei due nichilismi alleati – uno rozzo e qualunquista, l’altro più pensato – sin da subito segue la linea. Il che significa pagare (al sistema bancario) per pagare ed essere pagati, ma soprattutto favorire il controllo di Stato sui movimenti di danaro costretti alla dimensione elettronica-virtuale, e cioè a ridurre la riservatezza, ch’è uno dei costitutivi della libertà – come diceva Ortega y Gasset, lo spessore delle pareti domestiche ne misura l’estensione.
Certo, libertà e riservatezza sono funzionali anche all’illecito, come la velocità è funzionale al volo, ma non può essere accettabile la tesi consequenziale secondo la quale “l’unico mezzo per affrancare l’uomo dalla sua tendenza alla delinquenza è togliergli la libertà” (Evgenij Zamjatin, Noi); generare mostruosi profitti per le banche e comunque per il sistema finanziario, che si sommano a quelli già derivanti dalla stampa e il prestito di carta straccia che non è più neppure una nota di credito “pagabile a vista al portatore” (provate a leggere una qualunque banconota che avete in tasca, e una vecchia banconota in lire, franchi, etc.).
La riduzione dell’uso dei contanti o di altre non tracciabili modalità di pagamento è moralisticamente un modo per annientare la libertà, e non solo quella economica. Lenin dichiarò – dimostrando di sapere bene che cosa fosse e quanto fosse in sé stesso totalitario e insopportabile – che “il socialismo è innanzitutto censimento” (Serge 1991, p. 87), e non si riferiva certo a quello demografico, ma al “censimento” di Stato anche dell’ultima libbra di pane.
Egli, e con lui il bolscevismo, era perfettamente cosciente che tale obiettivo non sarebbe stato raggiungibile, e con esso l’abolizione della proprietà privata e della libertà economica, se non con l’eliminazione del danaro.
“Ogni membro della società, eseguendo una certa parte del lavoro socialmente necessario, riceve dalla società uno scontrino [la sottolineatura è mia: all’epoca non esistevano le carte magnetiche…] da cui risulta ch’egli ha prestato tanto lavoro. Con questo scontrino egli ritira dai magazzini pubblici di oggetti di consumo una corrispondente quantità di prodotti” (Lenin).
E così, prima ancora che ci pensassero le banche – provate a farvi liquidare allo sportello un assegno bancario sul quale sta ancora scritto “pagabile a vista al portatore”! –, dispose già alla fine del 1917 che “I prelievi dai conti correnti personali non potevano superare 600 rubli al mese, cifra ridotta a 500 rubli in febbraio [1918]” (B.Lincoln).
Le tesi del VII congresso del Partito bolscevico prevedevano, tra l’altro, che il potere sovietico avrebbe disposto “la registrazione di tutte le operazioni commerciali – dato che il denaro non era stato ancora soppresso [sottolineatura dell’autore]” (V. Serge).
Ed in effetti, “Il comunismo di guerra nella fase matura, cui pervenne solo nell’inverno 1920-21, comportava una serie di misure radicali intese a porre sotto la gestione esclusiva dello Stato, o più precisamente del partito comunista, tutta l’economia […]. Tali misure erano […] 3. Eliminare il denaro come unità di scambio e di contabilità, a favore di un sistema di baratto regolamentato dallo Stato” (R. Pipes). Come sia andata a finire, è inutile ricordarlo.
L’idea del neo-governo dei due nichilismi – naturalmente con il nobile scopo di debellare l’evasione fiscale, che spesso altro non è che legittima difesa sociale – va nella stessa direzione. Se è quella giusta, allora vuol dire – e non forzo nulla – che i bolscevichi avevano ragione.
E se lo Stato è tutto, e i suoi debiti sono i debiti della nazione e le sue spese sono le spese delle famiglie, allora certo che avevano ragione. Peccato che per la realizzazione di questo modello così contrario alle più elementari esigenze di libertà, come la storia ha dimostrato, non esista altro mezzo che la coazione.
E da questo punto di vista, non c’è molta differenza tra la Polizia Tributaria ed Equitalia e gli “organi” bolscevichi, se non nei mezzi cui questi ultimi ricorrevano (e, naturalmente, non è poco). Ma la riduzione se non la negazione della libertà, e non solo economica, è la stessa.
E’ un prezzo troppo alto da pagare: s’impedisce il risparmio privato, si ostacola la libertà economica, si nega la festa, si elimina ogni legittima riservatezza, e come effetto spesso non visto si scoraggia – oltre tutti gli anti-incentivi morali – la procreazione. Ricominciare a fare figli sarebbe l’unica soluzione strutturale, ma con queste “manovre” di bilancio si contribuisce pesantemente all’inverno se non al suicidio demografico.
I nodi comunque verranno al pettine, e non senza dolore per tutti.